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Osservazioni di Giuseppe Pontiggia in merito alla Letteratura, allo Stile, ai Classici.

Vorrei condividere con Voi alcune osservazioni e pensieri  di Giuseppe Pontiggia,  argomenti che egli espresse nel novembre 2002   durante un incontro presso  l 'Università di Bologna, in merito ai Classici e alla Letteratura. L'intero  testo  della sua  conversazione è stato raccolto in un piccolo libro dal titolo " I classici  in prima persona", Oscar Mondadori. Ne ho tratto alcune parti che a mio avviso sono molto interessanti per chiunque  ami leggere e soprattutto scrivere. Vi si coglie una profonda riflessione sulla ragione  dello scrivere, sullo sforzo espressivo  dello scrivere culminante nello stile, sulla filosofia stessa che tale attività umana esprime  nel mantenere  un collegamento con il Passato.
 
"  Io penso che la letteratura  sia critica del linguaggio; è tante cose, ma direi che è sempre critica  del linguaggio, perchè essa recuperail senso delle parole, recupera la potenza del linguaggio, restituisce una  vitalità che la parola dei classici aveva e che noi riscopriamo tutte le volte che li leggiamo.  La parola - che è l'oggetto  più mercificato oggi - diventa dunque  irradiazione di energia e di verità, se noi leggiamo i classici.  Si capisce qualche cosa  quando ci emoziona molto. Dante io l'ho studiato al liceo e non mi  emozionava, non lo capivo; così pure all' Università non lo capivo, nè mi dava emozioni. L'ho capito dopo aver letto un saggio di Eliot  su  Dante, uscito  da Guanda prima  della guerra; un saggio fondamentale  che recuperava l'allegoria  non come sottrazione intellettualistica ,ma come aggiunta di potenza alla poeticità dell'immagine.  Dopo aver letto Eliot, Dante  è diventato un autore straordinariamente carico di vitalità, di potenza, di emozione.
 
L'impegno  sullo stile è analogo  sia nel campo della narrativa sia nel campo della  saggistica;  faccio, descrivo, collaudo, riprendo, correggo. Ho impiegato un anno e mezzo a  correggere " La  grande sera ", che aveva vinto lo Strega, ma aveva  ricevuto delle critiche, purtroppo  - lo devo riconoscere - che ritengo motivate. C'era  un colorito retorico un po' troppo sottolineato, un po' troppo forte; il gusto delle antitesi e degli ossimori finica per pervadere  il linguaggio, veniva percepito come un eccesso e me ne rendevo conto io stesso...
 
Lo stile, io direi, è la felicità: è la felicità  del linguaggio, è piacere del linguaggio. Non è un valore formale, distaccato da quello che il testo dice,e tuttavia noi lo percepiamo come una sorta di piacere aggiunto.Non so come dire: quando scrivo,se una frase mi viene bene, la tengo, se non mi viene bene ci rinuncio. questa è la differenza fondamentale, penso,  tra uno scrittore che lavora  come me - non voglio dire che tutti lavorino così - e una persona  che vuole  comunicare  delle idee e che, pur di comunicarle , si avventura in uno stile barbarico, noioso, prolisso e pedante....Molti  scrivono solo per comunicare idee, e va benissimo. Io non scrivo solo per comunicare idee: io vorrei comunicare anche un piacere....
 
Un classico è un autore  di cui noi decidiamo ogni volta che è vivo...Se devo dire che cos'è un classico per me , è un autore che quanto più leggo, tanto più scopro ricco. Avviene il contrario con  un autore modesto: più lo leggiamo e più lo detestiamo. Un  classico non ha bisogno di molte mediazioni; naturalmente la mediazione critica è importante, è indispensabile per la lettura, per la decifrazione e l'intepretazione del testo: Però un classico  è un autore che ci prende rapidamente: dice cose che ci  riguardano. E' una differenza abissale: la cultura ci dà sì un piacere molto forte, ma un classico ti tocca in profondità.
 
Personalmente non credo che sia indispensabile conoscere il latino  o il greco per  diventare un classico moderno. Mi spiace  dirlo perchè ne sono innamorato, ma noi  non dobbiamo  considerare la classicità come l'unico accesso alle invenzioni delle forme e del linguaggio:  dobbiamo considerarlo un patrimonio  strepitoso e , per chi lo sa avvicinare, irrinunciabile.  "
 
Ho qui individuato solo alcuni " snodi " della conversazione di Pontiggia. Per quanti riuscissero a rintracciare il piccolo libro assicuro che esso può rappresentare anche un  ottimo supporto di osservazione e di critica per quanto leggiamo e per quanto noi stessi scriviamo.
 

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