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Da Domani (Dopo il coronavirus)

Come tutto ciò è iniziato? Il pipistrello, l'untore?
Intanto il virus a forma di corona più lesto
di un proiettile ha saltato le specie
e si è messo a volare come la polvere
che si alza dai detriti. E ora è re.
Il re del pianeta delle scimmie
in guanti e mascherine.
Globalizzatore del predominio.
Signore del deserto.
Ma intrappolato nell’uomo
e come lui in quarantena.
Spazzino del decamerone.
 
So che vita, violenza e virus hanno la stessa radice.
E che la vittima è il vitto del virus che la viola. Un vizio.
Ma che enzima digestivo è l’uomo che tutto divora?
 
La caccia è aperta. Ricercatori studiano
il genoma del batterio per combatterlo.
Inseguono le sue mutazioni.
Siamo nelle loro mani. C'è chi dice di Dio.
Ma tu ascoltami lettore, ci serve controllo,
ora siediti e disegna un mappamondo ferito
trapassato da una freccia sanguinante.
 
Son giorni ormai che mi porto una conchiglia
sulla bocca e chiedo “chi c’è là dentro?”
Ma la casa di pietra resiste e nessuno apre che
ho pensato di ridipingerla di blu dall’interno.
Tutto passa, scorre, scivola, corre.
Ce ne siamo accorti anche dai passaggi di luna
che gonfiano le acque alle nostre caviglie.
Ed è paura ora che tu non ritorni o luna!
Solitario occhio senza ciglia, sorgi ancora,
perché il roseto di te avvolto
seguiti a fiorire e il radicchio maturi.
E tu candela in pieno giorno continua a risplendere
come una melodia zampillante da una fontana.
Perché se c'è il sole son contento. Se piove, piove.
 
Da domani devo tornare da chi non ho saputo amare bene.
Sono centinaia. Migliaia.
Vi mostrerò tutto l’amore di cui son capace.
Ah la mia specialità di ferire gli altri!
A volte ci penso.
Quelli che ho finto di non vedere
facendoli sentire più soli.
Quelli che mi hanno teso la mano
e io ho ignorato.
Medicare la vita.
Medicare in tempo.
La distrazione è un altro virus.
Sento di aver ferito con occhiate di sdegno.
Da domani sarò più gentile.
Ora che sappiamo quanto male ci fa la distanza.
Ora che marci son gli abbracci e i baci coi bacilli
e ogni contatto un contagio.
 
Cambierò. Chi cambia ha saputo apprendere.
Cercherò la parola giusta per scacciare la paura.
Il tono più adatto per i tuoi e i miei fantasmi.
Sorriderò di più. Di te avrò più cura.
La parola chiave è “per favore”.
Puoi provare con “scusa”
e il sempre “grazie”.
Chiedere scusa senza aspettarmi nulla in cambio.
Chiederla solo perché è giusto.
Imparerò come si dice scusa in dieci lingue diverse.
Noi che abbiamo tirato tutti i sassi della spiaggia,
fino all’ultimo.
 
E la Primavera che non sa mai di nascere
e non finisce mai di donarsi,
ora ringiovanisce l'arso e l'estinto.
Largheggia di impulsi e di promesse.
È arrivata con le migliori intenzioni.
Prolunga l’equinozio che fa la notte
uguale al giorno ovunque nel globo.
Ho speranze? Se il primo ambiente da pulire è me stesso.
La prima bonifica sono io.
Imparerò dove ho sbagliato.
Voglio vincermi.
Possibile che Io sia
inconoscibile,
ingovernabile,
incontrollabile,
inespugnabile,
invincibile?
 
Guarderò tutto di più.
Senza perifrasi o parafrasi.
A pause e riprese.
Dieci volte la prima volta.
Perchè il mio sguardo sia gioviale come un melograno.
Ascolterò di più, parlerò meno.
Additerò gli arcobaleni ai passanti distratti.
Guarderò di più i fiori, gli alberi, gli insetti,
prima non avevo tempo.
Imparerò i loro nomi, gli odori, a menadito.
Farò attenzione al tappeto di margherite su cui metto i piedi.
Com'è sacra la terra che calpesto!
Non farne scempio.
Il sole, il mare, il cielo, ci sono da sempre. Io no. Tu no!
Il dono può essere sperperato o ricevuto
senza gratitudine, senza saper ricambiare.
Invece inquiniamo e poi ripetiamo
che ormai solo Dio ci può salvare.
Sento che siamo come Lady Macbeth
con le mani macchiate di sangue
e ci diciamo che con un po’ d’acqua
sotto il rubinetto andranno via.
 
Da domani mi comporterò meglio.
Non farò passare un giorno senza fare
domande o senza stupirmi di niente.
L'incuria è un altro virus.
Sopravvivendo son come nato daccapo.
E rinascerò a ogni momento
per l’interminabile novità del mondo.
Mi farò uomo di più passione e passioni.
Sì, la passione. Ciò di cui s’inebria la falena
che muore di gioia e non di luce.
La passione. Vino di corimbi e sepali di gardenie.
Ciò che fa scintillare la spiaggia con ogni suo granello.
La forza che gonfia i flutti e le spighe.
Che ingravida la terra di frutti.
La lena che arma i venti.
Ciò per cui un cuore vivo picchia.
 
Altri tempi da domani dopo il coronavirus.
Vita nuova. Tempi nuovi. Moderno raptus.
 
Ma non vorrei che le mie parole
attraversassero l’aria come un gong
sommerse dal chiacchiericcio
e dai clacson che suonano a morto.
L’indifferenza di chi non guarda
e dice non mi riguarda.
 
A volte le cose non vanno come le avete immaginate.
Possono andare anche meglio.
Non bisogna mai sprecare una buona crisi!
21-3-2020

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ritratto di Piero Lo Iacono
 #
grazie Nefelia
 

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