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Ventre sommerso

Qui, ci insegnano a patteggiare
con le spine di un dorso, 
il discorso di una rosa
è l'alba che accresce al di fuori di noi, 
appena scivoliamo dalle dita
riveliamo le smorfie, o con la scusa di grazie
ci avviamo verso un canile di buoi. 

Coinvolti nella fame, corriamo scalzi
verso la premura di svestirci
dalla nostra aria di inquietudine,
e poi si verte l'inverno verso i polsi
siamo quadrilateri di qualcosa
che ci urta contro il suo avvenimento.

È il timore di rimanere orfani 
di un cominciamento di fioriture,
la primavera incombe come un urlo
si tende a lanciare verso il ventre sommerso.

Capiamo che siamo solitudini
di un moltiplicarsi di canzoni,
le ascoltiamo mentre tutto, sembra,
crolli tra le espressioni delle mani, il gesto
diviene il pasto di una sentenza delle cose. 

Siamo qui, per decidere quale pugno sarà più forte di una caduta.

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