Scritto da © Franca Figliolini - Dom, 30/01/2011 - 20:41
N.B. contiene molte "parolacce": chi non le sopporta, non legga
Lei avrebbe voluto dire "vaffanculo", avrebbe voluto dire "non me ne frega un cazzo di niente", o anche la parolaccia "fine di mondo", "brutti fiji de 'na bocchinara", quella che una volta avevano detto a suo zio a un incrocio e lui si era arrabbiato tantissimo ed era uscito dalla macchina e si era avventato contro quello che l'aveva così apostrofato - ah sì, anche questo le sarebbe piaciuto saper fare, buttarsi a corpo morto e testa bassa contro chi le rompeva il cazzo - e che non sapeva proprio cosa significasse e per mesi lo aveva chiesto ai suoi genitori che diventavano di tutti i colori e non rispondevano - poi alla fine l'aveva saputo, non ricordava come.
Lei avrebbe voluto urlare, ma non come nel pluricitato quadro, tenendosi la testa tra le mani, ché quello era un urlo muto, che ahilei conosceva bene. No: lei avrebbe voluto urlare stando sulle gambe divaricate, le braccia scostate dal corpo leggermente inarcato, le mani strette a pugno, urlare con quanto fiato aveva in gola, fino a svuotare completamente i polmoni e a dover rantolare per farci rientrare l'aria dentro.
Invece no. Non era capace. Era condannata a non reagire, a cercare di capire, ad accettare le situazioni, a non farsi trascinare dalla forza cieca della rabbia, perché questo le era stato insegnato, anzi no, più esattamente le era stato conculcato, scolpito nel corpo. Al più se ne usciva con qualche sottile ironia che nessuno capiva, oppure - così le avevano detto - le dardeggiava lo sguardo di nera furia repressa. Quando proprio non ne poteva più rompeva una cosa che facesse rumore al posto suo, ma questo solo in situazioni di totale intimità.
Così, in genere, sia che fosse oggetto di un'aggressione diretta o di una immeritata insensibilità sia che fosse l'insensata ripetività della vita che la colpiva, non faceva niente, non diceva niente. Meglio, a volte sorrideva. E sempre le veniva in mente "il Libro Cuore", quando si dice di Franti: "... e l'infame sorrise".
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