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sid liscious book 7

Il sessantunesimo estratto
 
( "Misticamente corretto" della Pina la mistica poco cosmica )
 
Dopo due settimane, quattro giorni, diciotto ore e tre minuti esatti il santone...
Il santone in meditazione, sul sasso montano, vicino al sacro fiume, appena sbucato dalla sorgente, ebbe...
Ebbe come uno scossone.
Aprì gli occhi.
Guardò fisso l'acqua e l'intimò «ridammi...
Ridammi il mio mantra!
In tutto questo tempo non hai fatto altro che tentare, infilando il tuo, di circuire e rapire il mio.
Ed alla fine ci sei riuscita.
Ma io non ci casco.
Mi spaventa immensamente dove conduce il tuo giro.
Emozioni animali.
Evocazioni ancestrali.
Sensazioni primordiali.
Cieli liberi da spirali.
Troppo fuori.
Preferisco il mio.
Che mi rassicura invece.
E mi fa uomo conscio e...
E tanto in ruolo» ed in seguito...
In seguito fece fagotto e se n'andò sdegnato.
Nel frattempo...
Nel frattempo l'acqua continuò a scorrere lo stesso ovviamente
e non gli rispose naturalmente però...
Però andando via dall'occhio mio, laggiù verso valle, col riflesso mi lanciò un pensiero ( a me che non c'entravo niente ).
"Oh no!
Allora pure in oriente la meditazione è divulgata per scopi liberal/terapeutici ed a soggetti destino/problematici.
Strano.
Pensavo fosse solo un business occidentale a questi livelli.
È proprio vero tutto il mondo è paese e...
E che tutti convergenti sono i paesi facenti un mondo.
Indubbiamente.
Indubbiamente.
Indubbiamente".
 
Il sessantaduesimo estratto
 
( "Povero me. Oh! quant'ero povero me" di Sergio lo forse un minimo cinico ma anche certamente sul pezzo )
 
Povero tacchino.
Da quando la moglie fa l'attacchina non ha più tempo per lui.
E povera la mannaia.
Dal momento in cui ha chiesto ad uno se l'accetta tutto tagliato e le sono nate due creature da starci attenti e particolarmente scure.
E povera l'Italia. 
La signora del terzo piano specifico, che sì avrà degli amanti, però da lì al diventare, per i vicini, la repubblica delle banane ce ne dovrebbe passare.
E poveri i finocchi.
Che essendo stati, stupidamente, associati le altre verdure ironizzano non appena li vedono nella cassetta sormontati.
E povera la zucca.
Considerata vuota a priori perché al rappresentare la testa dell'uomo è da secondo lavoro delegata.
E povera la tassa.
Evitata dal mondo intero manco fosse una lebbrosa.
Da femmina di tasso ad orrore che tutti vogliono cancellare o minimo ridurre nelle dimensioni.
E povero il guanto.
Da tipo riscaldante si ritrova ad essere usato da uno, più che riscaldato, capace solamente di pensare finalmente t'agguanto.
E povero il ramo.
È diventato scientifico o alimentare ed è stato trasferito sul lago di Como.
E povero anche il calcio.
Da nobile sostanza s'è visto deformare in squallido spettacolo preconfezionato, che ti verrebbe da dargli un calcio di punta nel fondoschiena, allo spettacolo ovviamente.
E povero pure il polmone.
Era filtro di vita.
È costretto colorato di verde a far d'attrazione per allocchi immerso tra i palazzoni.
E povero infine il fico.
Oramai la sua mamma sta sempre dubbiosa e...
Ed ha lo stess allorché lui s'espone pubblicamente, del se sia abbastanza fico tale esige presentarsi s'intende.
E pertanto vede immensi problemi.
E non c'è nulla che possa essere compiutamente rapportato, o veritiero sinonimo, ad una mamma che vede immensi problemi sapete.
Nulla, nulla, nulla.
P.s.
La mia è morta pochi anni fa ed era una santissimissima donna stratimorata di Dio, per questo suppongo non...
Non la dimenticherò mai.
 
