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Senza titolo: Una foto della realtà in cui viviamo

Se è lungo, se vi annoia, se non avete tempo, vi prego di non leggerlo. Ma se deciderete di leggerlo, fatelo tutto d'un fiato, senza pause, senza interruzioni. E' una fotografia, non si analizza, si fissa un attimo e poi si butta via.
 
Prendi il prossimo treno, alla prima fermata scendi, non voltarti. Corri.
 
Vincere la monotonia incessante con gare d’inchiostro su piste bianche, stralci di piacere ancorati nelle viscere del sapere. Contatti, afrodisiaci momenti di pace, la banalità della successione temporale. Temporale che ti bagna, annegare nelle onde di un mare di disperazione, nuotare per godere. Respirare. L’aria rarefatta dei periodici, ipocrita ricerca di fama non qualificata. Fame di fama. Niente per nessuno. Bisognosi di carta, la carta che muove il mondo, incessante movimento ripetitivo, noioso. Tragicomico. Immagini in sequenza fungono da sedativo, false risa nel costante alternarsi con futili piagnistei fungono da lassativo. La tua cura in sedici noni.
 
 
Pensare per star male, avvelenarsi l’animo per la folla in movimento, la follia, l’accanimento. La terra attrae la mela su cui scagliare un dardo, la terra attrae il tuo corpo che sarà terra. Una donna sarà tua, una donna sarà terra. Mescolare la Terra. Tenere il tempo, battito dopo battito. Uno. Due. Tre. Correre. Fretta. Gare di resistenza. Il conto alla rovescia è iniziato. Essere ricordati dalla Terra è lo scopo primario. Attrazioni gravitazionali, le tue relazioni sentimentali cadono giù come la mela di Newton. Attrazioni gravitazionali. La natura ama, la Terra scopa col sole e dona dolcezza all’umanità. Esternazioni corporali di glucosio. Tagliare gli alberi per asciugarsi il culo.
 
 
Muoversi di moto circolare uniforme nelle città scintillanti, le città lampeggiano per l’ennesimo anniversario della nascita di un uomo morto da madre vergine. Falegnami poco famosi tornano nelle loro case misere ma scintillanti, non ci sono animali da soma a scaldare i loro cuccioli. Figli di eroi. Figli di padri coraggiosi. Padri degni di nota. Le note si rincorrono nelle strade, piacevoli inseguimenti ricchi di banale ingenuità. Vibrano i tuoi timpani di freddo e di piacere, tremano.
 
 
Le mani tese del mondo cercano aiuto nei tuoi occhi, mani scure di lavoro, mani asciutte di colore. Donare carta che muove il mondo in cambio di temporanea soddisfazione, intollerante disfacimento, negli anniversari di nascita il mondo è generoso.
 
 
Imponiamo un valore agli alberi strappati alla terra e fatti a fette, conduciamo guerre, spargimenti di tiepido sangue. Lacrime di madri incrementano il volume degli oceani.
 
 
Fama, fame di fama. I profetici pochi futili minuti di gloria preannunciati da Orwell in cambio di spargimenti di sangue. Delitti misteriosi. Invecchiare nei tribunali, contare i capelli bianchi negli studi televisivi. Le pungenti frasi di vespe mezze gialle e mezze brune, sentirsi immortali nei plastici di Avetrana. Bere l’acqua santa dal pozzo, trovarci dentro defunti famosi. Scattare fotografie.
 
Dirigersi nelle chiese in giovane età per confessioni orali, perlustrazioni  rettali per un infanzia migliore. Tuniche marroni acconsentono spargimenti di sangue.
 
 
Votare pregiudicati, anziani, defunti, fantasmi. Votare Dio alle prossime elezioni. Colori ecclesiastici, l’avvento è giunto nelle strade. Inseguire mandrie viola per le strade delle città deserte. Il sangue è viola, carenze di ossigeno. Esci a prendere una boccata d’aria per non morire. Camere d’aria nella gabbia toracica, fabbriche di asfalto. Riempiamo di cemento i nostri parchi, eliminiamo l’erba, arginiamo i fiumi. Il sole non ama la terra, si scopa i ghiacciai, si scopa la nostra pelle, si scopa i nostri animali. Il sole ha smesso di amarci. Continuiamo imperterriti a metterla in culo all’Ozono per allargare il buco.
 
 
Stiamo ore sotto luci artificiali per assomigliare ad Obama, ci portiamo a casa l’oro nero e vinciamo premi nobel per la pace, la nostra tonalità di colore muove il mondo. Gli alberi fatti a fette muovono il mondo.
 
 
Lanciamo gli estintori sulle camionette, lanciamo le bombe sulle divise, moriamo nelle caserme, sfondati e sporchi di sangue, le madri versano lacrime ad incrementare il volume degli oceani. Siamo caduti. Siamo fottuti.
 
Abbiamo tutti ragione perché abbiamo tutti torto. Siamo tutti padroni dei nostri servi perché tutti servi dei nostri padroni. Sappiamo per fede ciò che non ci importa, ignoriamo la realtà perché ci inquieta. Crediamo di sapere tutto. Crediamo di sapere. Non sappiamo chi siamo. Siamo certi di poter vincere la monotonia incessante con gare di inchiostro su piste bianche, stralci di piacere ancorati nelle viscere del sapere.
 

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