Scritto da © Manuela Verbasi - Mar, 18/01/2011 - 10:39
Testo originale (in latino)
Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis!
omnes unius aestimemus assis!
Soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
[img_assist|nid=11326|title=|desc=|link=popup|align=left|width=200|height=162]
J.Godward/Old old story
Commento:
Carme di fondamentale importanza, il 5, per saggiare, intorno alla tematica dell'amore, la novità delle posizioni dei poetae novi rispetto a quelle del mos maiorum. L'amore è vissuto da Catullo come l'esperienza capitale della propria vita, capace di riempirla e di darle un senso. All'eros non è più riservato lo spazio marginale che gli accordava la morale tradizionale (come ad una debolezza giovanile, tollerabile purché non infrangesse certe limitazioni e convenienze soprattutto di ordine sociale), ma esso diventa centro dell'esistenza e valore primario, il solo in grado di risarcire la fugacità della vita umana (G.B.CONTE, Letteratura latina, Firenze, Le Monnier, 1987, p.118).
Versi 1-3 A tutti i tradizionalisti (rappresentati nel carme dai senes severiores del v. 2) Catullo oppone la sua nuova filosofia della vita, condensata nell'equazione vivere uguale amare, e dichiarata con energico piglio al v.1. Il poeta esorta la sua donna a vivere intensamente (vivo ha qui un significato più pieno e forte del solito) e ad amare. La vita, dunque, per Catullo coincide nella sua più vera essenza con la passione amorosa. Notevole è la disposizione dei due verbi all'inizio e alla fine del medesimo verso.
Con la terza esortazione (aestimemus: v.3) Catullo invita a non tener conto (nota l'efficace accostamento omnes unius ad inizio di verso!) i rimbrotti dei vecchi troppo severi (non sfugga la chiusa allitterante senum severiorum, occupante per intero la tripodia trocaica dell'endecasillabo) di coloro, cioè, che, vuoi per ragioni anagrafiche, vuoi per un radicato conservatorismo morale, non riescono proprio a giustificare l'equazione vivere davvero uguale amare, definita dal poeta al v.1. Dunque la vera vita non è quella indicata dal mos maiorum e spesa al servizio della comunità, nei ranghi della politica o in quelli dell'esercito, bensì quella al cui centro sta la realazione con la donna amata, vissuta con un'intensità tanto vera da non aver bisogno dei vincoli giuridici del matrimonio.
Versi 4-6 In questi tre versi il poeta giustifica il suo nuovo sentimento della vita. Questa va vissuta intensamente nel vortice della gioia amorosa, perché destinata a spegnersi presto nel buio di una notte senza fine, non valendo per l'uomo quel ritmo, mai smentito, che vale, invece, per la natura ("i soli possono tramontare e risorgere": v.4). Lux e nox (equivalenti rispettivamente a vita e morte secondo una metafora comune nel linguaggio poetico) sono collocati alla fine (e il monosillabo finale è davvero una raffinata rarità metrico-stilistica) e all'inizio di due versi successivi, quasi a marcare ulteriormente la loro opposizione semantica.
Versi 7-9 La giustificazione dei vv.4-6 ha fatto dimenticare, con le sue immagini di morte, l'invito ad amare con cui si era aperto il carme. Catullo sente perciò ancora più intensa la necessità dello slancio passionale ed invita Lesbia a sommergerlo di baci (dal congiuntivo esortativo dei primi tre versi si passa all'ordine, deciso e risoluto dell'imperativo da: v.7), senza sosta (cfr. usque del v.9 che vale, appunto, "di continuo"). Notevole è senz'altro l'anafora di deinde (anche nella forma ridotta preconsonatica dein), ripetuto, nel giro di tre versi, per ben cinque volte: con tale procedimento stilistico il poeta intende sottolineare, tenendone per altro puntuale conto, l'incessante e (almeno fino al v.9) inarrestabile flusso di basia (il termine basium, forse di derivazione celtica, è introdotto nella lingua letteraria da Catullo) proveniente da Lesbia.
Versi 10-13 Non importa, sembra dire nei versi precedenti Catullo, la forma assunta dall'amore, ma la sua sostanza, la sua profondità: la calda passione (una vera cascata di baci è quella richiesta nei vv 7-9), vissuta con sincera intensità, è la sola a dare vero significato alla nostra esperienza terrena, destinata a spegnersi nel buio di una notte senza più giorno (vv.4-6). I baci travolgono Lesbia e Catullo, ma sarà prudente, quando saranno migliaia, non tenerne più il conto (come invece accadeva nei versi precedenti: cfr. l'uso dei numerali nei vv.7-9) per non saperne il numero (e, probabilmente, spaventati da esso smettere) oppure perché qualcuno, venuto a conoscenza della grande quantità di baci, non getti malevolo sugli amanti il malocchio.
(da http://victorian.fortunecity.com/university/513/catullo.html)
prima traduzione (in italiano):
Godiamoci la vita, mia Lesbia, l'amore,
e il mormorio dei vecchi inaciditi
consideriamolo un soldo bucato.