Il sessantatreesimo estratto
 
( "SuiciDio" di Aslam il giudice andato a male )
 
In realtà, Spartaco, sopra questa cosa ho ragionato parecchie volte.
Intendiamoci è tutto vero quello che dici.
Codesta vita non soddisfa per nulla.
Amare, procreare, mangiare, digerire, ridere, piangere, sopportare, lavorare, fare arte sono... 
Sono tutte questioni che a vent'anni m'avevano già ampiamente deluso e stancato.
E dopo l'unica cosa rimanente è non c'è limite al peggio, nel senso chiaro! in tutto si può sempre rilanciare, però il risultato rimane stucchevolmente uguale, a meno che proprio non hai tonto innamoramento, o serata euforica, o della droga buona e sono situazioni che non capitano spesso, ma nonostante ciò, Spartaco, il suicidio non può diventare una libera via di fuga. 
Non può, non può e non può, perché cazzo io devo morire d'omicidio premeditato, ovviamente commesso da chi m'ha creato e si diverte a finire le persone e questo in quanto, prima o dopo, deve pagare tutti questi omicidi, Spartaco. 
Non è possibile rimangano all'infinito impuniti, non è proprio possibile e...
Ed io se mi tolgo di mia mano altro non farò che rendere meno pesante la condanna cui sarà obbligato.
Mi capisci, Spartaco?
Solamente rimanendo testardamente vivo posso costringerlo ad uccidermi ed a dichiarare al creato le sue responsabilità.
Se mi tolgo la vita infatti nessuno potrà sommare pure la mia dipartita nel conto da presentargli, Spartaco, e se ce la togliamo tutti non ci sarà alcun conto e l'assassino seriale più prolifico di tutti i tempi mai pagherà per le sue malefatte.
Qui...
Qui e non c'è da scherzare, siamo di fronte ad un maniaco esagerato, Spartaco.
Uno che ha messo in piedi un lager rotondo da cui non è mai uscita viva forma o persona e non ha rispetto alcuno per gli ancora vivi, tanto che, fosse per lui, andrebbero a zonzo sporchi ed affamati in un posto pestilenziale, che per dire non si preoccupa minimamente di rimuovere i corpi in putrefazione e sai il fetore, Spartaco, nel caso non lo facessimo noi?
Sai il fetore ed avvoltoi grandi pari allo zeppelin ed iene alte e forti tali l'elefante.
No no, Spartaco, io l'aspetto malgrado non sia una bella situazione.
Dietro a qualsiasi angolo lo so bene, dentro a qualsivoglia piatto, in seguito ad una semplice sigaretta o sopra lo scarico d'un camion c'è lui appostato. 
Infallibile, invisibile e silenzioso, bensì, dai retta a me, alla fine commetterà un passo falso, Spartaco, e verrà catturato è l'unica speranza veramente da coltivare, con cieca abnegazione ed enorme trasporto, in questa situazione di merda.
L'unica speranza. 
 
Il sessantaquattresimo estratto
 
( "Io non sto andando a vederli estinguere" di Uther i punti di vista spesso fanno a pugni con la gioia )
 
