Gli aquiloni | Prosa e racconti | Giuseppina Iannello | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Gli aquiloni

Uno smeraldo tra l'azzurro-copertina completa (2)RID.jpg
Ricorderò quella mattina... Il giorno si annunciava pigramente... Ed il cielo era tutto pecorelle; la mamma s'era alzata un'ora prima, ma papà che di giorno aveva quello per stare in compagnia dei suoi bambini, cedeva il posto alla malinconia, ed andava lontano dove il tempo, s'era fermato. Dal mio lettino, a destra, gli chiedevo: “Papà, che cosa pensi?”
Ed egli mi rispose: “Figlia mia, sto pensando a un dolore che non dico...” Scorgevo sulle ciglia un tremolio... Immaginai le folgori di un cielo tempestoso e un bastimento, quasi alla deriva... Mi persi nei suoi occhi e vidi il cielo di un mare stanco, dopo la bufera.
 
Si accorse che era pensierosa, ma sapeva che il fragile mio cuore, si rianimava solo al focolare delle carezze espresse dalla voce. Così, col suo ottimismo, ritrovato, mi diceva: “Iginia, che cosa pensi, di un giorno senza scuola?...” Gli rispondevo sospirando: “Cosa devo pensare?” E sentii il cielo plumbeo con quelle pecorelle alla difesa. “Papà, ci porti in chiesa...” Avrei voluto dire, però sapevo ormai, che la sacralità mi spaventava per i pensieri, inconsci che ne potean venire. Sia il babbo che la mamma, avevano intuito che soffrivo, non riuscendo a capire la ragione... E allora, le preghiere, le dicevamo in casa.
Conscio di quell'amore che non ci può ingannare, papà mi disse: “Recita una poesia, composta in questi giorni.” Non mi feci ripetere l'invito, e, tenendo le mani, a mo' di libro, lessi con poco fiato che mi sentivo al petto, “Rose al tramonto”:
“Più fresca delle rose la mattina, è quella pioggia che asperge
la vita... La sento sopra i petali, la sera e non pioggia, e non è rugiada.”
Ricevevo gli elogi, sia di mio padre, sia della mia mamma, venuta per sentire.
Poi, papà, rispondendo al suo richiamo, ci diceva: “Ascoltate, voglio dirvi, stamane la poesia che sentivo ogni giorno da ragazzo...” E recitava ancora, l'Aquilone.
Ascoltammo in silenzio e, come in un ribalto, di lacrime, represse, vidi un fanciullo in pianto ed una mamma triste.
Ma tu nonna, dal cielo lo vedesti il tuo fanciullo, che avrebbe stretto al cuore, come un tempo, l'età migliore.
 
Quella mattina, fu per tutti noi, un salto nel passato... Dopo aver commentato la poesia, papà mi riportava ai primi versi, quelli imparati prima della scuola... E non mi chiese perché già sapeva, che quell'autore io lo conoscevo. Mi disse solamente: è bella. Bella...
In sintonia di accordi con mio padre, mi vidi sotto il cielo di Messina. Vidi una scalinata e immaginai la scuola... Mi apparve sobrio, con l'abito consueto, il Poeta e il Professore di Lettere latine; e mi sembrò come risollevato da quel qualcosa che di nuovo c'era, nell'aria mite... Mi giunse la fragranza delle viole... Chiedevo al Professore: “Ci siamo conosciuti?”
 
Giorgio, che gli era accanto nel lettone, guardò papà trasecolato...
“Papà, che cosa sono gli aquiloni?” Papà rispose: “Non li hai visti mai? Domani, se è bel tempo, li faremo.” Per l'intera giornata, l'aquilone, ispirò i nostri voli... Mamma volava col suo dolce canto, io la seguivo e approdavamo entrambe, nel cuore dell'Italia.
 
L'indomani, ci alzammo di buon'ora; in mio fratello lessi l'entusiasmo, di un bimbo, cui mancò l'affetto dei compagni; ora papà, per lui, era l'unico amico.
Ricorderò quella mattina...
Papà dava l'incipit, cercando insieme a noi, una carta leggera, di un bel colore e la scegliemmo del colore idoneo al gusto individuale; Giorgio optò per il giallo... E quella volta anch'io. Quel giorno noi costruimmo gli aquiloni; papà disegnò il rombo, che ritagliammo insieme. Poi, ci invitava a far le striscioline di carta colorata per guarnirlo. Ci mettemmo al lavoro, in sintonia di svago, ma ognuno nel suo mondo.
Guardavo mio fratello, intimidita; era la prima volta, che noi si era insieme; distanti i nostri sguardi, lo vidi nel proseguo come l'airone ebbro che segue la sua rotta.
Il babbo ci diceva: “Adesso spetta voi: lasciate che esso voli... Però tenete il filo.”
Ricordo, nell'incanto di un istante, le nostre voci unirsi in un evviva. Ma io restavo sola...
E l'aquilone, si perdeva tra nuvole improvvise.
 
* dal mio libro: "Uno smeraldo tra l'azzurro". *

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