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Religioni e politica nel mondo globale

Religioni e politica nel mondo globale:  un libro coraggioso di Vannino Chiti
Nel corso della Festa Democratica, organizzata, nei giorni scorsi, dal PD di Massa, è stato presentato il libro di Vannino Chiti “Religioni e Politica nel mondo globale: le ragioni di un dialogo”. Al tavolo insieme al Vicepresidente del Senato,  Luigi  Badiali dell’ esecutivo provinciale PD, Corrado Benzio del  Giornale “Il Tirreno” e Don Pietro Pratolongo, Referente Area Cultura della Diocesi di Massa Carrara Pontremoli. Il Vice presidente del Senato, nonché dirigente Nazionale del PD, Vannino Chiti, nell’esporre le ragioni che lo hanno spinto a scrivere questo libro, ha constatato il non sempre facile rapporto tra i cattolici e la sinistra italiana. E allargando l’orizzonte al mondo globalizzato, ha ritenuto utile ed opportuno spiegare come il cattolicesimo possa e debba affrontare le sfide del mondo attuale ridefinendo il suo ruolo nei confronti della politica. Ciò è possibile individuando le ragioni del dialogo anche con le altre religioni. Questo deve avvenire senza farsi strumentalizzare dal fondamentalismo e dalla violenza. In tutte le religioni si trova una sorta di “regola aurea”, un punto su cui fondare un impegno comune: “non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te stesso”. Il volume  espone le ragioni di un confronto, necessario e coraggioso, tra il cattolicesimo e le altre religioni monoteiste sulle grandi sfide del mondo attuale: la persona e i suoi valori, i diritti individuali e collettivi, il rapporto tra politica e religione, le questioni che le separano e quelle che condividono, la necessità da parte delle forze politiche progressiste di misurarsi con le fedi e la dimensione della trascendenza. Nel nostro tempo, la politica delle forze progressiste deve far propria l’idea che il nuovo umanesimo non si chiuda alla possibilità di accogliere Dio. Ciò consente di costruire la società della tolleranza e dell’integrazione di cui abbiamo tutti bisogno e di delineare un’etica mondiale condivisa, che costituisca la base della convivenza nell’epoca della globalizzazione. “Abbiamo il compito di contribuire ad affermare un nuovo umanesimo” sottolinea Chiti. “È questo il fine principale di un dialogo e di un impegno della politica progressista e delle fedi religiose. Il terreno fondamentale d’incontro è infatti rappresentato dalla centralità della persona, dalla sua promozione, dal riconoscimento della sua dignità”.
In questo contesto si sono innestate le domande di Benzio sul rapporto fra politica e religione. “Ci sono domande che ogni generazione si porta dietro: Chi siamo, da dove veniamo, e soprattutto cosa ci sarà dopo la morte? Già questo è sufficiente”, ha detto Chiti, “perché un partito politico, dal punto di vista culturale, debba considerarle. Di fronte a sfide che riguardano la dignità della persona, uno sviluppo che non distrugga il pianeta, il rapporto tra le persone dentro le migrazioni, la pace e la non violenza, la politica da sola, non ce la può fare. Se si vuole che gli stessi diritti umani si affermino ovunque nel mondo, bisogna riconoscere che politica da sola, non ce la può fare. Perché, pur essendo autonoma, deve riconoscere i suoi limiti. La politica non è onnipotente! Un partito non può dare una concezione, o una filosofia della vita e del mondo, altrimenti non è un partito. Per vincere queste sfide bisogna parlare alla ragione, alla coscienza e al cuore. In questo senso le culture e le religioni possono dare un forte contributo. Se il PD, che è nato anche per questo, non sapesse confrontarsi in modo diverso e cogliere la ricchezza di questo apporto, credo che in parte avremmo mancato a quello per cui siamo nati”.
Dopo aver portato il saluto del vescovo, don Pietro delinea il suo pensiero: ”Ho letto il libro. L’ho letto volentieri. In buona parte mi ci sono ritrovato, e credo che dica una cosa di cui oggi c’è urgenza: avere il coraggio di tornare a dialogare. La crisi oggi, comprende anche la Chiesa, quantunque essa sia più ampia della Chiesa. Sta creando in tutti gli ambiti, una forma di ghettizzazione delle persone, delle idee, degli schieramenti. Il dialogo in questo contesto, è difficile. Occorre sperare comunque nel futuro. Quando e come nessuno lo può dire. Però occorre crederci. Dobbiamo guardare alla grande crisi dei giovani, causata da “l’ospite inquietante” cioè il nichilismo. Una gran parte dei giovani di oggi vive di nulla. Non ha alcun interesse né verso le problematiche etiche né in quelle politiche. Non c’è più il dibattito e lo spirito critico di un tempo. Oggi si vive di stereotipi. Senza il dialogo viene a mancare il confronto delle idee. Il libro del senatore Chiti parla di più religioni, il dialogo può avvenire intorno al comune elemento che