Mi chiedo frequentemente se gli spermatozoi sono bestie o persone.
Difatti vivi sono vivi, muoversi si muovono e...
E per sapere cosa devono fare lo sanno bene.
No perché se fossero bestie avremo la certezza non siamo persone, perlomeno a metà, e se fossero persone avremo d'altro canto la sicurezza d'essere bestie riguardo...
Riguardo al fatto di loro ce ne freghiamo bellamente e di certo non siamo preoccupati di salvaguardarli.
Bel dilemma comunque, quindi direi riassumiamo.
Se sono bestie noi siamo altrettanto bestie e lo dimostra, appunto, il fatto verso di loro adottiamo condotte totalmente destinate allo sterminio inconsulto.
Ovvio ufficialmente per godimento personale o allo scopo di garantirci un futuro, solo ciò non può nascondere in eterno ci spingono sempre ed unicamente ragioni avare ed istintive.
Altro che evolute.
Al contrario invece, cioè se sono persone, dispiace ma rimaniamo ancora bestie e sempre riguardo alla loro gestione.
Chi rinuncerebbe ad un coito, reso antecedentemente a salve da metodi di contraccezione, per non ucciderne a migliaia?
Chi?
Lo sappiamo bene.
A milioni finiscono morti sul serbatoio dei preservativi ed a miliardi su fazzoletti usa e getta ed a centinaia di miliardi si ritrovano a girovagare fino allo sfinimento mortale nel buio d'uteri resi sterili artificialmente e...
E questo a casa mia si chiama massacro gratuito, che capirei se almeno uno o due avessero la possibilità di salvarsi perforando l'ovulo, in fondo quello è il loro destino, però senza questo veramente mi fanno pena e sono costernato da quanto nessuno, ma proprio nessuno, faccia qualcosa in proposito.
Che devo essere io, un povero matto ricoverato, a mettere in piedi un W.W. Spermatozoi?
Qui non s'intravede una fine per questo genocidio, anzi tutti gli uomini sognano l'esatto contrario e pensano convinti più ne faccio fuori meglio sto.
E pensare fosse per loro se ne starebbero buoni buoni dentro i loro due pianeti paralleli.
Da soli escono veramente di rado e solo in gioventù.
Io credo lì dentro abbiano tutto ciò che serve.
Mangiano, bevono, studiano, lavorano, coltivano amicizie, s'innamorano, accudiscono i figli, nascono e muoiono.
Certo pure loro magari saranno un po' stressati dal fare le medesime cose ogni santo giorno e pertanto probabilmente  sognano d'uscirne elevando il rango personale o costruendo delle navicelle per risalire i condotti ed esplorare, specifico da vivi e con prospettive di miglioramento, l'universo di fuori e...
Ed in ciò li trovo molto umani.
Talmente umani da farmi propendere per il sono persone e non bestie.
E tenere inoltre.
Tenere, per nulla astiose, coscienziose e disposte perfino al sacrificio personale purché alcune di loro riescano nella missione che il destino ha affidato all'etnia.
In fondo fossero vendicative col cavolo ancora si precipiterebbero in massa al ritmato richiamo dello sterminatore insaziabile e si comporterebbero tale e quale a lui infischiandosene bellamente del suo futuro.
«Priva del nostro aiuto questa razza libidinosa, insensibile e menefreghista non avrà un domani?
Vero, se non che almeno così scegliamo noi in che maniera lasciare la sua e la nostra valle di lacrime.
Sceglieremo noi».
 
Il sessantacinquesimo estratto
 
( "La fiaba di Allorà" di Mosca il giullare allegro ma non sempre )
 
