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Femminilità Venexiana

 
Già nel 1500, Pietro Aretino, che morì  infatti a Venezia nel 1556, ebbe a dire una frase emblematica: "I veneziani  vuole robbe sode e non petrarchescherìe", come a dire che i Veneziani vogliono donne vivaci e di sostanza, alludendo  forse, di contrasto, alla immagine irreale e mitizzata della donna, cantata da poeti suoi corregionali.In effetti la donna  veneziana era molto presente nella vita sociale, di cui quella famigliare era solo un aspetto. Mi riferisco certamente alle donne del patriziato, le quali  accedevano  spesso ad alti livelli di  cultura. Elena Lucrezia Cornaro Piscopia  è stata la prima donna al mondo a laurearsi, in filosofia, nel 1600, presso  l'illustre università di Padova; un' insegna in pietra, tutt'oggi affissa in prossimità del Palazzo Comunale, ne ricorda l'evento.
Sempre nel secolo precedente, spicca  quale  unica figura di rilievo, la  cortigiana detta "honesta" Veronica  Franco, letterata, che ha lasciato una bella collezione di  sonetti e che viene tramandata come donna colta, molto ricercata anche per la sua intelligenza. Oltre che per prestazioni costosissime.
Ma anche alle donne appartenenenti a quella  che potremmo definire oggi "la borghesia", ossia alle mogli  dei mercanti e dei " banchieri"  era attribuito un ruolo sociale  rilevante soprattutto nell'organizzare incontri e feste (c'era l'usanza diffusa nel '700 di organizzare serate di  gioco da tavolo e salotti di conversazione, nelle abitazioni private) durante le quali uomini e donne scambiavano liberamente  e con pari considerazione, le proprie opinioni. Le commedie goldoniane sono un esempio di questo vivere sociale di scambio ( che  culminava nel periodo di Carnevale con l'apertura di  tutti i  teatri della  città) e  di contrapposizione  tra uomini e donne,anche se il Goldoni parteggia apertamente per l'acume e il senso di ironia delle  donne della sua  città. Non a caso egli scriverà  la commedia "Le morbinose", ossia  le  briose, le donne di buon umore.
Ritornando ancora al 1500-1600, le donne appaiono a Venezia  in pubblici spettacoli da strada, come giocoliere  e come toreri. Infatti abbigliate in uno strano costume assai scollato e con una parte delle gonne  rialzate, esse, assieme ai maschi, conducono  tori e li aizzano  nel grande  campo San Polo, come dimostra una incisione del Franco risalente  al 1591. Per non dire poi del fatto che le  donne, a Venezia, sono avvezze alla voga di barche chiamate  "mascarète", molto leggere e maneggevoli. Attività di certo  imposta dalla natura  dei luoghi, per spostarsi da un' isola all'altra, e  che è ancora oggi normalmente  praticata.
Non si creda tuttavia, sempre con riferimento al 1500,  che le classi sociali potessero facilmente  confondersi.Venezia  resterà sempre una oligarchia di patrizi, fino alla sua fine. ll figlio del senatore  Andrea Morosini, nel 1500, venne condannato a morte per aver baciato in un pubblico una popolana...
Egualmente le donne erano molto presenti  nella  vita conventuale e non certo per spiccata  vocazione. Venezia e il suo Patriarcato hanno sempre  tenuto legami molto particolari con la Chiesa Romana, dalla quale - come  forse avrò modo di dire in un altro contesto - essa cercò sempre di mantenersi  autonoma da qualsivoglia  ingerenza  nella  sua vita civile. Ma  nei conventi, come dimostrano  quadri dell'epoca e le  riproduzioni del Longhi  (esposte in Ca' Rezzonico) , vi venivano ristrette le figlie  dei nobili , non solo a fini educativi  ma soprattutto per evitare che  interferissero  nelle eredità in favore dei  fratelli maschi. Non essendo queste fanciulle interessante alla vita religiosa, presto i parlatoi dei conventi si trasformarono in sorte di salotti di conversazione, di tal chè non pochi vennero chiusi aleggiando  sugli stessi anche una  dubbia fama.
Chiudo questa mia modesta esposizione, ricordando come  l'immagine ufficiale di Venezia, sin dal XIV secolo,  sia quella di una donna che incarna la Giustizia. Con una corona in capo, una spada ritta alla mano sinistra e una bilancia con i piatti in  equibrio, alla destra. Due leoni marciani ai fianchi. Vedasi tela di Jacobello del  Fiore conservata all'Accademia. Con il tempo questa immagine rigorosa  di Venezia-Giustizia, si addolcisce e nel 1700, il Tiepolo  la rappresenta come una dama suntuosamente abbigliata, con fili di pele al collo e acconciatura settecentesca dei  capelli,la quale dama riceve doni  da Nettuno (   tela del Tiepolo in Palazzo Ducale). Anche da questa iconografia  si avverte l' incalzare dei  tempi e l'avvio del declino veneziano che vedrà contrapporre  alla fine della Serenissima il mantenimento, fino allo stremo, di un inusitato sfarzo.
 

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