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A che ora ci sarà il timore

 
La paura è un ricovero, in fondo. Il frontespizio
della spinta è solo la caduta, non già ferita
e non ancora muro. Si vede l’urto
prima che si instauri la durezza del colpo
dov’era il sorriso. Si coprono i denti,
ma la follia delle labbra è il grido. Precede il sangue
se occorre, altrimenti insegue la mano che cauterizza.
La mano, più spesso della saliva, sostiene
l’uguaglianza dei lembi. Penso li voglia cucire
con l’indice e il medio: è il pronto soccorso della pelle.
Non c’è anestetico e, comunque, col sangue che esce
non farebbe in tempo ad entrare in circolo; quindi,
si aspetta la fermata del flusso, il capolinea del globulo.
Non può accadere, e non accade, perché sono
a terra da mesi. Teso, inappetibile fino alla chiesa madre:
un paese malato di ricovero. In fede, come statua.
 

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