Si viveva felici in quel regno.
Proprio, proprio, proprio, felici.
Meraviglie naturali ed architettoniche assortite e persone soddisfatte e...
E bambini coinvolti in mille e mille giochi da genitori dolcissimi e premurosi.
Tutto filava liscio e retto insomma e l'attività da svolgere per mantenere splendido il mondo da sogno vissuto, sia quelle pratiche sia quelle morali e politiche, sembravano giustamente distribuite rispetto alle caratteristiche singole di ogni abitante.
Cioè il ciabattino faceva scarpe perché teneva nel cuore rendere comodi e protetti i piedi dei suoi compaesani e la fioraia vendeva fiori in quanto, pari a loro, di pulito profumava.
E fu così...
E fu così che un caro giorno ebbe modo di nascere Allorà, figlia del re e della regina e discendente diretta di grandi avventurieri degni d'entrare nel mito.
Quelli, per intenderci, per cui era un divertimento catturare un drago ed ammaestrarlo in modo i nipoti potessero cavalcarlo.
E crebbe, di conseguenza, la piccola creatura come dire sulle ali dell'entusiasmo e divenne, da grande, una splendida dimostrazione di quanto il destino a volte sia più che predestinato.
Nel suo cuore regnava infatti l'onore dei giusti.
Nella sua mente una sorgente cristallina sgorgava puliti pensieri e la sua bellezza... 
La sua bellezza proprio non era paragonabile a nessun'altra.
Ed inoltre studiava ed apprendeva con golosità.
Aveva grande curiosità e rispetto verso il mondo animale e volle imparare a curare i germogli e le piante del giardino dimostrando enorme sensibilità.
Tutto meraviglioso ergo diremo, ma disdetta nel mentre seguiva le sue faccende intanto cantava.
Cantava.
Cantava.
Cantava e tutto questo improvvisamente crollava.
Crollava sotto l'oppressione della sua voce da clava.
Cantava ed ogni vita malvolentieri la sopportava.
Cantava ed il buonumore nel meraviglioso palazzo che abitava correva...
Correva a nascondersi in cantina precipitandosi giù per la scala.
Cantava e la gente con cotone e cera le orecchie si tappava.
E gli animali rabbiosi dai lati della bocca emettevano bava.
Ed il re e la consorte s'interrogavano sul come rimediare o, in alternativa, sul nome del luminare che la doveva operare.
Aveva un difetto Allorà.
Un difetto personalmente non considerato.
Tanto in armonia si sentiva con quello che incontrava.
Tanto le piaceva il radioso la vita le passava, che le sembrava molto naturale, in ogni momento, nel suo modo preferito la felicità dispiegare.
Tutto il possibile perciò a maggior ragione disturbava, se non che il popolo a mormorare fitto incominciava e la tranquillità normale del reame, sempre maggiormente, sulle spine stazionava.
Quindi per rimediare e fare conoscere diverse forme di canto furono ingaggiati al caso ed alla bisogna e di conseguenza maestri giapponesi di canto zen e monaci chiamati dal Tibet muniti di corde vocali al lievito.
Specialisti, erboristi, guaritori e fattucchieri portarono le loro arti.
E venne il sovrano dei pesci magici, bensì gli caddero presto le branchie ed udite udite perfino le streghe ed i maghi dovettero inchinarsi di fronte alla situazione in cui ella stava.
Di fronte a quanto la sua voce orribilmente ripugnava.
Allora di nuovo fu così, a causa di tutto questo intendiamo, che il re una sera disperato chiese aiuto al gatto meravigliato, il quale a sua volta l'indirizzò dall'asina doppio strato, la quale, manco fosse niente, presentò, con sorriso sbottonato, un sontuoso principe ed il suo inconfondibile stile per nulla annacquato.
«Vero! me sbadato, sempre l'amore può dare una mano» pensò allettato il sovrano.
"Non so s'è mai servito per correggere un difetto villano quantunque, considerato non costa niente, proviamo, proviamo, proviamo" e condusse dunque il giovane alla festa di corte con un suo bagaglio strano.
