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Il cielo vuole il suo esempio: la forma, una dimensione sopra il sentito, e invece la vita

 appesa un dettaglio: a un'altra vita che sia senziente. Nei sentimenti che dono colgo quella scia che lasciano. Impronte tracciate: la mia testa

non osa toccare la soglia delle simmetrie distese

perché nulla al mondo è così fragile dei flauti a levare

e battendo

sussurrando esistenze

che cedono allo spazio

un gesto sul finire:

 

[ho avuto occhi quando nel vivere ho colto la non-vita: quando qualcosa si conclude ti viene restituita: un fatto ti si concede, poi lo trovi vomitato nella sua ombra deliziosa,

sulla panchina]

 

Il pane nella macina 

 _freddo

l'acqua accoglie il suono 

nel suo accarezzare pietre su pietre

 

lo spazio è pausa

nel passo che si conclude

e lo senti sussurrare

a mani puntate

lo spessore pieno, non la cintura.

 

vita senza fame nel tempo

con quell'aria fine che nel passo rimane

alle scarpe strette

alle vele striate

 quando il  mondo si spalanca

con in testa il colore

e aspetti

mille mila solitudini, o l'una che si aggrappa all'altra

nelle radici calde,

per poterti riposare

in noi

figli dai corpi sfilati

che aspettano che si perda

 di nuovo

il filo e la cruna.

 

Dolce vento del solenne affanno di una morte

dove l'assenza è l'eccentrico sorriso di un tuono

la mossa e l'infinito color del canto indicibile

è tempo anticipato 

nel sole che riscuote

le sue nubi ghiacciate al solco di navi assolate

io, incinta dei miei remi

mi riempio di essenze 

prima di destarmi di nuovo

con l'alba nel bicchiere

 

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