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Ode al mattone (dedicata a Marius Marenco)

Tu sei il mattone
tu sei di casa
tu sei un grande matto,
o mattone.
Se stai di faccia
sei un mattone a vista,
se sei forato
sei a vuoto:
o mattone con assegni al portatore!
Tua moglie, la mattonella,
ti aspetta ogni sera
così da fare un mattino insieme
perché siete cotti entrambi
e stai sempre sopra di lei,
o mattone a secco.
E se poi nascesse un figlio?
Lo dovreste chiamare primo mattone?
 
Ma tu sei il mattone
e con i tuoi compagni
avete dei progetti in cantiere;
saprete fare muro,
e poi disimpegnarvi in vani:
o mattoni di case chiuse!
 
E sei povero per questo,
o mattone con la mia stessa argilla
terra terra.

Stanze

[ispirata leggendo Il corponauta – appunti di viaggio di uno spirito libero,

di Flavio Emer]

 

io pensiero dilatato

a spolverare le stanze dell’oblio

sulle pareti la memoria

Hera non sa cos'è l'amore

Lei è Hera, la grande madre,
e non sa cos'è l'amore.
 
Ve lo dico io, Cidippe, sua sacerdotessa,
mentre piango i miei figli
forti e belli,
cui lei come premio diede la morte
: per la dea, il dono più grande.
 
E vi dico che lei non ama nessuno
non Zeus, suo fratello e marito,
non i suoi figli
e nemmeno i suoi amanti
mortali e immortali.
 
E quando urla di gelosia scuotendo l'Olimpo
non lo fa per l'amore ferito,
ma per lo scompiglio nel suo focolare.
 
Hera, la più vendicativa degli dei,
Hera, dagli occhi bovini,
vuole solo che l'istituzione funzioni.
Vuole che i servi apparecchino bene,
che la casa sia lustra e pulita,
e che Zeus non corra dietro ad altrui calzari ,
perché è così che dev'essere.
 
E quando ha creato bellezza,
la Via Lattea che tutti ammiriamo,
lo ha fatto per stizza,
in odio al figliastro, Eracle,
il possente.
 
Ah, mia dea,
quella melagrana che stringi in mano
non fa di te una madre.
 
Nulla sai del tremore e della tenerezza
di una mano bambina che stringe la tua.
I figli li hai fatti perché così si deve,
non per amore.
 
O non avresti ucciso Bitone e Cleobi,
la luce dei miei occhi,
il frutto dei miei lombi esausti.
 
Ah, che le mie lacrime inondino il mondo
e anneghino il perbenismo!
 
 

in potenza

quanti amori in potenza
non vissuti
per orgoglio o paura
arrotondati
per difetto o eccesso
risultati eccellenti
equazioni imperfette

scritta il 18/03/2008
 

Lassù, oltre le nuvole.

l’attesa è lunga, mia Argentea Signora,
il buio ormai soffoca, non leggo poesia
il nero che ha oppresso la vita mia finora
non ha proprio in animo di andare via
 
così guardo le ombre figlie dei lampioni
inseguirsi nei riflessi color pece del mare
aggrappato alla fallace speme del domani
sorretto come sempre da infinito amore
 
aspetto ormai da mesi, attendo la tua luce
rivoglio la corona lucente delle stelle
a te rivolgerò sognante la mia voce
le ore danzeranno le musiche più belle
 
ho affidato al vento parole innamorate
lui solo fa consegne veloci oltre le nuvole
sicuro che lassù dopo averle ascoltate
farai capolino, riempiendomi di coccole
 
ora paziente, lo sguardo fisso al cielo
attendo che il vento lavori da spazzino
se tu vorrai rispondermi tirerò mattino
non sentirò più freddo, non sarò più solo
 

Dormire é un po' morire.

stasera non voglio stare sveglio, spegni le stelle,
apri il magico libro delle fiabe e raccontami una storia
mi addormenterò così, mentre tu mi parli, cullandomi sul tuo seno
dormirò sicuro di svegliarmi serenamente, non avrò più paura
e il sonno non sarà per me come una piccola morte

Chiara

Sempre di Danila, dedicata alla piccola nipotina:
   
Pelle di luna,
aggraziata e leggera,
ti muovi
come schiuma bianca.
Gli occhi profondi, la voce tenue e infantile,
il passo severo
di chi va dritto
per una strada,
sotto la pioggia,
senza fermarsi.
Mia piccola donna,
anima forte,
cuore delicato,
sapore di miele,
profumo d’aria,
ombrosa e chiara
come il tuo nome,
che la vita ti sia
una luce abbagliante.
 
                 Danila Corlando

Il demanio del demonio

 
Avvampando gli angeli caddero;
profondo il tuono riempì le loro rive,
bruciando con i roghi dell'orco.
 
 
Piegai eserciti di uomini
Al sommo mio cospetto
M’insinuai
Con le fauci della notte
Tra le labbra
Del Figlio prediletto
E seduto
Ai margini dell’universo
Sotto la fiammante effige
Dell’egida protettrice
Gareggiai con l’Eterno
Per disputarci l’infinito
Biascicai poi sterili parole
Come un inno
Che sol’uno seppe:
Pape Satàn, pape Satàn aleppe!
 
 

udire ...

 
 
 
È l’anima che scorge
quel pensiero del mattino,
mentre una goccia di pioggia incessante
lo bagna.
Un solo corpo nudo
che cammina  nelle ore
cosparse di minuti,
di secondi,di attimi bruciati,
in quello spazio tempo.
Un volto pieno di espressione
che  porta a ciò che era
e non a quello che sarà,
mentre un cavallo tira
un carretto pieno di speranze,
illusioni,sogni,

Invoco

Non è più il tempo di invocare
e nemmeno di aspettare
 
E' nata la corrispondenza
e ciò che sembrava tortuoso appare chiaro
 
Qui giace una vita senza stenti
e liscia nelle sue parole
 
E' il tempo della dimestichezza
e quello scalino in più
che porta a vivere di più
 
Sei tesoro
in questo mare

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