Scritto da © Anonimo - Dom, 03/10/2010 - 18:52
Sono le scritture invariate
dei ruderi, da cui l’inesprimibile annottare
che copre di un manto il vissuto e il toccato.
Sono le grafie della storia personale
che suggeriscono il corpo del mio calendario
quasi fossi il boia inappuntabile di ogni allora
e di tutti gli adesso della viceda intima
di un uomo: io!, il bruco, il padre di tutte le falene.
Ne dico per vivere lo stesso sangue,
l’uguale metamorfosi evolvente
lo stesso indicibile dolore.
E che io torni sulle medesime orme
è l’inequivocabile bozzolo
o, come si dice, la pena che foro;
cunicoli di colpe che nessuna talpa
saprebbe ricreare per quanto edotta
sulla trilaterazione del GPS
e passo per così tanta illusione di volo
che non temo il becco dei passeri
anche oggi che pure muore
con la stessa
consapevole costanza di bruciori.
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