Accadde Intorno al Golfo del Messico - Versione Italiana - Parte Quarta | RV International | Carlo Gabbi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Accadde Intorno al Golfo del Messico - Versione Italiana - Parte Quarta

Avvenne Intorno al Golfo del Messico

It Happen Around the Gulf of Mexico

 

 

Versione Italiana Parte quarta

 

 Durante quell’occasione il vecchio sacerdote portava una veste riccamente ricamata con disegni Maya e sul suo prominente copricapo si notavano le insegne del suo potere, rappresentante un’aquila, che teneva saldamente tra i suoi artigli il serpente. L’altare dei sacrifici era una larga lastra monolitica, ben levigata, che si trovava al centro del villaggio.

Era stato pure preparato il beveraggio magico a base di funghi allucinogeni con il sacro potere di poter conversare con gli spiriti delle loro divinità e di udire i loro voleri e, conoscere quali fossero le loro rivelazioni e desideri.

Solennemente, il sacerdote invocò gli spiriti divini, “Invoco gli dei e lo spirito del mostro Grande Padre, colui che fondò la Città del Sole. Chiediamo a voi, Maestà, di essere parte a questo convivio, e di rivelarci i vostri voleri. Gli stranieri, che si trovano tra noi, sono giunti in pace. Desiderano conoscere le tradizioni e le leggende che diedero gloria alla Città del Sole, e che costruita per il vostro volere, sotto la guida e la saggezza delle divinità.”

Tutti i presenti al convivio religioso si trovavano sotto l’effetto del beveraggio di funghi oppiati, e sotto il volere magico del sacerdote, l’incantesimo avvenne, e apparve dinanzi a noi una figura luminosa. L’incarnazione dello spirito del sovrano era possente e regale e in lui erano visibili le vestigie del potere.

Con voce tonante parlò ai presenti.

“Sono Lord Pascal, che per volere divino, fondò la Città del Sole. Fu da questa città che la civilizzazione si sparse attraverso l’intero continente. Atlantide è la città che mi diede i natali, e mio padre era il Sovrano del luogo e sotto la sua guida fu creata la più grande civilizzazione mai prima conosciuta. Al tempo in cui la nostra città incominciò a sprofondare nella profondità dell’oceano, il Sovrano, nostro padre, era amato dal suo popolo, ordinò allora ai suoi figli di dirigere i loro passi in paesi lontani agli angoli opposti del mondo e, in quei luoghi fondare nuove città che fossero simili all’amata Atlantide per mantenere in vita, in quei nuovi luoghi, le nostre conoscenze di scienze e religiose, sicché queste potessero sopravvivere in luoghi diversi e insegnate a nuovi popoli.

“Questo fu il motivo che la Città del Sole fu fondata. Nello stesso modo, simili città nacquero dalla capacità dei miei fratelli agli angoli opposti del mondo e la civilizzazione si propagò. Queste nuove città da noi fondate, divennero centri potenti, le quali irradiavano verso i paesi limitrofi, le leggi del sapere e della saggezza di saper governare bene, come sempre lo fu nella città di Atlantide.          

“Sappiate che voi qui presenti, siete il mio popolo. Voi siete i discendenti e i guardiani delle leggi che imposi nel passato. Voi siete gli eredi della civilizzazione, dei poteri magici e religiosi che instaurai allora.

“E voi stranieri, che siete venuti da paesi lontani per conoscerci, il mio popolo vi darà il dovuto benvenuto. Siete venuti in pace, e porterete prosperità alla nostra terra. Mio popolo, lasciatevi guidare da loro fino al giorno del mio permanente ritorno e in quel giorno, risusciterò l’antico splendore.”

Alla fine del discorso, Lord Pascal sparì rapidamente e misteriosamente nello stesso modo che era apparso. Era, in quel modo, ritornato nell’oblio del sepolcro. Aveva parlato al suo popolo e loro avevano accettato il suo volere.

Dopo una preghiera di ringraziamento, Il vecchio prelato, alla fine annunciò,

“Il Sovrano ha parlato, e accettiamo i suoi comandi. Voi stranieri siete benvenuti tra noi e daremo ascolto alle vostre richieste.”

 

~ * ~

 

Il vecchio sacerdote ci diede dieci uomini robusti come guide e accompagnatori attraverso la densa foresta tropicale, i quali a colpi di machete aprivano un sentiero in fronte a noi, che ci avrebbe portato alla Città del Sole.

Il nostro era un duro e lento cammino. Infatti, più c’inoltravamo nella giungla e più questa diveniva fitta. Occorsero dodici giorni per raggiungere la nostra destinazione, sebbene non fossero più di dieci miglia distante dall’Isola dei Pescatori.

Queste furono solamente parte delle nostre difficoltà nell’attraversare la fitta foresta in quel lento andare. In fronte a noi sguizzavano veloci serpenti zigzagando sul sentiero appena aperto, oppure se ne stavano appesi immobili, tra i rami degli alberi. Le guide dissero che molti di loro erano velenosi.

 Nonostante questo i Maya vedevano la cosa in modo diverso dal nostro. Quelli che uccidevano venivano tagliati in larghi pezzi e riposti in una sacca. Quelli stessi divennero parte della nostra prelibata dieta, che le nostre guide sapevano come ben cucinare, infilati a pezzi entro lunghi bastoni, sopra le braci dei bivacchi notturni. Trovammo quanto piacevoli fossero al tasto quelle carni. Erano tenere e deliziose e divennero per noi leccornie prelibate.

L’umidità dell’aria era intensa, e ogni piccolo movimento si facesse, procurava fiumi di sudore. Queste condizioni climatiche erano pure l’ideale per far proliferare molti insetti e maggiormente enormi zanzare che non riuscivamo a tener a bada nemmeno con i pesticidi che erano a nostra disposizione.

Sin dal primo giorno, la nostra attraversata nella giungla divenne una marcia snervante che ci rendeva esausti, e speravamo unicamente di raggiungere al più presto la nostra destinazione, che sapevamo si trovava sulla cima di quella collina. Nel nostro gruppo la più resiliente alle fatiche era Maria, che ci spronava nei momenti più difficili.

Ben presto accettammo l’offerta da parte delle nostre guide, di alcune foglie di coca da masticare, che aiutarono la nostra salivazione e iniettarono energia ai nostri stanchi muscoli stressati in quella marcia forzata.

Inaspettatamente, si presentò davanti a noi uno spiazzo, con una bassa vegetazione e, meraviglia… la piramide emergeva immensa in fronte a noi.

 Era maestosa nell’imponente altezza di oltre duecento piedi. Sebbene quel luogo fosse stato abbandono da lungo tempo, il monumento appariva ben preservato nei lunghi secoli che nessuno aveva vissuto sul luogo, sebbene fosse cresciuta una vegetazione varia e bassi arbusti tra gli alti scalini di pietra della piramide.

Tutti noi eravamo felici di aver raggiunto la nostra meta e ringraziammo nel modo migliore gli dei per averci fatto raggiungere il perimetro della città. Eravamo all’estremo delle forze e con sollievo camminammo gli ultimi passi sino a trovare un quieto riparo dove gettammo i nostri zaini a terra e distendendoci all’ombra per avere un meritato riposo.

 

~ * ~                     

      

 

Continua

 

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