Non di meno sussultò subito vedendo un sorriso cancellare ogni titubanza allorché lui udì quel canto disumano, ch'ella nemmeno quella sera era riuscita a rendere meno menagramo.
Quella malefica malattia vocale che strisciava l'aria con l'incedere d'uragano.
Quella stessa pessima melodia che, assai sorprendentemente, risultava invece nelle sue orecchie complemento, intonato e vincente, al produrre suoni del suo violino fremente.
E fu con tale preambolo che veloce strumento ed archetto esibì dal contenitore in un momento.
Poi richiamò l'attenzione della principessa e, non appena lei zittì, si lanciò in una sviolinata stridente, vergognosa e maleducata per.... 
Per in seguito avventurarsi su una nenia.
Una lunga stancante, debilitante e tediosa nenia che tutti sbadigliava ed addormentava man mano sviluppava.
E lui suonava, suonava, suonava, sperando lei, di canto, coinvolta l'accompagnasse e non si fermava, non si fermava, non si fermava e lo stupore disgustato dei presenti, ancora svegli, contemporaneamente montava, montava, montava e...
E «non ti sposerò mai» urlò sfinita ad un certo punto Allorà «se... Se quel coso nel mio regno porterai».
Dopo di che correndo pianse disperata fin sul grembo della mamma perché la difendesse da quel suono mostruoso che, a suo avviso, malissimo s'adattava al suo cantare voglioso.
«Io ho un talento e lo dispiego a mio piacimento con sentimento» ribattè il principe offeso «tuttavia... 
Tuttavia siete bella madamigella.
Molto, molto, molto, bella e graziosa ed il mio cuore già freme per voi.
Se mi concedete il permesso chiederò al sire la vostra mano».
«Sì!
Sì!
Sì!
Non ho mai visto un principe migliore di voi» rispose la principessa «ma... 
Ma come fare?
Come fare con le nostre incomprensioni musicali?
Come unire uno strumento ed una voce distanti mille anni non piccoli istanti?».
«Basta poco!
Basta poco» urlò... 
Urlò prepotentemente il buffone di corte, forse dagli ultimi avvenimenti contrariato e certamente esponendo scarsa riverenza.
Al che tutti lo guardarono interrogativi in modo da fargli aggiungere «basta rinunciare per solenne promessa matrimoniale».
Rinunciare a cosa?
Chiese all'unisono la curiosità di tutti.
«A cantare ed a suonare» rimpallò lui «che tanto....
Che tanto nel regno ci sono, lo stesso, numerose altre attività appetitose da frequentare».
Ed i respiri dei presenti rimasero al ciò sospesi, sospesi, sospesi, finché «io...
Io al mio amore una rinuncia dallo spirito nobile la posso dedicare» si sentì dalla bocca dell'aristocratico levare.
Cosicché Allorà, praticamente già sciolta, promettendo non avrebbe mai più cantato, spaventando addirittura il mare, emise un ultimo terribile acuto e dopo andò via tutta agitata che bisognava iniziare i preparativi.
Che si doveva sposare.
Ed il re... 
Il re nel frattempo, in compagnia del gatto meravigliato e dell'asina doppio strato, si prese bonariamente a braccetto il giullare e gli disse «tu sei un gran furbone che sa approfittare della situazione eppure... 
Eppure, te ne prego, tieni bene a mente sul serio una rinuncia personale può far riflettere positivamente un reame.
Anzi talvolta è giusto la chiave per riprendere sulla corretta via a camminare.
E questo in qualcuna delle tue canzoni d'intrattenimento lo dovresti ricordare.
Difatti mostrando eccellente e distinta buona volontà tutti lo possono fare per risolvere una, pessima e malevola, situazione generale o personale» ed infine... 
Infine contento e dal disagio liberato prese la penna e mise il punto finale che racchiude ogni favola nella nella sua birba morale.
Ah!
Ovviamente...
Ovviamente dopo vissero tutti felici e con intenti.
 
