Scritto da © Marika - Lun, 25/06/2012 - 23:31
Ora sei tu, con quella nuova pelle sul viso, bianca.
Il bianco, per iniziare qualcosa, ecco perché di quel colore si tinteggiano i muri delle case ...la porta si apre, cattura quella sedia verde cobalto.
Una casa, un sorriso nella posta spedita. Non servono ripari o angoli chiusi se quella che vivi è prenotata. Potrebbe somigliare a un giaciglio, o a un albero, o ancora a una nuvola... È Sortilegio scritto nelle pareti di un indirizzo celeste. Ho tirato alla sorte uno scherzetto, la mia casa cresce con me, siamo tutt'uno coi virgulti. Io e te, come primizie sottese. Tu e la tua casa, la parentesi, e l'immagine di una conchiglia, con quei suoi intagli di cerchi che giocano a rincorrersi. La mia casa è calore che si alza in cerchi concentrici, non diventa mai fumo, mai cenere, lei non muta, mi riempie. Datti tempo, ma non ti fermare. Qui la luna è nuda, senza seno nel deserto della notte con le luci prigioniere degli occhi. Distesi sono i filari del cuore quando li raccolgo dall'erbetta secca, quella silenziosa che si ribella alla campagna. La senti al tatto morire. Si imbrogliano i piedi che avvampano nella costanza, terra bruciata all'orizzonte. Poi ti avvicini all'entrata, e si ammorbidiscono i flauti alla loro eco di lucidità. Sai, dove guardano gli eroi io combatto la luce, a piedi nudi, distanti dal suolo. Vittima della chiarità, ostinata e contrariamente illusa, credevo di perdermi nella goccia che aleggia fra le nuvole. La mia casa nello zainetto traballa al suono della pioggia, ma ha cumuli di difese sul tetto, cera sui pavimenti. Scivolano le tende perlate sulle finestre, le accarezzano piangendo, come occhi che ballano al di là del vetro. Ogni ombra di un filo riporta alla paura, ne vedi spiegare il corso, ma l'argine dove si posa rimane lo stesso. Alla punta sgorga un ruscello, alba fresca del mattino, risana il pianto. Si trascinano le solitudini di quei cuori appesi, come lenzuoli che tentano il salto, ribellandosi allo stiramento. Sono panni scuciti, intrisi di noia, nessuno li capisce. Non si muove nulla, al di fuori di un'aria deliziosa. Una stagione dal passo decisivo incalza nel buio con i suoi tasselli cromati. Suppergiù di una volta baciata, a superarsi nella chiamata. Non c'è più nessuno per le strade, è tutta la città che non sa. Si va ...Cercando sui marciapiedi una briciola da seguire, ma si respira la nebbia, che fatica a settembre! ...sembra un male anche il prato. Se si perde fra l'erbetta secca la mia casa sparisce. Con essa si sbriciolano i muri, la mia strettoia si fa passerella, monto sulla duna di un' ambra velata, e mi spoglio di cadenze cromate col sale che abbonda nello stomaco. Sono il suono che il sole lambisce coi suoi raggi, vaporoso, come il niente. Dai un bacio a settembre, e lascia tutto nella mia casa, disegnata in un nido, col giorno alle finestre.
Il bianco, per iniziare qualcosa, ecco perché di quel colore si tinteggiano i muri delle case ...la porta si apre, cattura quella sedia verde cobalto.
Una casa, un sorriso nella posta spedita. Non servono ripari o angoli chiusi se quella che vivi è prenotata. Potrebbe somigliare a un giaciglio, o a un albero, o ancora a una nuvola... È Sortilegio scritto nelle pareti di un indirizzo celeste. Ho tirato alla sorte uno scherzetto, la mia casa cresce con me, siamo tutt'uno coi virgulti. Io e te, come primizie sottese. Tu e la tua casa, la parentesi, e l'immagine di una conchiglia, con quei suoi intagli di cerchi che giocano a rincorrersi. La mia casa è calore che si alza in cerchi concentrici, non diventa mai fumo, mai cenere, lei non muta, mi riempie. Datti tempo, ma non ti fermare. Qui la luna è nuda, senza seno nel deserto della notte con le luci prigioniere degli occhi. Distesi sono i filari del cuore quando li raccolgo dall'erbetta secca, quella silenziosa che si ribella alla campagna. La senti al tatto morire. Si imbrogliano i piedi che avvampano nella costanza, terra bruciata all'orizzonte. Poi ti avvicini all'entrata, e si ammorbidiscono i flauti alla loro eco di lucidità. Sai, dove guardano gli eroi io combatto la luce, a piedi nudi, distanti dal suolo. Vittima della chiarità, ostinata e contrariamente illusa, credevo di perdermi nella goccia che aleggia fra le nuvole. La mia casa nello zainetto traballa al suono della pioggia, ma ha cumuli di difese sul tetto, cera sui pavimenti. Scivolano le tende perlate sulle finestre, le accarezzano piangendo, come occhi che ballano al di là del vetro. Ogni ombra di un filo riporta alla paura, ne vedi spiegare il corso, ma l'argine dove si posa rimane lo stesso. Alla punta sgorga un ruscello, alba fresca del mattino, risana il pianto. Si trascinano le solitudini di quei cuori appesi, come lenzuoli che tentano il salto, ribellandosi allo stiramento. Sono panni scuciti, intrisi di noia, nessuno li capisce. Non si muove nulla, al di fuori di un'aria deliziosa. Una stagione dal passo decisivo incalza nel buio con i suoi tasselli cromati. Suppergiù di una volta baciata, a superarsi nella chiamata. Non c'è più nessuno per le strade, è tutta la città che non sa. Si va ...Cercando sui marciapiedi una briciola da seguire, ma si respira la nebbia, che fatica a settembre! ...sembra un male anche il prato. Se si perde fra l'erbetta secca la mia casa sparisce. Con essa si sbriciolano i muri, la mia strettoia si fa passerella, monto sulla duna di un' ambra velata, e mi spoglio di cadenze cromate col sale che abbonda nello stomaco. Sono il suono che il sole lambisce coi suoi raggi, vaporoso, come il niente. Dai un bacio a settembre, e lascia tutto nella mia casa, disegnata in un nido, col giorno alle finestre.
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