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da "La torre di cristallo" - 10

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Marzo 2011,
Roma
Pomeriggio
 
Sì, certo, Rosa. Lo so come la vedi tu. Ti conosco da una vita. Che poi è come la vedono quasi tutti. Ma non è questo il. Sì, Giorgio è all’Università. Ci sta provando. Ha fatto un po’ di conoscenze. Pure ragazze. Vedremo. Dicevo, non è questo il punto. Tu come mi vedi? No, rispondi, mi vedi triste? Angosciata? Preoccupata? No, non sto parlando di Giorgio. Parlavamo di Giorgio, poco fa?
Io, cara mia, mi sento un’altra. Un’altra. Una forza dentro. Sì, certo. È proprio merito suo. Inutile che fai quella faccia. E dondoli la testa come i cagnolini che si mettono dietro i cofani delle macchine. Ah, non si mettono più? Beh, hai capito. Se non ci fosse stato lui, ecco, per esempio, non avrei imparato a staccarmi da tutte queste ventose della vita minima che ti si attaccano e tirano, collegate ai loro tubi di gomma pieni di sangue marcio che t’infetta le ore. Non avrei imparato a staccare tutto e lievitare come un asceta illuminato a mezz’aria su questo mondo scialbo e insulso e pieno di impicci. Ok, ok. Ho pianto. Fiumi di lacrime, tanto tempo fa. Servite. Ho sofferto, chi dice di no. Ma si va avanti, si cresce. Ci si capisce. Come si dice? Solo chi cade può risorgere. Sì, il titolo di un film. Sfotti, sa.
Se non fosse stato per lui poi, non mi rimettevo a scrivere. Non mi ci mettevo d’impegno. Ma piantala! Sono brava, dici. Se non le fai, le cose, non impari a farle. Non diventi brava, se non le fai. Il talento? Che ne so. Io so che ci vuole lavoro. E studio. E passione. E neanche basta. Ma intanto. Porca miseria, guarda come piove!
L’ultima volta, a casa sua, diluviava. Veniva giù tutto il cielo a schianti, incollerito e urlante. Invidioso. E noi ce lo guardavamo dal sommergibile, intrisi d’amore. Noi sentivamo gli scrosci mischiati ai baci furiosi. Ogni volta con lui era un addio. Ogni volta. Ogni volta era la prima e l’ultima. L’origine dell’universo. E la sua fine. Poetizzo, trovi? Quando penso a lui mi viene sempre da sorridere. Sì. Come faccio, come faccio. Faccio. Sarò matta, che ne so. So solo che ha definito la mia immagine. Ha preso tutti i pezzettini sparsi e gli ha dato forma. Mi riconosco, adesso. So dove andare. So dove voglio andare. Cammino col braccio puntato avanti, in direzione della luce. Irrefrenabile e determinata. E gaia. Che hai detto? Quanto che non lo vedo? Boh, meno di un anno, un anno, un anno e mezzo… una vita. Che importa…
Che importa, Rosa. Me lo dici che importa?
 
(by poetella)
 
(questa è quasi la fine del romanzo...anche se, in realtà, non ho ancora finito...)

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