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Cosa significa “Brexit”.

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Oggi il mondo intero si è come incrinato davanti alla incredibile determinazione di un popolo che, onde mantenere in vita un proprio sogno imperiale assolutamente svanito nelle brume della storia, si dispone a disgregare il sogno più grandioso mai sognato dall’umanità.
Il popolo è quello britannico e la “Brexit” è la sua scelta referendaria, votata a maggioranza al 52 contro il 48%, di rescindersi dalla unione europea.
 
Ora, davanti a tale scempio, l’esultanza scervellata di tutte le destre europee ci dice questo: le pulsioni retrive ed arcaiche del genere umano tendono inesorabilmente a risorgere non appena siano posti in stato di quiete in suoi bisogni primari. Non appena venga concessa al soggetto medio facoltà di determinarsi economicamente e moralmente, affrancato dall’angoscia del bisogno, esso opta fatalmente per il male, proprio, comune e universale (Il giornalista Ezio Mauro sostiene lo stesso concetto, citando Nietzsche su “Repubblica” di oggi: "La decadenza è scegliere istintivamente ciò che è nocivo, lasciarsi sedurre da motivazioni non finalizzate"). Così, il più grandioso progetto dell’umanità, quello di unire un continente intero sotto il segno di un accordo comune che ponesse finalmente un limite all’insensata macelleria che per secoli, se non millenni, aveva prostrato i suoi abitatori, conducendoli a una sorta di “pace perpetua” che avrebbe appianato i vari punti critici attraverso un libero e democratico dibattito in un’aula parlamentare, invece di scannarsi come vitelli in un mattatoio, viene abbattuto da un branco di anglo-idioti, massime provinciali, che vogliono scacciare dalle loro cittaduzze  gli “idraulici polacchi” che depredano il posto dei celeberrimi idraulici inglesi. Il tutto condito naturalmente a puntino dal solito ciarlatano hitleriano di rito, un farabutto che nel caso porta il nome di Farage, il quale, pur di aggrapparsi allo scranno del regno si venderebbe madre, patria e onore, contro uno scampolo di potere.
Non gli importa di distruggere l’economia, i rapporti culturali e civili, lo stesso stato di cui si erge a paladino. No, ciò che conta è il potere, il suo successo, la sua ascesa imperiale, pur anche di un staterello  spezzato e derelitto. Eccolo il duce populista; il re anche di poco, ma comunque il dominus, il Conducator di qualcosa/meglio di niente.
Ora che farà la metà più 2 degli anglo-idioti, come si porterà coi propri connazionali più intelligenti, che in alcune regioni del Regno Unito si schierano completamente dall’altra parte? Con la Scozia, per esempio, che ha immediatamente avviato un altro referendum per staccarsi dal Regno? Con il Galles, con Londra stessa, ampiamente contraria allo Brexit? E specialmente, ma non meno angosciosamente, che faranno gli anglo-idioti nel Nord-Irlanda? Ricorreranno ancora alle armi, come hanno continuato a fare anche dopo d’essere diventati insignificanti sullo scenario internazionale? L’esito dell’exit è lo smembramento del Regno, la miniaturizzazione delle pretese imperiali inglesi, l’uscita dal novero delle nazioni che contano, l’impoverimento generale e, dulcis (ma non troppo) in fundo, una eventuale guerra civile.
Ma sì, cari populisti, fascistoidi, anglo-idioti, e Lepensalviniani di tutto il globo marcio. Niente regole, tutti contro tutti, scanniamoci, odiamoci, torniamo alle radici guerresche, alla gloria delle armi. Chissenefrega, no? Risolviamo ogni problema economico con la strategia più ovvia: rubare. I pirati inglesi del Settecento, non venivan fatti baronetti da sua maestà in persona? È questo il mondo che vogliamo- gridatelo, fascistoidi, gridatelo anglo-idioti. Vediamo poi che bell’exploit che faremo … 
Dall’altra parte, lo ribadisco per le orecchie troppo piccole e le supponenze troppo grandi di quelli che odiano le poche cose buone e prediligono ciò che fa danno e porta ovunque iattura, qui si spara sul più grandioso progetto di concordia e unità e condivisione mai apparso sulla faccia dell’umanità. Ficcarselo bene fra le meningi: né mai è esistito, né forse si vedrà più sulla terra l’accordo di tanti popoli, con lingue, religioni, abitudini, persino cucine, diversi su un progetto più o meno democratico comune. Pur con tutti i difetti che sono sotto l’occhio di chiunque, non scordatevi mai che questo è, o è stato, l’unico esempio pacifico di una politica unificata per tante diversità. L’unico, sia pure un po’ offuscato, astro della storia ove questa riluce per il suo corso equilibrato e dibattimentale, invece che sulla scia del sangue versato.
 
 
 

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