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Giovanni Segantini ritorna a Milano

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" Non è arte, quella verità che sta e resta fuori di noi: questa non ha e non può avere alcun valore come arte; questa non è, e non può essere che cieca imitazione della natura, quindi semplice riproduzione materiale. La materia deve essere invece elaborata dal pensiero per salire a forma durevole."

Chiaro e semplice nelle sue teorizzazioni, ciclopico e generoso nella realizzazione delle sue forme, geniale nell'uso del colore; Giovanni Battista Maria Segatini (1858-1899), ci toglierà il respiro con le sue 120 opere in mostra al Palazzo Reale di Milano a partire da metà settembre.

Esponente del Simbolismo realistico, nella maturità il suo simbolismo sarà ulteriormente enfatizzato dalla tecnica divisionista:

"Il mescolare i colori sulla tavolozza è una strada che conduce verso il nero; più puri saranno i colori che getteremo sulla tela meglio condurremo il nostro dipinto verso la luce, l'aria e la verità. Pochi pittori sanno rendersi conto di tutta l'estensione di diversità che esiste tra il mescolare i colori puri sulla tela e il mescolarli sulla tavolozza".

A differenza di altri artisti italiani dell'epoca, fu popolare all'estero, a st. Moritz attualmente, esiste un museo  dedicato alle sue opere.

A cura di Annie-Paule Quinsac e Diana Segantini, la retrospettiva ripercorre il vissuto di Segantini, indagando in modo particolare il profondo legame con la sua terra, Milano, vera e propria patria dello spirito e fulcro della sua parabola artistica, anche dopo l’avventuroso pellegrinaggio dai colli della Brianza alle montagne dell’Engadina, indiscusse protagoniste dell’opera pittorica del maestro.

La mostra di Segantini si preannuncia densa  di emozioni; la sua pittura evoca pace e struggimento. Ammaliano, la luce dei suoi  paesaggi alpini, la religiosità dei momenti più semplici della giornata; affascinano  le  figure  sinuose che sembrano danzare in assenza di gravità, e soprattutto lasciano sognare gli stati crepuscolari, sospesi tra vari mondi possibili, poiché evocano nel profondo dell’anima  quella scintilla di amore e bellezza da cui tutti proveniamo, e leniscono  l’anima come balsamo miracoloso.

 La pittura di Segantini trasuda bellezza ed amore per la vita, ma soprattutto tenerezza e commozione, la medesima che non si può fare a meno di provare di di fronte alla sua storia.

Nacque ad Arco di Trento dopo la morte di suo fratello Lodovico. Trascorse  i primi sette anni della sua vita con la  madre molto depressa a causa della perdita del figlio  a cui assommò l'assenza di un  marito,  sempre in giro per procacciarsi da vivere per se e la  sua famiglia.

L’infanzia di Segantini fu caratterizzata da miseria, carente educazione scolastica, proprio a causa della  madre vinta dal dolore e dalla  depressione. Presto orfano  e fondamentalmente abbandonato a se stesso e dalla famiglia, dovrà adattarsi ai lavori più umili; conoscerà persino la desolazione del riformatorio nel quale malgrado vari tentativi di fuga, sarà recluso fino ai quindici anni.

All'uscita dal riformatorio sarà affidato al fratellastro Napoleone, come  garzone nel il suo laboratorio fotografico,  vi rimarrà fino al 1874. Durante gli anni trascorsi a lavorare per suo fratello avrà l'opportunità di sviluppare una prima idea artistica personale, tanto che al ritorno a Milano, si iscriverà ai corsi serali dell'Accademia di Belle Arti di Brera, frequentati  per quasi tre anni.

La vita di  Segantini al pari della sua arte è degna di incommensurabile ammirazione;  le grandi difficoltà che dovette affrontare sin dalla nascita ed i relativi sacrifici, furono da lui trasformati  in una instancabile ricerca di significato e bellezza.  Purtroppo fu di breve durata; a 41 anni una grave peritonite  lo colse  proprio mentre stava dipingendo il suo ultimo quadro sullo Schafberg.

 
Oggi il suo corpo riposa in pace nel piccolo cimitero di Maloggia

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