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L'uomo che aveva accanto

 

Lui sedeva su un disordine, tagliava le arance e premeva la lama sul mio petto.
Il succo scendeva dalla punta della lingua e avanzava sui denti dell'affilatura.
Una marcia lenta, di una densità grumosa.

"Dovresti affondare nello stomaco"  dissi.

Gli rubai la stretta dalle mani e spinsi il coltello contro la parte superiore del mio ombelico.

E' così tenero vederlo mentre cerca di farsi coinvolgere in una solitudine che non è la sua.

Mi prende un senso di vergogna, ogni volta, quando s' intestardisce per capire gli orrori della mia vista.
Non posso mostrare tutto ciò che sono.
Sono quello che non vedo. Dentro il nero che non conosco, sento qualcosa che non capisco.

Il senso focale della mia vita, sta nel respiro.

Ascoltami respirare e mi vedrai trasgredire.

L'uomo che aveva accanto, ci guardava e sorrideva.

L'uomo che aveva accanto, era la parte estranea di lui, quella che comunicava con la me, all'esterno di me. Fuori da noi.
Profondo in nulla, se non nel godere della felicità che mi invogliava al suicidio.
Era la parte che mi stringeva il collo e mi teneva per i capelli, strattonandomi sul bordo della vasca.
Era quella che mi odiava e che voleva davvero uccidermi.

"Perchè sei triste?"

Lui al contrario si preoccupava di quelle tentazioni che catalogava come vizio pericoloso.
Del viso vuoto, dopo le risate assordanti.  Mi esilaravo così tanto che a un certo punto dovevo piangere.
Si preoccupava, delle immersioni nell'acqua ghiacciata e del mio corpo, che diventava sempre più blu.

"E' l'unico modo che mi è rimasto per amarti. Lo sfogo del sentimento intasato, dopo aver sbrogliato il gomitolo dei sogni.
Ma stai tranquillo..."

Mi strideva il fiato, fra i denti e gli occhi erano tombini scoperti lungo una strada vecchia, fatta di toppe.
L'ingresso per vedere le mie fogne.  Laggiù, dove si nasconde l'anima.

Ho sempre amato il ciottolìo dell'asfalto rotto, schiacciato e compresso, dal peso di pneumatici sporchi.
E' un passaggio. Ho sempre amato la superficie della terra. Una crosta con due facce. Sopra e sotto.  Buchi che si riempiono e collegano un mondo all'altro.

Tutti hanno bisogno di ferite.

Chi si oppone ha già perso la rugiada fresca del mattino, lo sciogliersi del giorno, e in notti grandi come queste, nell' accasciarsi del corpo, si potrebbero sentire gemiti arrivare da ogni angolo della stanza.

I gemiti erano fuori dalla mia testa, ma quando mi concentrai per capire chi fosse o qual'era il punto preciso da dove arrivassero, sentii le mascelle staccarsi dal viso.

Ero io che gemevo.

Sentii mia mamma che mi spingeva fuori dall'utero.

Ero io che stavo per nascere.

Fissammo l'immobilità del corpo per ore, ma ormai ero già lontana.
Fuori dalla stanza. Fuori dalla casa. Fuori dall'attrazione gravitazionale che fa precipitare quei corpi, che non trovano altro motivo.

L'uomo che aveva accanto, iniziò a urlare orrendamente.

Vidi la pace, proprio lì, dov'era finito il dolore.

 

 

 

*Questo è lo stesso luogo, le cose non sono cambiate.
 

 

 

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