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da "La torre di cristallo" - 8

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Ottobre ‘92
Roma,
sera
 
 
- Adesso che vuole mamma?
- Mamma vuole…
Giorgio guarda con un impercettibile sorriso. Sembrerebbe davvero un bambino normale. Che gioca con la mamma. Pensa Nora. Sembrerebbe. Adesso
- Mamma vuole… un bottone…
Giorgio sta con la manina sollevata su un grande vassoio rosso. Immobile. Guarda Nora. Il maglioncino che gli ha fatto lei, tutto morbido, coi pon pon gialli su fondo nero lo fa bello, bello da mangiarselo.
- Mamma vuole un bottone… rosso!
Giorgio, in un attimo, sfiora tutti i bottoni, saranno una cinquantina, sul vassoio di melanina appoggiato sul letto. Lui in piedi. Piccolo piccolo. Arriva con la pancia ad appoggiarsi un po’ al materasso. Nora seduta sul letto, stanchissima. Devo fare la cena, pensa.
Giorgio afferra il bottone e lo passa a Nora. Rosso. Lei lo dispone al centro di un disegno di bottoni che sta facendo su un altro vassoio. Un fiore. Bravo Giorgio, pensa. Veloce. Non sei malato. S’è sbagliata quella. Sei intelligente. Osservi tutto. Sai i colori. Bravo Giorgio mio.
- Adesso che vuole mamma?
- Mamma vuole…
Giorgio aspetta. Immobile. Pronto a scattare come un cucciolo che ha visto una mosca che svolazza. Dalla cucina la sigla del telegiornale della sera. Devo fare la cena, pensa Nora…
- Mamma vuole…un bottone …verde!
Gli occhi veloci, la manina che smuove un po’ la catasta colorata. Tutte le forme. Erano i bottoni della nonna…che li aveva dati a Nora, ché ormai non cuciva più, sua madre. Quando erano piccole, lei e sua sorella, pure i vestitini aveva fatto, per loro. Per divertirsi. Grande creatività, sua madre. Per riposarsi dallo stress della scuola aveva fatto un corso di taglio e cucito. E si divertiva proprio. Era un po’ balorda, sicuro. Cavolo se era balorda, pensa Nora. Chissà se Giorgio. Ora non cuciva più. Non ci vedeva. Prendili tu, aveva detto. Magari te ne serve qualcuno… prendili tu. Ce n’era anche qualcuno vecchissimo. Vecchi bottoni anni cinquanta. Cimeli. Bottoni gioiello. Di quando ancora si cuciva. C’erano le sarte. Che ti facevano le prove, con tutti i segni col gesso. E loro ci giocavano, adesso, con quei bottoni. Tutte le sere. Giorgio era ripetitivo, nei giochi. Sempre gli stessi. E questo dei bottoni gli piaceva proprio.
- Adesso che vuole mamma?
- Mamma vuole…
Giorgio sospeso a quella voce. Mamma vuole. Nora voleva un sacco di cose. Voleva non avere paura. Per esempio. Voleva un figlio normale, di quelli che crescono e ti crescono le speranze. Che sogni che vadano più avanti di te. Che siano tutto più di te. No meno. E Giorgio com’era? Meno o più?
- Mamma vuole…
Giorgio con la manina a mezz’aria e un sorrisetto complice…
- Un bottone…a caramella!
Ecco, questo gli piaceva proprio. Lo prende subito. Un minuscolo bottone arancione a pallina, lucido, che davvero sembrava una caramella. E speriamo che non se lo ficca in bocca. Ma no. Mai fatto. Era cauto, Giorgio. Mai messe cose in bocca. Solo quello che era sicuro gli piacesse. Non era matto. Sbagliava quella cavolo di maestra.
- Adesso che vuole mamma?
- Mamma vuole…un bottone più bello di tutti! E finiamola qui, pensa Nora.
E Giorgio subito a prendere quel bottone stranissimo, un pezzo di plexiglass con dentro delle perline d’acciaio. Chissà come avevano fatto a farlo. Loro lo chiamavano Il bottone più bello di tutti.
Dalla cucina arrivava la voce del telegiornale. Non si sentivano le parole. Ma Nora pensava E’ tardi. Devo preparare la cena che ora arriva Fabio. E non voglio cenare con lui. E invece mi sa che ci capita. Avrei dovuto fare prima. E di questa cosa della maestra non gli dico un cavolo. Tanto non capisce. Si mette a strillare, magari. Ci manca solo quello.
Mette il bottone più bello di tutti al centro del disegno, togliendo quello rosso, che sposta sotto. Attorno tutti colori ben assortiti. Un caleidoscopio di sogni. Giorgio guarda.
- Da capo…
- No, amore. La cena, adesso. Giorgio non ha fame? Non vuole mangiare?
S’era calmato col suo gioco preferito. Niente più pianti. Aveva pianto solo un’oretta, dopo l’asilo. Oggi era andata meglio.
Doveva parlare a Fabio. Doveva proprio. No, adesso, però. Adesso la cena. Per tutti e tre. 
In cucina, con Giorgio dietro. Col cuscinetto in mano
- Posalo che si sporca, qui.
Niente. Non aveva intenzione di posarlo. Aveva lo sguardo di nuovo vuoto. Era andato via. Dove non c’erano mamme, giochi, parole. Sogni. Dove non c’era niente. Proprio niente. Tutto nero.
(by poetella)
 

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