Maurizio Cinquegrani - I dialoghi dell'arancia - recensione di Raffaele Piazza | Recensioni | gatto | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Maurizio Cinquegrani - I dialoghi dell'arancia - recensione di Raffaele Piazza

Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
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Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
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I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
I DIALOGHI DELL’ARANCIA
Appunti di viaggio
Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Cinquegrani
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Recensione di Raffaele Piazza
I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie.
In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa..
Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto.
E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi.
La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania.  
Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni).
Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia.
E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale.
Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità.
Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti.
E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra,
E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso.
Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo.
Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi?
M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio.
Arancia: Guarda meglio, cosa vedi?
M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro.
Arancia: Guarda cosa vedi?
M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco.
.....
E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore:
M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti.
         
Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte.
Raffaele Piazza
Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.

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