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Il mistero ODESSA in Colonia Dignidad

Intervista allo scrittore Nicola Viceconti
 
 
M. C. : Lo scorso mese, è uscito nelle sale cinematografiche italiane il film Colonia, diretto dal tedesco Florian Gallenberger. Il film ricostruisce accuratamente una storia vera. Nel mezzo delle montagne del Cile esisteva una piccola città chiamata Colonia Dignidad costituita da 300 immigrati tedeschi, tutti ex nazisti “riparati” in Cile, subito dopo i processi di Norimberga. La piccola città subì decine di accuse di abusi sessuali, i leader della comunità furono condannati per evasione fiscale, e accusati di far sparire dissidenti del governo militare di Augusto Pinochet. Il posto è ora chiamato Villa Baviera ed è utilizzato come località agro-turistica. Mentre solo una ventina di anni fa era chiamata Colonia Dignidad. L’Organizzazione del villaggio era del tutto simile a quella di una setta-nazista, in pochi riuscirono a fuggire e i documenti sono stati de-secretati solo recentemente dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel. Hai trattato recentemente il problema della fuga dei nazisti in America Latina nel tuo ultimo romanzo. Cosa ne pensi di questi ultimi accadimenti?
N. V. : La storia narrata in Colonia dignidad (oggi Villa Baviera) si inserisce nel filone degli orrori commessi da tanti criminali di guerra che si sono rifugiati in Sud America grazie alla cosiddetta Operazione Odessa, l’organizzazione segreta preposta al salvataggio di criminali nazisti alla fine della seconda guerra mondiale e descritta in chiave romanzata nel mio ultimo libro “Emèt - Il dovere della verità” (Rapsodia Edizioni).
La rete logistica che ha accolto e aiutato Diego Tomasi - personaggio di fantasia del romanzo - dapprima nella sperduta Patagonia e successivamente nella verdeggiante provincia cordovese presenta, sotto alcuni aspetti, interessanti analogie con le caratteristiche della comunità tratteggiata nel film di Gallenberger. Mi riferisco sia alle peculiarità personali dei componenti che ne facevano parte, sia al ruolo svolto dall’organizzazione, quale “sovrastruttura” capace di assicurare ai propri membri una soluzione logistica, il pieno rispetto di rigide regole di convivenza e specifici modelli di comportamento.
Helene Sanz, la protagonista principale del romanzo descrive così il funzionamento della rete dei nazisti in Argentina: “Diego si trovava nella provincia di Córdoba, precisamente a Santa Rosa, a casa di un altro nazista, il capitano Krüger. Fu proprio grazie a quest’ultimo che riuscì a rifarsi una vita. (…) Come aveva già fatto con altri camerati che si erano rivolti a lui per chiedere appoggio, il capitano fornì a Diego soldi, informazioni e contatti utili per poter sistemarsi.  (…) Grazie all’amico capitano, Diego poté iniziare il nuovo percorso che di lì a poco lo avrebbe trasformato in un anonimo agricoltore. Tornare a vivere nella valle di Calamuchita fu per lui un vero e proprio ritorno al passato, nel quale assaporò di nuovo i modi si un tempo e la determinazione di uomini sicuri, decisi e pronti a tutto: erano gli uomini della grande Germania. Dopo anni di assenza, Diego si ripresentava nella cerchia dei vecchi colleghi, dove regnava la sicurezza. Dove ogni membro, da fuggiasco che era, aveva potuto vivere un’accettabile tranquillità e ricostruirsi una nuova identità. Il tutto grazie a una rete misteriosa, fatta di omertà e connivenza nella quale l’obiettivo principale per tutti gli appartenenti era sempre lo stesso: la garanzia dell’impunità” (pg 121).  
Con le dovute differenze da Colonia dignidad, anche i nazisti che hanno aiutato Diego Tomasi a mimetizzarsi in Argentina contavano su un sistema organizzato capace di assicurare un forte senso di appartenenza, un elevato grado di coesione (alimentato da sentimenti di paura e dalla conseguente omertà) e, ove possibile, un rapporto privilegiato con alcuni poteri politici ed economici.
Esiste un importante aspetto che vale la pena sottolineare nel tortuoso percorso della ricerca della verità su tali vicende storiche. Si tratta dell’eliminazione del “vincolo della segretezza” su atti e documenti che ne hanno condizionato la conoscenza di quanto accaduto e lo svolgimento dei rispettivi processi giudiziari. I fatti che si sono avvicendati all’interno di Colonia dignidad e le terribili vessazioni che il fondatore Paul Schäfer ha imposto per anni alle donne e ai bambini membri della setta religiosa (nonostante le denunce avanzate da Amnesty International nel 1977) sono emersi all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale soltanto a seguito del processo di desegretazione recentemente autorizzato dal governo tedesco.
La desegretazione del dossier, fino ad oggi considerato “segretissimo”, oltre a svelare le dinamiche interne a Colonia dignidad e il rapporto di Schäfer con il dittatore Pinochet può contribuire, altresì, a far luce sul ruolo svolto in quegli anni dall’Ambasciata tedesca in Cile. A tale proposito risultano significative le recenti dichiarazioni del ministro tedesco Frank Steinmeier: “La gestione di Colonia Dignidad non è stata un capitolo glorioso del ministero degli Esteri (…) Per molti anni, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, i diplomatici tedeschi hanno volto lo sguardo dall’altra parte e hanno fatto molto poco per proteggere i nostri cittadini in questa comune”.
 
