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Di quando mi discorso

Di quando mi discorso posso dire di tutto.
Veramente.
Quasi ipotesi e quasi progetti quasi possibili tale piovesse.
Frontiere terrestri, barriere cosmiche e buchi neri spazzati via con dovizia di particolari.
Conquiste ed idee rivoluzionarie ad iosa e…  
E di quando mi discorso pertanto finisce spesso in dramma astratto.
Non una roba da niente.
Il dramma astratto?
Dirigere una penna in parole con le medesima motivazione, e con l’identico istinto, che obbligava il pennello di Kandinsky a spargere tali colori e tali segni per le tele.
Raccontare di cose interessanti con dei se tattici qua e là e descrivere persone ed ambienti sottolineando le loro ombre lunghe e lasciare tracce e segnali apparentemente, via via, sempre meno ininfluenti.
Di quando mi discorso è tenere sveglia l’attenzione come d’un eventuale fruitore, portarlo in giro per il mondo dei fatti e delle deduzioni e…
Ed alla fine lasciarlo con la medesima mia domanda in testa.
La medesima rispetto all’aver ammirato un Kandinsky, intendo. 
Cioè quella che mi da i brividi. 
Quadro o messaggio?
Di quando mi discorso allora passo subito ad un romanzo drammatico dalle trame fini e coinvolgenti.
Durante grandi o piccoli eventi pubblici in città vengono barbaramente uccisi, con precisi colpi di fucile al cuore sparati da chissà dove, figli adolescenti di persone influenti.
Del sindaco, dell’industriale, dello scienziato, del sociologo, del deputato al parlamento nazionale, del rabbino, del presidente del golf club, della celebrità, eccetera eccetera.
Io semplice cittadino, direttamente coinvolto in quanto il primo omicidio avvenne nel mio giardino durante una festa data dai miei figli sedicenni, m’invento astuto detective ed alla fine di peripezie fantastiche becco un improbabilissimo serial killer violento ed anche bruttino in verità, ma spinto da motivazioni, dettate dal reale e più volte provato comportamento, antisociale a scopo di lucro, di quel tipo di persone, rispetto alle quali, al pensarci sodo, ognuno di noi dovrebbe sentirsi perlomeno obbligato di reagire con veemenza e per dignità.
Di quando mi discorso così però improvvisamente scopro m’interesso poco.
Quasi mi preoccupo meglio per gli altri che per me medesimo e da lì al soprassedere giustificato è un attimo.
Di quando mi discorso cambio tanto discorso, l’ho capito da tempo.
Sono capace di riferimenti alla balena per evocare argentea luna piena e sembra niente ma la balena mi trascina nell’oceano e l’oceano nell’universo e l’universo nel tacchino ed il tacchino nelle piume del mio trapuntino.
Di quando mi discorso mi perdo insomma.
È assodato.
Dramma, romanzo, deduzioni, ambienti pubblici, messaggi, rabbini, giardini, dignità, scoperte, balene, tacchino e trapuntino.
Una bolgia inferocita al posto di qualcosa da cui si presumeva di poter ricavare perlomeno della stabilità emotiva.
Di quando mi discorso credo alla fine mi faccio ancora più casino causa troppa serietà e troppi buoni intenti, aggiungiamo che io in persona non ho la personalità adatta per riprendermi e…
Ed io di quando mi discorso accetto unicamente quant’è bello e facile ingannare il tempo auto abbindolandosi.
 

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