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sulla vita e altro

ci sono momenti in cui bisogna considerare
il quarzo, la sacca ventrale del bue, la libido come una manetta,
momenti in cui ogni rosa della creazione assurge ad unica possibilità;
la natura dell'umano ha inscritto come una svastica la libertà della gamba,
l'uomo ha due anime, cervello di spiccia rarefazione, tendenza alle cose impossibili
dunque esatte; bisogna considerare il reticolato, le cose altre e le cose vicine,
lo stato vegetale della pianta, la roccia, la fiamma dentro un'intuizione.
ricordo me poco più che sedicenne distratto da vermicolari ambizioni,
spaccando la faccia di quelli che consideravo i miei nemici,
perché avevo bisogno di creare qualcuno cui combattere,
non ero ancora pronto a combatterli tutti,
la grazia come lingue di sperma scivolava da ogni mio pensiero delineando l'ingenuità,
non consideravo il buco nero delle cose difficili,
l'impossibilità di comprendere una ferita,
la voragine sotto una cascata, la Nausea di Sartre, Sartre mi attraversava,
mi attraversavano i dolori di Werther e le nevrosi di mia madre,
tra me e quello che resta di me c'era un altro me ancora vivo grazie ad una corazza amniotica, ancora fermo allo stupore della scimmia.
non ho mai considerato gli uomini come una cosa tutta d'un colore,
ma l'odio va considerato, oggi lo capisco, l'odio che scende dai circoli di bridge
con le tasche gonfie e pensa a contare e a disinnescare,
tutto si mangia l'odio ed io sono umano.

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