Scritto da © Fausto Raso - Gio, 28/03/2019 - 00:24
Con il termine "germanismo" si intende - in linguistica - ogni parola o locuzione tedesca (o di origine germanica) entrata a pieno titolo nella lingua di Dante - solitamente con modificazione della pronuncia e della grafia, "rispettando", cosí, i sistemi grafici e fonetici della lingua italiana. I "teutonicismi" - ci sia consentito questo neologismo - presenti nel nostro linguaggio corrente si possono dividere in due gruppi: 1) germanismi antichi (quelli entrati nel nostro idioma durante le invasioni barbariche); 2) germanismi moderni (quelli entrati nella nostra lingua in seguito ai rapporti politico-culturali intercorsi fra le regioni germaniche e il nostro Paese, dal secolo XIV al XX). Fra i germanismi antichi: termini militari (elmo, guardia, guerra, bando, albergo, strale, sgherro, sguattero); termini di parti del corpo umano (guancia, anca, milza, stinco, schiena, nocca); nomi di colori (grigio, bianco, bruno, biondo); vocaboli vari (guercio, schermo, sghembo, palla, melma, schietto, zolla, zazzera, snello, spaccare, bara, arraffare, grinta, strofinare, spruzzare, stormire, recare); termini dell'arredamento, di utensili domestici, della casa (sapone, scaffale, sala, stalla, panca, nastro, spola, scranna, stamberga, vanga, stecca, lesina, roba, rocca). Fra i germanismi moderni fanno la parte del leone quelli entrati nel secolo XX: voci culturali (psicanalisi, hinterland, plusvalore); termini gastronomici (crauti, strudel, gulasch, wurstel); voci politico-militari (lager, panzer, fuhrer). Nei secoli precedenti si possono "contare" solo voci isolate, come piffero, alabarda, borgomastro, brindisi, cobalto, feldspato, valzer).
Fausto Raso
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