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Due poesie

Sono stato giù al parco, oggi,
sentendo tra le zagare e le panchine
un sapore amaro-vuoto.
La mia vita è come sfilacciata.
Si perde in queste visioni siciliane
Restituendo a me il vispo sapore
Di tragedie dimenticate.
Ho la stessa solitudine di quel fico
D’india acerbo, di quel cane
Che ha perso il suo padrone.
 
 
*
 
 
 
Spegni la rosa. Regala a questo vecchio
padrone un chilo d’ignoranza,
un’antica foto gialla.
Spegnila, perché c’è del dolore nella rosa,
così pigra di vecchiaia, così cerulea di morte,
la rosa è l’istinto del folle e il suo subconscio
sottoposto a strumenti di tortura.
Tu vivi fino a farti duro e spegni la rosa.
Anestetizzati.
C’è un mistero che lega la sensibilità alla morte,
la fragilità, l’essere sottili.
Io voglio poter gridare al mondo:
“Non son più rosa. Di questi petali
ne ho fatto un epitaffio bruno.".

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