Anche l’interessante lavoro investigativo di Uki Goñi, il giornalista argentino autore del famoso libro sull’operazione ODESSA è stato possibile grazie al processo di desegretazione di documenti riservati su nazisti che, sotto falso nome, sbarcavano al porto di Buenos Aires. L’analisi scrupolosa di tali documenti, per decenni sepolti nell’archivio dell’Hotel de los emigrantes della capitale argentina, ha portato alla luce i segreti e misfatti sull’esistenza della rete Odessa.
 
M. C.: Wolfgang Kneese fu il primo a fuggire dalla setta. Riuscì al terzo tentativo, marzo 1966, e ha raccontato la storia cui si ispirò il regista di “Colonia”. Una storia di abusi, torture e schiavitù. Conosci altre storie o testimonianze di sopravvissuti a simili abusi?
 
N. V. : Oltre a un grande impero economico costituito da numerose imprese sorte grazie ai guadagni accumulati negli anni a partire dal 1961, data di fondazione della Sociedad Benefactora y Educacional Dignidad, la Colonia di Schäfer ha rappresentato un esempio riuscito delle efferatezze del regime di Pinochet. All’interno del campo situato nell’isolata zona precordillerana di Parral, sulle rive del fiume Perquilauquén, è stato consumato il dramma dei desaparecidos cileni, che possiamo considerare una vera e propria sperimentazione del “piano sistematico di sparizione forzata delle persone” previsto nella strategia del Plan Condor e applicato su larga scala qualche anno dopo in Argentina con la dittatura della Junta Militare capitanata da Jorge Rafael Videla. Il leader di Colonia digninad vantava stretti rapporti con i sevizi segreti di Pinochet e la sua tenuta fu utilizzata come campo di torture per i prigionieri politici del regime. Inoltre, Paul Schäfer faceva affari con il governo cileno vendendo armi e sperimentando nuovi gas da utilizzare per l’eliminazione dei dissidenti.
Durante il periodo della dittatura civico-militare cilena si stima che almeno un centinaio di detenuti siano transitati nei sotterranei di Colonia dignidad. La maggior parte di essi erano giovani di età compresa dai venti a i trent’anni. Tra questi Hernán Sarmiento Sabater, studente di medicina nella Universidad de Chile e simpatizzante del Movimento si sinistra rivoluzionaria (MIR); Elizabeth Mercedes Rekas Urra, assistente sociale che al momento del sequestro era incinta di quattro mesi; Alfonso René Chanfreau Oyarce, studente di filosofia; José Luis Morales Ruiz artigiano appena ventenne che militava nel gruppo di Gioventù comunista (fonte: sito internet dell’Asociación por la Memoria y los Derechos Humanos Colonia Dignidad).
 
In questi anni di impegno in difesa della memoria del popolo argentino ho avuto modo di conoscere persone scampate miracolosamente alle misure repressive della dittatura. Il contatto con loro, avvenuto attraverso una serie di colloqui e interviste è stato utile per la stesura dei romanzi “Due volte ombra” (Rapsodia Edizioni) e “Nora Lopez-detenuta N84” (Gingko Edizioni), entrambi dedicati al triste fenomeno della desapariciòn. In alcuni casi si è trattato di uomini che, come Wolfgang Kneese, hanno subito la tortura nei centri clandestini di detenzione, in altri si è trattato di esiliati costretti ad abbandonare il proprio paese.
 
M. C.: L'area, descritta come uno Stato nello Stato, fu un paradigma d’impunità. La colonia di 16.000 ettari è stata fondata nel 1961 e la simpatia di una parte della società cilena era alimentata dalla fondazione di un ospedale che forniva cure gratuite e presunti atti di carità.  Infatti: si praticò anche una manipolazione mediatica. Ritieni che i nazisti abbiano voluto costruirsi o rifarsi una “verginità” manipolando così l’opinione pubblica?
N. V.: Non dobbiamo dimenticare che Schäfer (in patria un ex hitleriano, pedofilo, e seguace dell'apocalittica setta cristiana di William Branham) quando arriva in Cile si presenta come benefattore di scuole e ospedali. E proprio su questo aspetto umanitario e caritatevole che riesce abilmente a costruire il consenso tra gli abitanti della zona. Ancora oggi nei ricordi del passato di alcuni coloni emergono elogi e approvazioni per l’opera del fondatore di Colonia dignidad. E’ significativa al riguardo, la spiegazione rilasciata da Hans Schreiber, uno dei direttori della nuova Holding Villa Baviera, nell’articolo “La colonia infernale cilena: sfondate quella porta” di Gabriella Saba pubblicato su Venerdì di Repubblica il 15 maggio 2016: «Scappavano dalla povertà e si fidavano di Schäfer, pensavano che la costruzione di un mondo nuovo richiedesse sacrifici. Noi bambini, in particolare, non capivamo che quel modo di vivere era sbagliato perché non ne conoscevamo un altro».
La manipolazione delle menti degli appartenenti alla setta cominciava così attraverso la negazione di “mondi possibili” per favorire la convinzione che quella che stavano vivendo fosse l’unica realtà possibile. Un modo astuto per annullare la loro dignità, condizione morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, appropriandosene per utilizzarla paradossalmente nella denominazione della Colonia. 
 

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