I giorni che muoiono possono tornare,
ma se questa nostra breve luce muore
noi dormiremo un'unica notte senza fine.
Dammi mille baci e ancora cento,
dammene altri mille e ancora cento,
sempre, sempre mille e ancora cento.
E quando alla fine saranno migliaia
per scordare tutto ne imbroglieremo il conto,
perché nessuno possa stringere in malie
un numero di baci cosí grande.
seconda traduzione (in italiano):
V. Viviamo
Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo,
i brontolii dei vecchi troppo seri
valutiamoli tutti un soldo!
I soli posson tramontare e ritornare:
per noi, quando una volta la breve luce tramonti,
c'è un'unica perpetua notte da dormire.
Dammi mille baci, poi cento,
poi mille altri, poi ancora cento,
poi sempre altri mille, poi cento.
Poi, quando ne avrem fatti molte migliaia,
li mescoleremo, per non sapere,
o perché nessun malvagio possa invidiarli,
i brontolii dei vecchi troppo seri
valutiamoli tutti un soldo!
I soli posson tramontare e ritornare:
per noi, quando una volta la breve luce tramonti,
c'è un'unica perpetua notte da dormire.
Dammi mille baci, poi cento,
poi mille altri, poi ancora cento,
poi sempre altri mille, poi cento.
Poi, quando ne avrem fatti molte migliaia,
li mescoleremo, per non sapere,
o perché nessun malvagio possa invidiarli,
sapendo esserci tanti baci.
terza traduzione (in italiano):
Lesbia mia, viviamo e amiamoci
e non diamo nessun peso
alle critiche dei vecchi noiosi.
Il sole può tramontare e ritornare:
noi invece dobbiamo dormire un'unica interminabile notte,
una volta che la breve luce della nostra vita sia tramontata.
Dammi mille baci, poi cento,
poi altri mille, poi altri cento,
poi senza fermarti altri mille,poi infine cento.
Quando ne avremo fatto un gran mucchio,
buttiamoli tutti per aria, per non sapere quanti essi siano,
e perchè nessun malvagio possa gettarci il malocchio
sapendo che esistono tanti baci.
traduzione in inglese
5. Let’s Live and Love: to Lesbia
Let us live, my Lesbia, let us love,
and all the words of the old, and so moral,
may they be worth less than nothing to us!
Suns may set, and suns may rise again:
but when our brief light has set,
night is one long everlasting sleep.
Give me a thousand kisses, a hundred more,
another thousand, and another hundred,
and, when we’ve counted up the many thousands,
confuse them so as not to know them all,
so that no enemy may cast an evil eye,
by knowing that there were so many kisses.
Catullo
Nasce intorno all'84 a.C. a Verona nella Gallia Cisalpina da famiglia benestante e in rapporti di stretta amicizia con Cesare. Dopo essere stato preparato dai migliori grammatici della Cisalpina, forse dopo aver indossato la toga virile (17° anno), si portò a Roma per raffinare, con i tradizionali studi di retorica, la propria preparazione culturale. La sua era una vita bohémienne, che alternava lo studio con gli svaghi; spesso faceva orge con amici, se la spassava con le ragazze prezzolate, fra battute salaci e scherzi di dubbio gusto; frequentava, com'era costume, le terme (F.DELLA CORTE, in CATULLO, Le poesie, a cura di F.Della Corte, Milano, Mondadori, 1977, p. IX).
A Roma conobbe importanti personalità del mondo culturale: tra esse lo storico Cornelio Nepote, al quale è rivolta la dedica del carme 1. Ma, certo, ai fini della carriera poetica, si rivelò importante l'incontro con altri giovani, prevalentemente provenienti, come lui, dalla Gallia Cisalpina, interessati alla proclamazione di nuovi ideali di poesia, in aperto conflitto con la tradizione precedente. Tra essi, definiti sprezzantemente poetae novi da uno strenuo difensore della tradizione letteraria quale fu Cicerone, furono particolarmente cari a Catullo, Licinio Calvo ed Elvio Cinna.Accanto al poeta stava sempre, però, l'uomo, con i suoi affetti. Importante fu quello che lo legò al fratello, alla morte del quale (avvenuta nella lontana Troade intorno al 60 a.C.), per circa due anni, abbandona la dimora romana per far ritorno a Verona, presso la sua famiglia.
Importante -centrale si potrebbe dire, alla luce della traccia che ha lasciato nell'opera poetica- risultò certo l'incontro con Lesbia, la donna del cuore. Nel 57 Catullo andò in Bitinia, al seguito del governatore Gaio Memmio: l'anno dopo, sulla strada del ritorno, nella Troade, per la prima ed ultima volta, rese omaggio alla tomba del fratello (carme 101). Un paio di anni dopo, a trent'anni di età, la morte.
traduzioni e ricerca dal web
sono graditi e auspicati, suggerimenti ed eventuali correzioni
»
- Blog di Manuela Verbasi
- Login o registrati per inviare commenti
- 20989 letture