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l'inconveniente della Verità

ero morto. no, non ero morto, non proprio morto, ero più nella fase "ad un passo dalla morte", atterrato, battuto, pesto, ma non ancora morto. 
ero passato per l'ospedale dei pazzi, di nuovo, psicosi schizo-affettiva con tendenze alla paranoia, era la diagnosi. e bevevo.
il sedici dicembre di venticinque anni prima Roberto Perico, un tossico, un fallito anche lui, mi disse "tra vent'anni saremo milionari". era morto sette anni dopo. i milioni non erano arrivati. e la mia mente era fragile come il corpo di un ragazzino che aveva appena scoperto la carne.
comunque mi trovavo sui colli, al Tammarello, con una maglietta a maniche corte e una bottiglia di rum portoricano di una marca scadente. Carmela Ninnoli mi venne incontro con la scusa di chiedere l'ora. era una cicciona sui 48, capelli biondo scuro che le coprivano l'occhio sinistro, portava un maglione rosso che un tempo era stato alla moda, 9 o 10 anni prima, e pantaloni di tuta, stretti e consumati col grasso che sembrava volere scappare da tutte le parti. aveva labra sottili coperte da un rossetto rosso, occhi piccolissimi, quasi invisibili, e mentre la squadravo dalla testa ai piedi, con indifferenza, lei mi fa "non mi guardi in quel modo. sono una donna sposata!".

finimmo a casa sua. era una casa modesta nella periferia di Calatabiano, la puzza del cibo cucinato s'era infiltrata nelle tende del salone, un salone minimale, sporcoe disadorno, e ce ne stavamo lì, seduti a bere qualcosa che somigliava al whisky, ma non era whisky, e io non capivo cosa fosse.
"sono felice che ci abbiamo tagliato il telefono. non ne potevo più di tutte quelle telefonate dei call-center e degli agenti di recupero crediti. mio marito s'è incazzato. è una sega mio marito. pensa ch'è stato pure in galera... ah, ma che fai, guardi il quadro di Cristo?!... io non ci credo mica a Cristo. è lui che ci crede. se ne va alla chiesa la domenica, ma secondo me lo fa solo per guardare le gambe delle madri che portano i bambini all'oratorio. non mi scopa da quattro anni. che dici, non c'ho ancora un corpo discreto? ma no, non me lo dire, tu mi sembri un tipo selettivo, tu c'avrai il tuo bel daffare con un mucchio di donne di classe."
io sorseggiavo il mio drink senza rispondere. un tempo doveva essere stata scopabile. è il dramma della vita che trasfigura le donne povere, pensavo. svaccavano tutte, quelle, quando la routine come una febbre s'insinuava nelle vite di loro, dettando i tempi e la gestualità. ai ricchi non succedeva. lei non era una grassa dalla nascita, era più una magra svaccata, era la maledetta vita, la cancrena della povertà, e la pazzia.
"tuo marito dov'è?" chiesi.
"ah, mio marito?! mio marito fa il turno di notte. è un portantino. no. un OSS, come si dice ora"
"non è che spunta all'improvviso con un coltello a serramanico e ci fa fuori tutt'e due?"
"c'hai paura?"
"diciamo che tendo a salvaguardarmi"
"è così eccitante vivere avventure pericolose"
lo era a vent'anni, pensai. la vita c'aveva più niente da nascondere a me. io facevo il mio piccolo gioco, gestivo le mie faccenducole con cautela e dedizione, senza dare fastidio a nessuno, pensando alla mia birra e a mettere qualcosa dentro lo stomaco. ero senza interessi. ero stupido. ogni tanto davo fuori di matto e alla miseria s'aggiungeva l'orrore. tutti sono fondamentalmente pazzi, è che tengono a bada la loro pazzia. io ero sensibile e geneticamente predisposto a perdere la testa, ma poi ce la facevo sempre, come una fenice ossessiva, tornavo in forze, abile, sano, e mi gestivo. e continuavo a galleggiare.
Carmela, impudicamente, parlava, ora, del pene di suo marito.
"oh, c'ha un grosso arnese quel mentecatto. i primi tempi era pura goduria. lo facvevamo in continuazione. non aveva molta fantasia e il suo corpo era debole, ma bastava mettermelo dentro. ohhh. ahahahahah"
"io credo che tu non abbia mai conosciuto l'amore"
"come? come fai a dire una cosa del genere? io stavo con mio marito per amore. lo pensavo e mi premuravo per lui. ho deciso di dividere la mia vita con un uomo. ho messo su casa. ci credevo! no, perdonami, ma questa mi sembra una sciocchezza superficiale"
"tu c'hai il paese nel sangue"
"che vuoi dire?"
"voglio dire che quello che ti interessava non era tuo marito, ma la tua reputazione agli occhi della gente. volevi apparire come la brava donna sposata. volevi mettere su casa ed avere dei figli. ma lui non poteva averne, o forse tu, e così hai cominciato a odiarlo, a stancarti della vita, a pensare al sesso ossessivamente e con voluttà animalesca. quanti te ne sei scopati in questi 4 anni che tuo marito manco ti guardava? questa è la tua galera, quella che hai creato tu. siamo tutti in galera, ma l'amore, un po', può salvarci. ma tu non sai cosa vuol dire amare e non sai cosa vuol dire essere amati. tu sei morta prima di morire"
Carmela sussultò sulla poltrona, mi prese per un braccio, e con una forza straordinaria, rossa negli occhi, mi trascinò fino alla porta del suo piccolo appartamento.
"voleva scoparmiiiii!" gridò.
"che succede donna Carmela?" disse un uomo sui trenta che scendeva dal piano superiore.
"questo porco, m'ha messo le mani addosso... ohhh... voleva scoparmi!"
"pezzone di merda, è una donna sposata!" gridò quello " scendiamo in strada, che ti rompo il buco del..."
"bisogna chiamare la polizia!" lo interruppe una vecchia.
"prendetelo! dategliele buone a quel pezzo di merda!" disse qualcun altro.
in un attimo si fece un gran vociare. tutta la palazzina popolare e anche qualcuno delle palazzine adeacenti scesero in strada. gli uomini erano più di trenta, feroci, inviperiti, pronti a colpire. io ero ubriaco e mi reggevo in piedi per miracolo.
la Verità portava l'Uomo a diventare crudele e vendicativo. bisognava nasonderla la Verità e soggiacere al gioco sporco della buona, ipocrita convivenza. diventava pericoloso l'uomo quando veniva spogliato dei suoi inganni che portava come abiti di certezze. c'era da tremare. e io tremavo. ero là e il mondo era qua, tutto compatto e violento, negli occhi assassini dei vendicatori, nelle menzogne di Carmela, era un macinino, era la rabbia del diavolo, in quelle facce e in quei pugni induriti, pronta ad esplodere come una granata, a mangiarsi tutto, a far si che risplendesse la primordiale e ottusa gloria di una folla inferocita.
non mi scusai. trabballando feci cinque passi in avanti, quindi mi misi in posizione di boxeur e dissi
"avanti! chi è il primo?".

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