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Camilla Payton

alla ventitreesima ora del primo lunedì di ottobre ferdinando celinio immise nel suo corpo la dodicesima birra, scivolò lentamente dentro le coperte sporche del letto nella sua stanza e pensò "Camilla Payton non è una donna. è un uomo".
ero io ferdinando celinio, l'ameba, la sommossa al pensiero dominante.
Camilla Payton aveva da poco preso parte alla trafila preliminare per entrare alla scuola d'arte. dipingeva discretamente, non era la tecnica il suo problema, ma le mancava il fuoco, l'anima.
era una ventiquattrenne italo-americana con la fissa per i cibi macrobiotici, salutista fino alla nausea, anche vagamente pazza.
si manteneva facendo la puttana.
quello che di Camilla Payton mi piaceva non era chiaro. non era il suo corpo, minuto e pieno nei punti giusti, non era necessariamente il suo corpo, e non erano neanche le sue idee e i suoi ideali. era qualcosa di misterioso come il crocifisso o il Polo Nord, qualcosa che attraversava le mie certezze rompendone le pareti in un mosaico di pezzi confusi.
l'amore era una cosa incomprensibile. era una cosa violenta, come la pagina finanziaria del Corriere o le lotte tra pastori tedeschi nelle cantine di Catania. l'amore era il primo passo 
verso la disfatta. le donne avevano abiti d'Eros e intenzioni di destrudo, erano pericolose, erano bellissime, e io le volevo tutte, tutte, in vestiti discinti e con pensieri lascivi, sul mio manganello di carne, a pisciare sul mio io inglorioso.
Camilla Payton venne nel mio appartamento alle 7 e venticinque del mattino.
aveva un vestito viola svolazzante con riflessi rosso rubino. era truccata leggermente, era bella.
mi svegliò e mi lasciò un bacio delicato sulla bocca.
"stavo sognando un demone minuscolo che pisciava sulla bandiera americana." le dissi.
"tu sogni per come scrivi. banalità e desideri che si fondono in una miscela indecente." disse lei.
"so che mi ami."
"è bello vivere di convinzioni."
si stese accanto a me e il vestito salì fin quasi alla vita, mostrando le mutande e rivelando
gambe bianche e robuste come marmo.
fui scosso da un'erezione potente che mi destò dal torpore. la baciai, ficcandole la lingua fin dentro alla gola. era fresca. poi mi venne un conato. mi staccai violentemente da lei e raggiunsi il bagno barcollando.
"merda molla, cominci la giornata vomitando! di tutte le pippe che conosco sei la pippa più vulnerabile"
"ho vomitato una cosa bellissima. potresti prenderne spunto per un tuo quadro." 
mi lavai e infilai i vestiti nel mio corpo robusto.
"non ti scopo oggi." le dissi "facciamo che non ti scopo."
"me ne faccio cazzi del tuo uccello di media misura."
era un uomo. ne ero sicuro. era un uomo adulto di 45 anni che per vivere spacciava anfetamina ai minorenni.

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