Una pecorella smarrita | Lingua italiana | Mariagrazia Dessi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Una pecorella smarrita

Gra’ il mare lo viveva come una scema, perché non sapeva nuotare, pescare e, nonostante avesse sempre un libro appresso, al mare non sapeva neanche leggere; il sole la annebbiava e stava sempre ricominciando dalla prima pagina e restava pure sempre nella prima. Si arrendeva quasi subito e, distesa sulla sabbia, trascorreva quasi tutto il tempo ad osservare e ascoltare la gente che aveva vicino; così aveva sempre qualche cosa da raccontare alla madre, una vecchia di più di ottant’anni, quando di sera andava a trovarla per farle un po’ di compagnia, mentre lavorava a uncinetto, senza sollevare lo sguardo. L’ultimo racconto era stato:
 
“Oggi due bambine hanno fatto un fosso grandissimo sulla sabbia e vi si sono infilate dentro. Secondo loro, quello era un ristorante e loro le cuoche e le cameriere.  Dopo aver fatto un mucchio di polpette con la sabbia bagnata, hanno domandato al nonno: - Signore cosa ordina? -. Lui (una montagna d’uomo tutto peli, che lavorato all’uncinetto ti verrebbe un copriletto) ci ha pensato un po’ e ha risposto: - Spaghetti alla bottarga -. Loro hanno riempito una formina di alghe e, sculettando, gliel’hanno avvicinata con un bel: - Buon appetito!-.
Nonno Kingkong si è legato il tovagliolo al collo – una busta di plastica - e, facendo finta di mangiare, è rimasto dieci minuti dicendo: - Gnam, gnam-. A me è venuto da ridere; lui se ne è accorto e mi ha detto: -Favorisce?-.
 
La madre può essere che abbia esclamato: - Gentile! – oppure: - Che tonto!- se, distratta dal racconto, fosse di aver perso il conto: quello dei punti della faccia di padre Pio, una specie di filet che stava ricopiando da un giornale. Inutilmente la figlia aveva cercato di distoglierla: - Perché non fai Che Guevara? Lui sì che era un Santo. Pensa: è nato a Rosario! -.
Bianca come una supposta, neanche l’abbronzatura a Gra’ le veniva in grazia di Dio: tutta a strisce.  Aveva lo stesso candore del padre, quando magro come un’acciuga, si metteva in costume da bagno, non per andare al mare, ma per scendere dentro il pozzo, dopo averlo svuotato con il motorino, per raschiare il muschio che cresceva sulle pareti. Gra’ con le sorelle si pisciavano dal ridere. Un giorno, affacciata al parapetto, gli disse: - Mandami una cartolina!-. Lui, quando uscì, le dette uno schiaffo a tradimento.   
“Ma chi me lo farà fare a venire tutti i giorni al mare?! Forse ha ragione mamma, quando dice: - Io al mare? Quando il  mare verrà in paese –. “
Questo stava pensando Gra’, alle tredici meno un quarto, mentre camminava lentamente – perché era ancora presto – verso lo stradone, dove avrebbe preso la corriera, che l’avrebbe riportata dalla spiaggia di Quartu al suo paese.
Ogni tanto si chinava a raccogliere una pietruzza.
A lei le pietre piacevano troppo e con esse faceva come con le nuvole o i profili delle montagne: il gioco di quello che mi pare. Ma con un pezzo di ferro non l’aveva mai fatto. Lo vide proprio alla fine della spiaggia, dove cresce quell’erba che punge le gambe e dove si raccoglie un sacco d’immondezza: palline di alghe, pezzettini di stoffa, carta, gratta e vinci, pezzi di mattone, buste di plastica…
Le era sembrato subito una pecorella, come quella che può disegnare un bambino della scuola materna. L’aveva raccolto di nascosto, perché era vergognoso frugare nella spazzatura. Giunta alla fermata della corriera, rivoltandolo da una parte all’altra,  cominciò a storcere il naso, pensando che ciò che aveva nelle mani, in un attimo tutte sporche di ruggine, poteva essere il residuo di qualche bomba. E perché no? Gli americani ne avevano riempito tutta la spiaggia, si diceva per liberarci! Il padre del compare, finita la guerra, era andato con altri soldati a raccoglierle. Una scoppiò, sollevando una nuvola di sabbia arroventata, che lo accecò. Magari era un pezzo di quella. E se conteneva uranio  impoverito?
 Forse quel pezzo di ferro era meglio lasciarlo sopra il muretto del campeggio, dove era appoggiata, aspettando la corriera, e da dove a quell’ora saltava sempre fuori un bell’odore di muggine arrosto, che le faceva venire l’acquolina in bocca. E così fece. Però provò subito un non so che. L’idea della pecorella era più forte, le inteneriva il cuore e la faceva sentire in colpa. Allora, per mettersi l’anima in pace, sotto le mise un bigliettino con una specie di S.O.S.: “Io sono una pecorella smarrita”.  Dopo, a casino l’introspezione, muovendo le dita sopra le cosce, come se avesse un computer, fece il viaggio, fino all’ingresso del suo paese, chattando. E tutto faceva lei, botta e risposta:
 
- Io sono una pecorella smarrita -
 -Peggio per te che non usi il navigatore!-
- Sono a piedi -
- Io sono il buon pastore. Se vuoi ci incontriamo -


A parte le cazzate –“buttafuori” sempre puntuali, che l’aiutavano a liberarsi dalla tristezza – quella pecorella con quel biglietto, potevano far accadere qualche cosa: almeno un battito di cuore, nel caso fosse un residuo di bomba. Invece niente.  Per tutto il tempo che aveva continuato ad andare al mare, nessuno notò quella bestiolina e, ammesso che qualcuno l’avesse fatto, nessuno commentò il biglietto. Si vede che, come nel film “Le parole che non ti ho detto”, funzionano solo i biglietti dentro le bottiglie o il titolo che uno si scrive in testa. Il suo era diverso: “Le parole che vorrei dirti”.   
L’ultimo giorno di mare, per quell’estate, mentre saliva sulla corriera, all’improvviso, come se avesse sentito un belato di disperazione, dicendo all’autista che aveva scordato qualche cosa, tornò indietro e portò via il pezzo di ferro. Alla fine poteva anche essere un’opera d’arte. Il professore, alle magistrali, non le aveva forse insegnato che “l’arte non è verosimiglianza”?
-Quando arrivo a casa, la metto dentro un vaso di fiori. L’ossido di ferro fa bene – disse mostrandolo all’autista che l’aveva aspettata a urla: - Bisogna muoversiiiii! – e che rimise in moto pensieroso: - Perché “ la metto”? Lo metto! Il ferro è maschio -.
 
                                                 
 
 
 
 

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