Il sessantaseiesimo estratto 
 
( "Sai Giannino" fiaba di Alef lo che la cultura popolare )
 
Sai Giannino diceva, una sera d'estate, mamma coniglia al suo figliolo prediletto.
Noi conigli com'avrai notato abbiamo le orecchie lunghe e c'è un tipo che lo sa e ne approfitta.
Il vento.
Lui ci vede tutte le volte noi le tendiamo, ritte ritte alte alte, perpendicolari al cielo ed allora fa il birichino.
Cioè continua a portarci i profumi e gli odori ed i rumori che segnalano pericoli in quanto ama e culla e protegge tutte le creature, ma nel contempo deposita pure qualcosa di diverso in ognuno di noi.
Non so.
A te i discorsi delle betulle.
A lui la storia dei tassi attraverso le generazioni.
A loro le filosofie dell'ortica ed a me i proverbi degli uomini.
Il giorno in cui nascesti, ad esempio, eri decisamente magro brutto ed evidentemente diverso dai tuoi fratelli.
Nero integrale in mezzo a tutti bianchi o con stile pezzati e spelacchiato ed irsuto fra pelurie uniformi, lisce e soffici.
Dopo un paio d'ore d'evidente preoccupazione ed un tot agitate mi venne fame.
Tra l'altro avevo fatto una certa fatica nel partorirvi ed il latte pesava pesava nelle mammelle ed avrei dovuto dormire, bensì lo stesso decisi d'abbandonare la tana e salire all'aria aperta per gustarmi dell'erba medica tonificante, nutriente e genuina.
Ti confesso salii mal volentieri comunque.
Avevo un latente timore nell'abbandonarti lo devo ammettere.
Non m'ispiravi nessuna fiducia dal punto di vista della salute.
Di per cui salii, mangiai e bevvi in fretta ed alla fine ritornai giù alquanto rinfrancata.
Il vento infatti m'aveva nel frattempo raggiunta, consolata e ricaricata, materializzando dentro le mie orecchie, che vanno tenute costantemente ritte ritte alte alte nel periodo in cui s'accudiscono i piccoli, appunto un proverbio.
"La seta fa figura.
La canapa dura".
Ed eccoci qua magicamente ancora insieme.
Non ridere.
Non fu quello l'unico problema con te, che in seguito ho avuto il mio bel daffare anche durante l'esuberanza della tua crescita,  
caro Giannino.
La tua diversità iniziale non hai mai voluto abbandonarla.
Ingrandivi con una logica contraria ad ogni principio e sapere della nostra razza.
Di solito facciamo gruppo e tu stavi da solo.
I tuoi fratelli hanno famiglia da tempo e m'hanno resa nonna e tu?
Normalmente noi evitiamo accuratamente di mangiare alcuni tipi di pianta o fungo e tu invece mordevi giusto loro.
E l'altissimo solo sa quante volte dovetti trascinarti a casa farneticante ed in confusione emozionale, dopo che t'eri inghiottito la cicuta o l'amanita muscaria.
Il nostri migliori pregi a detta di tutti sono sempre stati l'attenzione, l'anticipo e la giusta dose di paura e... 
E tu sfidavi la volpe in campo aperto. 
Andavi ove ti pareva privo d'indugi e non volevi nemmeno ammettere forse pioverà sotto un cielo, nero nero, di nuvoloni ed attraversato da fulmini assolutamente minacciosi.
Babbo mio quanto m'hai fatto penare.
Poi la notte in cui uscisti nonostante l'ululato del branco di lupi facesse rabbrividire fin nel profondo delle tane, data la sua intuibile vicina vicina provenienza, proprio non resistetti e feci capolino di conseguenza gelando immediatamente, che sul serio d'una vera e velenosa notte da lupi si trattava.
Freddo intensissimo, neve e tormenta.
Troppo timore per allontanarmi anche d'un centimetro dall'ingresso di casa, dunque mi fermai lì ed allungai fino all'impossibile le orecchie, ritte ritte alte alte, sperando di ricavarne tue notizie e cosa c'era in mezzo alla tormenta Giannimo mio?
Chiaro il vento.
E chi fece in modo regalandomi "ogni santo ha un passato ogni peccatore un futuro" tornassi dentro consolata e dormissi beata fino a risvegliarmi con te accanto comodamente sistemato?
Ancora il vento Giannino caro.
Ancora il vento.
Ora.
Ora vuoi abbandonarmi figliolo.
Stasera m'hai resa incredibilmente triste comunicandomelo.
Dici che qui è il mondo d'una volta.
Che ti senti in dovere di provare a cambiare regole vincolanti all'essere conigli dentro.
Che vuoi dimostrare al mondo intero noi possiamo e dobbiamo ribellarci a ciò.
Che viaggerai in lungo ed in largo intraprendendo avventure incredibili, ammaestrando la lince e cavalcando l'aquila.
Ti perderai Giannino mio.
Ti perderai e dimenticherai me e le tue origini.
In che maniera riuscirò mai stavolta a parare il colpo Giannino?
«Io ho una certezza ed una speranza in proposito mamma».
Una speranza Giannino?
Non posso venire con te.
Io sono nata coniglia e coniglia morirò.
Mai andrei a rischiare la coda incoscientemente.
«No no mamma.
Niente del genere.
Primo io tornerò mamma.
Dovessi imparare a volare, tornerò.
Secondo m'hai insegnato a fidarmi del vento.
Avrai capito, a me non veicola i discorsi della betulla ma le intenzioni delle chimere e sono convinto inseguendo un motivo preciso. 
Ergo non posso sottrarmi al mio destino, però a te porta saggezza diffusa e predice il futuro.
L'ho imparato.
L'hai constatato.
Ripeto io mi fido oramai ciecamente.
Facciamo decida lui e quel che sarà noi accetteremo.
Pertanto saliamo su e vediamo se dopo la tua delusione ne rimarrà zuccherata o ingrossata.
Perfetto mamma.
Sistemati con me sopra questa gobba di terra rossa, imposta le orecchie ritte ritte alte alte ed ascolta, ascolta, ascolta».
Dice "chi ha una meta rende strada il deserto" Giannino.
Direi zuccherata figliolo.
Hai la nostra benedizione Giannino.
Vai, vai, vai.
 
