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Anonimo italiano (sec.XIV)

Questa poesia, probabilmente per danza, rispecchia bene la natura del sentimento amoroso nelle classi popolari italiane a metà Trecento, un sentimento nutrito di schietto realismo: l'amore è forse il più bel dono della vita e con altri doni della vita (della natura, della terra) va goduto.
G. Davico Bonino
 
Amor di bella contadina
 
Fatevi all'uscio, madonna dolciata,
ché v'ho recato un cesto d'insalata.
Io v'ho recato d'ogni fina erbetta,
fatevi all'uscio, madonna sovrana,
cicerbia, invidia, metaschio e ruchetta,
menta, fiorranzo, nepitella e borrana.
Più chiara sete ch'acqua di fontana
e rilucente più che una stagnata.
 
Siete più bella che 'l fior de genestra,
più dolce ancor che 'l vin del botticello.
Darèvi volontieri una canestra
di elle giande pel vostro porcello;
faròvi un fascio d'erba pel vitello,
e hovi a far un dì una mattinata.
 
L'altrier quand'io vi vidi, donna mia,
con l'altre donne a la festa a danzare,
se non che avevate troppa compagnia,
un pomeranzo vi volea donare:
tutto il comun vi stava a vagheggiare;
ognun diceva: "Ve' bella bracciata!"
 
Vanne, ballata mia bella e piacente,
a quella rosa colta di gennaio:
più che l'aratol ch'ella è rilucente,
ed è più bianca che non è il mugnaio.
Di' che 'l suo drudo l'aspetta al pagliaio
e vorrebbe donarle una giuncata.
 
("Il tesoro della poesia italiana. Dalle origini al Cinquecento")
("Poesie d'amore per un anno" - Ed. Einaudi)

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