-Grazie alla mia macchina del tempo i miei lettori potranno qui seguire – “L’esecuzione di Corradino di Svevia in diretta” - | Recensioni | Antonio Cristoforo Rendola | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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-Grazie alla mia macchina del tempo i miei lettori potranno qui seguire – “L’esecuzione di Corradino di Svevia in diretta” -

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          In questo giorno di S. Valentino,dedico questa mia piccola modesta opera a chi amo: a mia moglie, ai miei figli Marco, Adelchi, Luca( bravissimi ragazzi come lo fu il giovane Corradino. Speriamo, però, che loro conservino sempre la testa a posto), ed in ricordo ad un caro amico che, dopo 15 anni, non è più: il mio cane.
 
          La mia ultima invenzione è la macchina del tempo. Essa vola con le ali della fantasia, si programma con impulsi mnemonici (cioè se “ti  ricordi” o se “non ti ricordi”) e si alimenta con cultura e “nutella”.
          Con questo strano aggeggio mi sono recato nel 1268 in piazza del mercato a Napoli per raccontarvi in cronaca diretta l’esecuzione di Corradino di Svevia . Devo subito dire, per dovere di cronaca che, più che di piazza, si tratta di un largo lercio e maleodorante nel quale sorgono a nugoli , quasi una sull’altra, baracche e botteghe, sempre pullulanti di gente. Oggi è una delle maggiori piazze della città, ma in origine non era altro che uno spiazzo irregolare esterno al perimetro urbano, chiamato Campo del moricino (o muricino) "perché «attaccato» a mura divisorie della cinta muraria cittadina".  Qui,a pochi passi dal mare,  i pescatori  svolgono la loro quotidiana attività con la quale si integra tutto il commercio e l’artigianato dell’intera zona.
          Il largo oggi è gremito in modo particolare, ed alla gente, ai venditori, ai giocolieri, si mescolano truffatori e ladruncoli di bassa risma. Le reti sono ammassate in terra, le barche sono tirate a secco. Io indosso un paio di “jeans” che dovrebbero attirare l’attenzione di tutti, tanto sono insoliti per quest’epoca, ma, è tale l’eccitazione e l’attesa per l’evento che di qui a poco avrà luogo, che nessuno ci fa caso. Ad uno dei venditori chiedo notizia circa  l’ora dell’esecuzione:
-Eh, ce ne vole de tempo ancora! – mi fa – Hai mai veduto la decollazione? Lo cerimoniale dura pure ddoie diarrate de la clessa grossa (due passaggi della sabbia in una clessidra grande, cioè due ore)-.
Gli chiedo se avesse mai visto altre esecuzioni:
-Hai voglia! Qua se scapitano pure quattro malandrini pe’ luna nova[1]. E sine che quando lo fatto va a succedere, loro schiattano e noi ingrassiamo. Pecchè tra lo largo tal’è la folla che viene a cunvegno, che noi se sbulogna ogni sorta de’ roba e a la notte se tuorna a la casa co la saccoccia piena.-
Si avvicina una donnetta, è sua moglie.
-Janni che vole ‘stu messere? –
-Ene venuto pe’ lo scapito di Corradino…-
-Donni veniti ? – mi fa la vecchietta sorridendo.
-Vedete, io sono un cronista…-
-Nu cranista? Vi pigliate cura de li crani? E qua nu cranista ce vole!- Ride, abbraccia il marito, poi fa:
-E’ stato lu Re che ave deliberato lo scapito…-
-Ma quale!? – interviene l’uomo – E’ stato lo Papa!-
-Ma no! – replica la donna divincolandosi dall’abbraccio del marito,  - Corradino è principe de la Germania e lo regno che tiene Re Carlo appartiene a isso. Mò dovete saper che che sto regno Corradino se lo voleva ripiglà ‘n’altra volta co la forza, ma, acciuffato a Tagliacozzo, l’è stato miso a morte, E mò eccuce ccà…-
-Ma che canchere dice?[2]- replicò il marito ad alta voce – Lu Re fece questo per uno patto stretto co lo papa –Clemente,  a mezzo de lo quale si impegnava a conquistare lo Regno de le due Sicilie.-
Le tre ore sono trascorse e, puntuale come la morte, compare il carro con il condannato. La folla comincia ad agitarsi ed a vociare continuamente. Spinte di qua, spinte di là con ognuno che cerca la migliore posizione possibile per assistere all’evento. Gente sui muri, gente ai balconi tutto intorno, nobili su tribunette, ragazzini che salgono su carretti fermi. I padri tengono i più piccoli in braccio affinché possano assistere bene allo spettacolo. Il carro è preceduto da una congrega di uomini incappucciati. Mi arrampico pure io faticosamente su un muretto per sollevarmi almeno di una testa dal resto della gente. Ecco! Finalmente lo vedo! Corradino non è neanche legato. E’ bello come un angelo. Non ha subito torture. Dietro di lui, con un cappuccio di panno rosso e le braccia incrociate, c’è il boia, di fianco un monaco. Il carro avanza con difficoltà tra la marea di gente tenuta a bada dagli armigeri di corte e finalmente raggiunge il palco al centro dello spiazzo. Il patibolo è costituito da poche travi di legno inchiodate tra di loro. Sopra c’è il ceppo, è grande, è già macchiato di sangue. Ai suoi piedi c’è un cesto di vimini. Poggiata ad un palo c’è la mannaia. E’ enorme, scintillante tanto è tirata a lucido, affilatissima. Dopo che il carro si è fermato davanti ai pochi scalini del patibolo, Corradino, invitato con un gesto dal carnefice, sale lentamente e si ferma al centro del tavolato. Un banditore annuncia:
-Audite…Audite… In hac die. Anno gracie 1268, ordinem Carli Regis executiva est Corradinum Quintum Hoenestaufenum,  proditionis reum  contra regiam coronam. [3] -Corradino ascolta in silenzio la condanna. E’ pallidissimo. Probabilmente più di un cuore di fanciulla napoletana in questo momento si strugge per quanto sta accadendo. Il volto del giovane è fiero, il suo sguardo è impenetrabile. Il capelli lunghi sono preda del vento e scoprono ogni tanto il suo collo bianchissimo già denudato. Ora le mani gli vengono legati dietro la schiena. La folla si accalca, spinge. Qualcuno grida:- Lasciat’il ire!- Il boia prepara lo stiletto nel caso in cui non fosse sufficiente il colpo di mannaia per recidere la testa del condannato. Tutti si accalcano l’uno sull’altro in un’agitazione quasi devastante. Tutti vogliono vedere il bel Corradino. Perfino il sole, che fino ad ora è rimasto coperto dalle nuvole, fa una timida apparizione. Un monaco si avvicina al giovane e gli fa baciare la croce, poi si allontana. Si avvicina ora il boia. Corradino si inginocchia. Il monaco prega.   Un uccello attraversa velocemente in volo il palco. Una giovinetta tra la folla sviene. Il boia imbraccia la mannaia. Corradino poggia la testa sul ceppo. Il boia alza l’arma. La folla zittisce. Il vento scema di colpo! Per fortuna non c’è stato bisogno dello stiletto.                 
 

[1] Qua si decapitano pure quattro ladruncoli al mese.-
f
 
[2] Ma che cavolo dici? O altra esclamazione.
[3] - Udite udite. Oggi anno di grazia 1268, per ordine di  Re Carlo, viene giustiziato Corrado V di Hohenestaufen, reo di attività sovversiva nei confronti della reale corona.- Naturalmente si tratta di un latino molto popolare.
 

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