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Percorsi da evitare.

           
 
            Da casa mia a quella della Letizia, la mia compagna di banco e amica di sempre, non ci vogliono più di due o tre minuti camminando con un’andatura normale. La mamma mi dice sempre di tirare diritto e di non attraversare la strada per nessuna ragione quando vado da lei, ed io, che sono sempre stata obbediente, faccio esattamente così, limitandomi a percorrere il marciapiede e a voltare al primo angolo a destra e poi ancora a destra all’incrocio con la prima via che si trova, senza badare a nient’altro.
            Però, lungo quella pavimentazione che costeggia la strada, sto sempre ben attenta a non mettere mai le suole delle scarpe sulle connessioni tra una pietra e quell’altra, e naturalmente cerco di non sfiorare nemmeno, per nessuna ragione, i cordoli del marciapiede. Poi ho messo a punto anche altri comportamenti, come quello di mettere avanti il piede sinistro più volte del destro, operando ogni tanto un saltello che riesce a farmi recuperare qualche passaggio. E naturalmente non evito neanche di contare i passi totali che servono per arrivare fino alla casa di Letizia, ed il fatto curioso è che ne impiego sempre qualcuno di meno di quando ritorno indietro, come se in questo caso la mia falcata fosse più corta.
            Mi piace andare dalla mia amica, anche se quando sono da lei mi stufo in fretta dei suoi soliti argomenti, del suo guardare costantemente la televisione, del suo non parlar d’altro che dei capelli e dei suoi vestiti, di come si presenterà a scuola il giorno seguente, e dei personaggi che vede durante gli sceneggiati: la lascio dire, a me non interessa un bel niente di quegli argomenti, però so che ho davanti quattrocentotrentasei passi prima di giungere alla mia casa, e che quando sarò lungo quel breve tratto dove alcune pietre sono rossastre, dovrò saltellare su un piede per evitare di calpestarle. Certe volte, quando ritorno, giro esternamente, con grande attenzione, intorno ai pali che sostengono i lampioni stradali, ma a dire la verità questo comportamento lo tengo soltanto in certe occasioni.
            Ho provato a fare un disegno del mio percorso: poi mi sono cimentata nel descrivere tutti i particolari che adotto, dando a ciascuno un semplice numero di riferimento. Infine ho introdotto in tutto questo delle varianti che sono applicabili in funzione del giorno della settimana e dell’ora in cui esco da casa. Ne è venuto fuori un guazzabuglio di fatti e di dati che in seguito ho cercato di semplificare, dando a tutto quanto dei riferimenti che fossero maggiormente evidenti, come ad esempio un colore per ogni funzione. Alla fine ho cominciato anche ad inserire delle varianti a seconda del tipo di saluto che fa la mia mamma quando esco da casa, e di quello della Letizia quando arrivo da lei.
            Sopra un quaderno ho iniziato ad elencare ogni dato che riesco a dedurre dal mio comportamento durante quel solito tratto di strada, e alla fine ho deciso di descrivere con poche parole ogni emozione che riesco a provare a seconda delle varianti che riescono a manifestarsi mentre cammino. Mia mamma ieri ha trovato il quaderno, lo ha sfogliato, e infine lo ha portato a far vedere alla mia insegnante di matematica. Ne devono aver parlato piuttosto a lungo, anche col direttore secondo me, e alla fine mi hanno chiamato per dirmi senza mezzi termini che devo smetterla di andare a piedi a casa di Letizia, perché questo non è senz’altro qualcosa che faccia bene alla mia crescita. Naturalmente ho risposto subito che per me andava benissimo.
 
            Bruno Magnolfi 
 

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