Scritto da © Andrea Occhi - Lun, 29/08/2011 - 15:04
Ero un bambino molto solo. Non amavo la compagnia dei miei coetanei poiché li ritenevo privi di ciò che avrebbe potuto stimolare la mia curiosità e così trascorrevo lunghi pomeriggi in camera mia tra libri e fantasie erotiche. Oh…non che non le praticassi, anche se malamente, con alcune amiche, compagne di giochi, ma neppure quelle mi soddisfacevano. E così, capitava spesso che mi spogliassi e mi ponessi nudo davanti all’armadio con le ante a specchio, amplificatori della luce e dello spazio, oltre che della immaginazione. Indossavo un vecchio giubbotto di pelle dismesso da mia madre e lasciavo che le mie mani mi amassero, senza attribuire loro un volto, un nome. Mi piaceva la sensazione della pelle nera sulla mia. Mi piaceva la mia eccitazione quasi perfetta tra le dita. Mi piaceva stringermi con forza, violenza sino alla fine. Amavo me stesso e la mia solitudine seppure luminosa, accarezzandomi con dolore. Ora, benchè adulto, quasi nulla è cambiato, amo me stesso, le mie fantasie hanno, però, il tuo nome, e sono più delicato di quello specchio che ricambia il mio piacere, senza sentimento alcuno.
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