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Basto

La consacrazione arrivò all'improvviso, su di lui, mulo mal domato, a causa di un litigio vago, come il battito d'ali d'una farfalla amazzonica, un insieme di conseguenze, lui non c'era in tutto questo, capitò lì per la disgrazia di una citazione, ci rimbalzò per la tigna di qualche ossessione, montò per il soffio di preminenti bocche.
Il mulo non sapeva che adesso era un mostro sacro, continuava a mulinare in tondo, lasciando il solco delle sue cinque gambe, seguiva il filo parallelo di quella polemica, ma soltanto perché quello che era e faceva, diventava nutrimento di quello che era diventato uno scontro filosofico, in cui ognuno pretendeva il suo particolare punto di vista.
Ora c'erano due muli, quello concreto e un po' burino, che girava sulle sue cinque gambe e quello ideale, su due zampe, mani in tasca e pantaloni larghi. Il primo col secondo erano agli antipodi, di lui mulo da basto e bastone non era restato niente in quella ideale follia da salotto, un concetto tagliato alla Julienne, in cui mozziconi di frasi venivano conditi e mischiati per il particolare gusto degli astanti, anche il suo presente non era; se al principio della faida veniva usato come paragone, adesso veniva malamente interpretato come diretta risposta a questa o quella obbiezione.
Il mulo veniva offeso e lodato, esaltato e deriso, mentre lui ligio al suo cerchio continuava a mulinare le sue cinque gambe, indifferente a tutto quello che non fossero dure,legnose e dolorosamente reali legnate, faceva quello che faceva sempre, calcolava l'esattezza del suo cerchio dalle botte prese, l'alterna fortuna del suo omologo dandy, derivava dal caso e da terze forze in campo, che accampavano e scampavano, scappavano e inseguivano.
Cadde in disgrazia, morì, risorse, conquistò il mondo e perse la Kamchakta, il tutto continuando mulinare cerchi con le cinque gambe, di quel lui etereo rimase l'impronta di scarpe a punta larga in qualche sperduto scaffale di biblioteca.
Dell'altro se ne può dedurre il passo dal circolo che era solito lasciare.

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