Il sessantasettesimo estratto
 
( "Una droga intelligente è possibile" di Marcantonio lo che va per argomenti sterrati )
 
Fu un vecchio studioso saudita a dirmelo la prima volta.
Ed uno sciamano curdo delle steppe la seconda.
La terza invece venne dalla bocca di una caldea etiopica.
E questo in situazioni assai distanti dalle mie terre d'origine.
Insomma tre persone "riconosciute" sagge dai più e senza esitazione alcuna, dopo i vari convenevoli o rituali per cui l'avevo avvicinate, alla fine m'hanno esposto lo stesso discorso/concetto che sostanzialmente era la pace...
La pace interiore e l'allegria e la carica positiva che ti mette il veder iniziare a nevicare bisognerebbe rubarle e farle nostre in ogni momento si desideri che...
Che ne vale assolutamente la pena.
Incredibile.
Tre persone diverse in tutto, fin dall'origine o dalla filosofia o dalla religione intendo, e che non si conoscevano, ribadisco, a fare le medesime considerazioni rispetto ad un evento naturale.
Di nuovo incredibile alla fine... 
Alla fine ho dovuto rifletterci e comunque...
Comunque veramente non è solo un'esaltazione per bambini quella ho concluso.
Pensateci anche voi.
Siete lì in ufficio annoiati, fuori fa freddo ed è grigio assai, le vicende in casa con moglie e figli languono, il conto in banca è sommerso e... 
Ed iniziano a cadere dei grossi fiocchi dal cielo e... 
E d'improvviso una serenità strana v'assale.
Ed immediatamente l'umore lievita ed il morale sorride e, è il caso di dirlo, di punto in bianco la vostra situazione temporale cambia radicalmente.
Credo un po' a tutti sia toccato questo.
Ergo suvvia confermiamolo.
È una "roba" la neve che ti "fa" bene quando stupisce cadendo, hanno ampiamente ragione i tre saggi.
Con lei si diventa ottimi e si viene attirati, di buonumore stampato, nel mondo della giusta sintonia e dell'io cosa voglio di meglio mentre...
Mentre invece nel caso si voglia rilanciare oggigiorno siamo, brutalmente, costretti a sorbire un altro tipo di neve polverosa e che non si presenta in fiocchi, ma sotto forma di cristalli nebulosi che agiscono confondendo o sommariamente mitigando ed io di conseguenza non capisco...
Non capisco il mondo delle droghe ed i loro fruitori ed i loro inventori.
Tutte sostanze per andare fuori dall'uomo o deformare esistono sul mercato.
Tutte mercanzie per cancellare di tragedia invasiva altre tragedie interiori, tipo eroina o tavor per intenderci.
Mai e poi mai venga in mente a nessuno qualcosa per fare ritornare una mente gioviale alla gente cui le vicende della vita l'hanno deviata.
Una stortura assurda azzarderei. 
Ed azzarderei pertanto...
Pertanto bisogna intervenire. 
Quest'intuizione sulla neve qui sopra ad esempio al lavorarci diverrebbe una droga leggera perfetta, altro che la maria, qualora venisse opportunamente sintetizzata in caramella o sciroppo da sorbire.
Una panacea non facile da isolare/ricreare nella formula originale di sicuro ma... 
Ma non impossibile con la tecnologia e la possibilità di sperimentare che possediamo.
Una sostanza ribadiamo che genererebbe ben stare, che sei un attimino giù e via con il tiramisù naturale, biologico ed invasivo a fin di bene non... 
Non con materiali che alla resa dei conti accentuano assai i problemi.
Insomma non è la prima volta che lo dico e nemmeno sono l'unico però...
Però cari scienziati e ricercatori dovete ribellarvi.
Dovete lavorare cioè con la testa non con i programmi ed i desideri delle multinazionali o peggio degli stati.
Dovete fare ricerche su droghe che aiutino a tirare avanti leggiadri e non su argomenti atti unicamente al sollievo momentaneo.
Il mio esempio in codesto scritto è un contributo sballato ovvio, se non che voi pari a siete capaci d'inventare diavolerie assurde all'opposto... 
All'opposto dovreste essere perfettamente in grado, applicando il medesimo impegno, di sublimità sostenibili e chiaramente intelligenti.
Ne sono assolutamente convinto.
 
