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Anguane

Vecchie leggende diffuse soprattutto nelle zone montane del Friuli e del Triveneto, ma presenti anche nel folclore della Laguna di Grado e Marano, parlano delle Anguane.
L'antico termine aiguana lo si può trovare nel De Ierusalem celesti, opera scritta da Frate Jakomin da Verona (Giacomino da Verona) nel XIII secolo. Le anguane sono presenti nella celebre, e antichissima, Saga dei Fanes, racconto mitologico delle Dolomiti, conosciuto soprattutto nella versione scritta da Karl Felix Wolff nel 1932. L'anguana (dal lat. aqua=acqua, con sonorizzazione della q, infisso nasale n, aggiunta del suffisso an, desinenza femminile a) nota come Agana nelle tradizioni friulane e carniche, è una ninfa tipica della mitologia alpina.
A seconda delle varie località o leggende, le Anguane si presentano con particolarità differenti le une dalle altre, in genere vengono rappresentate come spiriti affini alle ninfe, caratterialmente si fondono con le ondine o altre figure della mitologia germanica e slava. In alcune leggende si afferma che fossero donne morte di parto o fanciulle, o anime di bambine nate morte; meglio ancora benandanti al femminile (nate avvolte dal sacco amniotico). In altre storie e tradizioni sono viste come donne dei boschi dedite ad un culto pagano ( unendo il mito alla realtà delle religioni sciamaniste vive in Friuli e in Carnia sino al XVII secolo) ma sempre considerate figure non umane appartenenti al mondo degli spiriti.
Molto spesso venivano descritte come giovani donne, molto attraenti capaci di sedurre gli uomini, oppure si presentavano come esseri per metà ragazze e per metà rettile, in grado di lanciare forti grida (in Veneto esisteva, fino a poco tempo fa, il detto "Sigàr come n'anguana", gridare come un'anguana). In altre storie sono delle anziane magre e spettrali, che girano di notte e che si dileguano prima che chi le incontra possa vederle in viso. Vestite, nelle leggende friulane, quasi sempre di bianco, nelle altre tradizioni invece, amano molto i colori brillanti e accesi, come il rosso e l'arancione (ma raramente appaiono indossando stracci di colore nero). In ogni caso tutte le leggende sulle anguane dicono che in queste creature, sono presenti uno o più tratti non umani, per esempio: piedi di gallina, di anatra o di capra, gambe squamate, una schiena "scavata" (che nascondono con del muschio o con della corteccia). L'altro elemento comune su cui tutte le leggende concordano è che le anguane vivono presso fonti e ruscelli e sono protettrici delle acque. Si dice che dei pescatori rivoltisi a loro con rispetto, abbiano avuto in cambio molta fortuna. Si narra anche di come abbiano insegnato agli uomini molte attività artigianali tradizionali, quali la filatura della lana o la caseificazione, ma guai se non veniva mostrata riconoscenza all’anguana per i suoi insegnamenti o gli uomini rompevano il patto stretto con ella, questa se ne andava, offesa, senza insegnare loro più niente. Nei comuni cimbri veronesi le anguane (in questo territorio chiamate anche Bele Butèle, Belle Ragazze), erano un tempo addette ai pozzi e lavavano i panni della gente delle contrade, ma si rifiutavano di lavare quelli di colore nero.
 Si racconta anche che esse erano solite terrorizzare o burlare i viaggiatori notturni, spargere discordia, in particolare tra le donne, rivelando segreti e pettegolezzi, inoltre, se insultate, erano inclini alla vendetta, portando sfortuna a vita al malcapitato, ma non uccidevano mai uomini o animali. Spesso se incontravano giovani ragazze che si attardano fuori casa la sera le costringevano, vanamente e per tutta la vita, a riempire d’acqua cesti di vimini. Altre storie popolari invece affermano il contrario cioè che fossero le anguane male intenzionate a essere ingannate da uomi astuti che le pregava di riempire un cesto di vimini per trattenerle, fino al sorgere del sole, fuori dalla loro casa dove avevano deciso di accamparsi. (Appunto ancora adesso in diversi luoghi del Friuli vige l'usanza di lasciare davanti all'ingresso di casa un cesto di vimini, così l'anguana cercherà invano per tutta la notte, di riempirlo d'acqua lasciando in pace gli abitanti della stessa.
Queste creature smisero di mescolarsi con gli umani dopo il Concilio di Trento.
 
Le anguane e il bucato
 
Un tempo molto lontano viveva nella Buse cjalde e nella Busa freda un Popolo di Anguane vestite di verde. Queste uscivano solo nelle notti chiare di luna, il vestito che indossavano si confondeva con il prato. Le Agnuane usavano lavare le loro vesti nelle grotte sott'acqua, alcune di 1oro erano molto brave in questo lavoro, altre erano indolenti e sfaticate. Una di esse, tornata a casa dopo un lungo viaggio aveva un nuovo sistema di fare il bucato che, fu subito adottato da tutte le altre, consisteva nello stendere le vesti sul prato e invocare gli spiriti dell'acqua perché arrivasse un temporale, aspettare quindi  che l'abbondante acqua lavasse i vestiti e poi che l’arrivo del sole li asciugasse. Una volta asciutti raccoglierli per riporli in armadi e cassepanche in questo modo loro sarebbero sempre state felici e riposate.
Ma ben presto i contadini della valle si resero conto che quando i prati attorno Buse cjalde e Busa freda assumevano quell'aspetto particolare, era il giorno del bucato delle Anguane, quindi, certamente, entro la notte sarebbe arrivato un copioso temporale con acqua a catinelle e grandine, a rovinare i loro raccolti di fieno, orzo e grano, per questa ragione, prima di ritornare a casa dai campi i contadini che avevano già tagliato il fieno, lo raccoglievano in covoni, così erano sicuri di non perderlo.
 
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