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Palle, pesci e possibilità

Stupore è il rimarcare la voce tenendo tutto dentro in un'ansa del giorno come fosse una vita intera. 
le candele immobili sulla madia danno il senso alla luce, alla finitezza delle fiamme e al bruciore della cera. 
un'altra volta, era la palla dei pesci a fissarmi lo sguardo, smarrirlo nel cerchio ostinato dei contenitori quando salire le pareti sapeva di balsamo e salto nel vuoto. 
gli amici per la pelle stagnano su pori semiaperti o dentro una tazza blu di ceramica blu madeinchina. sedimentano in propositi per gonfiare di gioia polmoni stretti nelle gabbie strette.
ogni tanto spolvero, raramente spolvero. ci passo accanto e ne sfioro il manico; lascio un cerchio marcato che delimita la zona franca.
una striscia di esperienza avida decisa dalle mie mani. ah le mani, le mani a coppa!
calamite di carne, diramazioni di dita come tentacoli di desiderio, lombrichi sempre pronti a infilzare la terra.
se è vero che si può vivere del solo essenziale, dell'invisibilità della strada maestra, allora mi stendo senza voce nel giardino, o sulla sabbia del mare (che diceva il poeta essere uguale).
vesto di nulla se non di pelle e testamento.
sdraiata con la forza di gravità nel mio mattino, bacio il volto al mondo e spalanco il naso alle possibilità.
poi conto
 

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