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Un diverso ordine

La metteva a nudo con le parole e con gli sguardi, le mani per il momento rimanevano nelle tasche, gli girava intorno e la tentava di parole, il suo corpo era il campo di battaglia, nascosto agli attacchi, la giacca, la camicia di seta, il reggiseno di pizzo, una gonna stretta e lunga, appena sotto il ginocchio, le gambe velate di un grigio luminoso, nell'intimo si adagiava un pizzo nero, che non stringeva.
Le parole erano sussurrate vicino al volto, non dicevano niente, volevano solo scardinare il rigore, aprire porte, lei si difendeva in maniera razionale, usava le parole per il loro significato, stringeva il noto come un bambino.
Lui usava gli sguardi per distrarla dalle parole, che a lei dovevano capitare addosso improvvise, dovevano spogliarla dei pudori della retorica, farle sentire il peso del suo corpo.
Adesso era lei che usava le parole, non arrivava mai al termine, il rigore si confondeva coll'umore, le sue labbra rosse mischiavano il senso con la saliva, il suo fiato portava sangue al corpo.
Lei non si accorse subito delle sue mani, sembravano ancora il vibrare delle parole, il caldo degli sguardi, perdeva pezzi di ragione, aveva sempre meno cose attaccate alla pelle.
I suoi occhi adesso brillavano di qualche cosa che aveva dimenticato, non sapeva come dire, ma continuava a buttare parole fuori dalla bocca, le mani di lui seguivano il discorso.
La mattina dopo è tutto sconcio, bisognerà trovare un nuovo ordine.

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