riguarda la centralità della persona. Se la persona ha questa sua dimensione, allora lo Stato  non può non confrontarsi con la religione. Il dialogo si costruisce anche sulla razionalità, accettando temi specifici condivisibili, sui quali, specie quelli di ordine morale, a volte si parla con pregiudizio. E’ stato affermato da più parti, anche da fonti di sinistra, che la dimensione del sacro fa parte della struttura dell’uomo. La Chiesa è fatta comunque, di esseri umani che, indipendentemente dal loro ruolo, portano con sé retaggi culturali, posizioni personali, limiti, criticabili quanti si vuole, quantunque il dialogo si debba fare sulle grandi idee, e fra esse, su quelle che possibilmente devono essere affrontate. C’è il rischio, per contro, di abbandonare le religioni al rischio della tentazione fondamentalista e della ghettizzazione. Non ho difficoltà ad ammettere che nella Chiesa, c’è chi si trincera nel recupero di un lontano passato, illudendosi che la salvezza sia lì. Nella post modernità è ridicolo cercare soluzioni nel passato! La soluzione, invece, sta nell’accettazione dell’oggi in una sorta di sfida alla quale la Chiesa dovrà dare risposta. E in quella data agli ultimi, alle grandi sofferenze, dove esiste la sussidiarietà che avvicina posizioni anche diverse, alla fine si trova sempre la presenza della Chiesa.
 Sul testamento biologico. Don Pratolongo ha detto che in questo rapporto con il mondo, non dichiaratamente cattolico, oppure in difficoltà, rimane sovrana indiscutibile, la coscienza. La persona deve sempre ubbidirle anche quando essa dovesse trovarsi in contraddizione con le indicazioni gerarchiche. Dietro la sofferenza c’è più un domanda di aiuto che non di soluzione immediata. Delicatezza e rispetto, comunque, e in ogni caso. Però su quale sia limite, gli stessi medici sono in difficoltà. Qual è il limite fra accanimento terapeutico e cura palliativa? Dov’è lo spartiacque per cui si garantisce alla persona di morire con dignità, senza accanirsi, e nello stesso tempo non cadere nel rischio dell’eutanasia. Non è facile. Fermi restando i dogmi non modificabili, però, la Chiesa è aperta al dialogo con la scienza. Alla fine comunque, sovrana rimane la coscienza della persona.
Sul testamento biologico . Vannino Chiti si esprime: “Penso che sarebbe bene che il Parlamento per ora non facesse nessuna legge. Sarebbe stato meglio invece, che le questioni che hanno riguardato quindi una sola persona e la sua famiglia, vedi Eluana, non fossero state risolte con una sentenza della magistratura. Nel campo della bioetica, occorre prudenza, perché una legge non è un valore assoluto. Trasmette dei valori, ma non è l’incarnazione di un valore. Sarebbe meglio allora non fare questa legge, perché finirà per dividere il Parlamento e il Paese. Sono contrario all’eutanasia, perché ritengo che nessuna persona abbia un potere sulla vita. La politica ha invece la responsabilità circa la gestione della vita. Anche quando la vita è già finita, esiste la responsabilità di gestirla. Secondo gli scienziati infatti, la vita finisce quando l’encefalogramma è piatto. Da qui la normativa sull’espianto di organi. Quando io stesso arrivassi alla fase finale della mia vita, a decidere se allungarla o rifiutare l’accanimento terapeutico, non può essere qualcun altro al posto mio! Non siamo tutti uguali. Hanno allora senso le cure palliative che riducono il dolore e la sofferenza, perché permettono di essere se stessi fino in fondo. Se una persona è cosciente può decidere personalmente cosa vuole. Il problema si pone quando uno non è cosciente. In tal caso può affidare a un altro la sua volontà. La legge che si sta facendo però è anticostituzionale. Su questo la Chiesa dovrebbe riflettere. Vorrei che sulle questioni di natura  bioetica fosse necessaria la maggioranza qualificata.
Don Pietro: “Sono d’accordo anch’io sulla non opportunità temporale. Ciò che mi preoccupa personalmente, è che si crei la contrapposizione fra i paladini della Chiesa e i suoi nemici. Questo stereotipo è un rischio, perché più si scava questo fossato, più è difficile il dialogo. Su queste cose occorre molta pazienza e molto studio, affinché si arrivi a qualcosa che non appartenga ad una sola parte ma che sia rappresentativa di tutto il Paese. Fermo restando l’ascolto delle posizioni etiche della comunità cristiana attraverso le sue varie componenti”.  Non conoscendo Vannino Chiti, qualcuno, dopo averlo ascoltato, potrebbe tranquillamente dire che proviene dalle file della vecchia DC. A detta di chi lo conosce bene, poi, «Se non fosse stato sindaco di Pistoia, presidente della Regione e, ora, il vicepresidente del Senato, sarebbe stato un bel vescovo». Ciò a tutto vantaggio del PD e delle sue strategie. Speriamo solo che non finisca fra i rottamati! Roberto Benatti
 
 

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