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“Ti sprigionano le velleità dal petto cavilloso e glabro, mutuato dai Maori, ormai brilli di casette di legno americanate, e tu le trastulli nel tuo spazio unico, che ha visto pintoni di vino a pranzo, per ingurgitare lo stopposo del pane del giorno prima, pirla!”
I moniti a degli indomiti schiavi, era il titolo delle conferenze che teneva VanGioggio ai creativi delle giornate festive, per persa perseveranza, si era ritagliato uno spicchio di vana gloria e pure la trombava tale Gloria Perdifumo, mentre offendeva ogni genere di vena le vedesse spuntare dall'ogni dove, aveva anche fatto il Brando da branda, rimodulando di tempi moderni il burro del discorso.
“La verità te l'ho tolta con il tanga, senza issimo, sei al massimo un ricettacolo, un computatore di uni e zeri, lo feci e le feci, questo sai essere, nemmeno immonda, che ti sei lasciata traviare dalle marmellate fatte in casa, vegana dei miei ciufoli”
Continuando così per tutti e due i minuti della performance amorosa, come fosse a uno dei suoi seminari, disseminati per la suola dello stivale, dove trovava ad ascoltarlo un uditorio di scettici, che per il resto accoglievano tutto, facendo del discorso, verbo, pronti a gruppi di trentuno a venire a pungolarlo sul vivo delle inezie.
Teneva banco, tenendosi lontano dal circuito, nei pressi, come un randagio chippato dell'harem, Castruccio Castracani così lo aveva chiamato una volta un tale, che aveva preso quasi seriamente una sua sortita, lui oppose il silenzio che tutto dimentica, sortì altrove con veemenza, verso altri eunuchi di grido stridulo, faccia a faccia, guance e schiaffi.
“Vili, cullate i sogni e marginate la realtà nei quadretti delle strisce americane, la parola vi parla la lingua dei vostri rosolati culi da poltrona ergo nomica, codardi, gli strali insanguinati, che avete stiracchiato ammazzano la noia, annoiandola, non me ne faccio più nemmeno un baffo dell'arte, io ricomincio dal niente e ve lo vengo a portare coi calci nel culo, venite, uno alla volta o anche tutti insieme, vi spezzo ad uno ad uno, vi sbriciolo e vi rimpasto, vi servo alla mensa dei diseredati, vili!”
Vangioggio aveva quel tanto di testa da vergognarsi la notte, nel suo spazio unico, che ancora conservava una idea d'unto, che ancora conversava con il poco che era stato alla base, non ne seguirà certo il corso, probabilmente si affaccerà di giorno verso qualche cosa di lancinante, un crampo che lo farà sfogare di un dolore diffuso.

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