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Il romanzo dell'arte occidentale. 2) Dettagli

La visita compiuta dal nostro pellegrino qua sopra, si è sicuramente realizzata all’interno di una chiesa-tipo del romanico compiuto. Una chiesa magari ancora in piedi, in Borgogna, in Lombardia, in Catalogna. Eppure, affinché tale compiutezza fosse effettivamente fruibile, il Romanico dovette attraversare secoli di incertezze e di fasi intermedie, con le loro specificità e i loro lenti passi avanti. Quindi, prima che il nostro viandante possa, intorno all’anno Mille, compiere il suo giro mistico sul tragitto delle navate, tanta acqua ha dovuto scorrere sotto i ponti. La strada si è aperta con l’editto di Costantino, che recita che l’unica religione ammessa è quella cristiana; e si chiude all’incirca con il monito di San Bernardo di Chiaravalle:  "Che cosa fanno nei chiostri, dove i fratelli stanno leggendo, tutte quelle ridicole mostruosità, quelle strane formosità deformi e deformità formose? Che cosa vi stanno a fare le scimmie immonde? O i feroci leoni? O i mostruosi centauri? O i semiuomini? O le maculate tigri? O i soldati che combattono? O i cacciatori con le tube? Corpi sotto un'unica testa o molte teste su un unico corpo? Quadrupedi con la coda di serpente, pesci con la testa di quadrupedi? Un mezzo cavallo con il posteriore di mezza capra, poi un animale cornuto con il posteriore di cavallo? Con questa varietà di forme eterogenee, si trova più gusto a leggere queste che non i codici (testi scritti), ad ammirare queste immagini che non a meditare. O Signore, se non ci vergognamo di queste bamboccerie, perché almeno non ci rincresce delle spese?".
Ecco, il Romanico facciamolo finire qui, davanti a questa celebre reprimenda dell’altrettanto celebre moralista, che coincide con la prima stroncatura della storia dell’arte, in un tempo in cui l’arte era ben lungi da ciò che ne pensiamo noi oggi.  
Affermiamo che con queste parole l’esperienza romanica è conclusa, perché esse sono lo specchio di una nuova sensibilità, il cui emergere è reso possibile dall’esaurirsi di quella angoscia medioevale che aveva compulsato negli animi l’ideale trascendentale di ricompensa della vita altrove dalla vita. Un altrove popolato di angeli e demoni e altre bizzarre creature che non potevano, e non dovevano, trovare in terra la loro dimora. Il richiamo morale di Bernardo fa appello alla ragione umana, alla maturità di tale ragione, ad un Logos che è già l’aurora dell’umanesimo. E l’umanesimo non è “celeste”, è terreno, umano appunto. E il verbo del grande digionese formatosi a Citeaux, eleverà l’ordine benedettino da cui proviene ad una nuova e più severa disciplina spirituale, uno stile di vita che si riverbererà in quello dell’architettura. Di modo che, mutuando dal proprio indefettibile rigore anche uno stile edificatorio, il Cistercense trarrà al Gotico le premesse del Romanico compiuto, spogliandolo della ingenua iconografia, imbevuta di speranze celesti e di promesse messianiche, dell’Alto Medioevo. Con un accorgimento apparentemente manifesto, e del resto già in uso: l’arco ogivale.
L’arco a tutto sesta era stato la forza stessa che animava l’architettura medioevale. Che l’aveva ereditato dai Romani, che l’avevano raccolto dall’Ellenismo loro contemporaneo. Già, i Greci. Archimede aveva inventato la leva con cui sollevare il mondo; gli architetti greci, l’arco con cui innalzarlo. Tanto che nei primi templi proto-romanici ci imbattiamo spesso in piante circolari, o ottagonali: un cerchio di mura ad archi che scaricavano a terra la spinta che gli gravava sopra, una cupola, un tiburio, da tutti i lati. In modo, non di risolvere, ma di eludere il problema statico della copertura di una navata. Anche la celebre Cappella Palatina di Aachen (Aquisgrana) mostra il medesimo criterio. È la forma di croce latina dell’impianto, ricercata con ostinazione, anche per emulazione della maestà dei templi romani, a far insorgere il problema. È ciò che verrà espresso dalla parentesi romanico-ottoniana. Gli Ottoni (Ottone I – Enrico II, 962-1024) volevano essere imperatori romani, non tedeschi. E tuttavia, per eguagliare le glorie romane, fecero erigere nella loro terra enormi cattedrali (Spira, Magonza), concepite a gara coi mastodontici templi del Foro.Queste chiese, pur fortemente rimaneggiate nel corso della loro storia, si pongono come stazioni intermedie verso l’affermazione compiuta e splendente dell’arte romanica.  
Così che infine il nostro pellegrino poté permettersi la sua piccola “crociera” all’interno della “nave” paradisiaca che lo avvia alla salvazione. E, come scrisse Rodolfo il Glabro, monaco di Cluny, l’Europa si ricoprì di un bianco manto scintillante di maestose cattedrali.
 
 

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