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Maschilismo ed Emofilia

Red venus
"Il maschilismo è come l’emofilia
Gli uomini se ne ammalano
Ma sono le donne a trasmetterla"

Shirim Ebad

 
"E Dio negò la donna" è  una dura requisitoria contro le fedi che hanno negato e di conseguenza oppresso, il femminile. Secondo Vittoria Haziel, la sua autrice, l'uniformità con cui fedi e culture ai quattro angoli del mondo hanno trattato la questione femminile per un verso è desolante, per l'altro desta indignazione. In entrambi i casi, sarebbe riduttivo condannare senza porsi la questione della ricerca di significato che questa triste storia porta con sé.

Haziel esplora in modo intuitivo la storia e l'attualità; la religione, e in particolare i tre monoteismi biblici, sono sul banco degli imputati - non potrebbe essere altrimenti.
Si perché il libro della Haziel evidenzia quano la violenza non sia perpetrata solo nel contesto islamico bensì in quello cristiano ed ebraico.
Infibulazioni e segregazioni sotto il burka, stupri, lapidazioni, divieti inconcepibili come quello saudita alla guida, o torture per soddisfare il puro godimento maschile come nel caso del bendaggio dei piedi in Cina.

I libri sacri sono pieni degli avalli di queste forme di violenza, nel Vecchio testamento abbiamo:” Voi mogli sarete sottomesse ai mariti come si conviene nel nome del Signore” o “Trovo che amara più della morte è la dona, la quale è tutta lacci. Una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge, ma il peccatore ne resta preso.


Questo ci rende l’idea di una donna intesa  come donna di servizio come d’altronde è toccato alla stessa Madonna, soggetta ad un ruolo secondario molto diverso da quello di Gesù o di Dio.

La Haziel sottolinea che il nodo della questione è il mancato aggiornamento delle scritture sacre, basti pensare alle celebri parole di Gesù quando dice:


“ Chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse sommerso nel fondo del mare."

Certo una affermazione del genere farebe pensare che Gesù era per la pena di morte, cosa che nessuno oserebbe pensare come il brano tratto dal Vangelo di San Marco, lascia supporre.
Hazel, afferma che bisognerebbe cominciare con i testi sacri traducendoli nella nostra attuale cultura a partire dal sacerdozio femminile.


Tuttavia la Hazel non si limita ad un J’accuse nei confronti degli uomini le donne sono parte integrante di questa cultura misogina. Schiacciate da enorme responsabilità isolate tra loro sono impossibilitate a spezzare quelle catene che anche loro contribuiscono a tenere ben salde.

Un invito quindi alla partnership, alla riappacificazione tra i due sessi,
a liberarci da quell’imprintig di sottomissione che portiamo in noi sin dalla nascita e soprattutto a compiere un gesto di riappacificazione con il nostro passato di violenze subite.

La Hazel ha scritto un bel libro di denuncia ma la sua soluzione è naive e soprattutto mentale, non ci si libera dalle catene grazie ad un semplice atto di volontà, per uscire da una prigione bisogna veramente conoscerla diceva Marguerite Yourcenar, conoscere noi stesse e la nostra complicità in questo eccidio che va avanti da migliaia di anni è un’opera lunga e difficilissima siamo impregnate di questi meccanismi di potere è un processo di trasformazione lento e faticoso, un processo che gli alchimisti definiscono Piccola Opera.

 

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