Il sessantottesimo estratto
 
( "V'è" di Ciaci in combination con Manu Chao dall'album Siberie m'etait contèee )
 
Nel mio giardino v'è un fiore.
Sì ci sono anche stelle, sole, luna, lucertole, extraterrestri, seni, coseni, ricci, cocci, bocce, rocce e farfalle e metronomi e metronotte e potenze e dividendi ed ellissi e cerchi e cubi e coni e...
E tracce, riflessi, maggiordomi, avvocati e gialli e neri e lombrichi e giovani e stagionati ed imberbi e barbati, ma...
Ma nel mio giardino v'è un fiore.
Passano tutti dal mio giardino.
il bar della Maria dalle due alle quattro arriva e vende del berevole assortito.
Il fresatore e la suora alle sei attraversano frettolosi.
Due cervi, uno scoiattolo e tre gazze verso le otto alzano il naso ed annusano all'unisono e...
E tanti, tanti, tanti, altri. 
Tipo il ciliegiaio, il cavolfioraio, il cavalloadondolaio, lo zebraio, il meritocratico, il sergente, il cammello, il pi tre, il pi acca e lo zerbinaiolo all'ora... 
All'ora che credono deambulano, però...
Però nel mio giardino v'è un fiore.
E ci sono il concetto, la verifica, la proporzionalità ed il ritratto, il giubbetto, la calza, la nonna, la magra, il balsamo ed il coefficiente pertanto, visto il traffico intendo, nel mio giardino.
Il diennea del gondoliere, l'umore del tasso, l'amore di mandarino siciliano, uno che divide la circonferenza per il lato, la tosse canina, balenina e quella d'un quinto per trentacinque e...
Ed il peto di delfino.
Ci sono le bionde e le more, le figliolanze da allevare, la lumaca, la bava, l'allegria, la paranoia, l'ape, il mandrillo, la giraffa, le incombenze, le dissolvenze, la patata.
La patata ed il pollo naturalmente e l'ala destra ed il terzino, il metodista e l'assassino bensì...
Bensì nel mio giardino v'è un fiore.
Un fiore.
Un fiore vivido ed estremamente suadente.
Un fiore nel cui profumo è docile seguire scie.
Un fiore difficile da non amare e conservare intatto.
Trattalo bene.
T'aiuta spudoratamente a coordinare, rispettare e proteggere la creatività che a volte incalza fin troppo sbarazzina.
Si chiama intelligenza, Ciaci mio.
Usala.
Usala.
Usala.
 
Il sessantanovesimo estratto
 
( "La morte è una vagina" dissertazione pata filosofica di Piotre, sottotitolo -più in là della montagna sempre esiste una terra- ) 
 
Si parte da posizioni troppo ovvie mio caro Sel.
Per il nostro vagabondare di cervello intendo.
Non c'è elasticità in proposito di niente rispetto a ciò che l'immaginazione ha prodotto nel corso degli anni.
Ed aggiungo pure tanti nostri limiti sono stati provocati dalla filosofia e dalle religioni e dai loro dogmi inamovibili funzionanti da tappo cerebrale.
Vedi, Sel, si discute spesso della morte per dire e di cosa ci succede durante quel periodo ovviamente sono piene le cronache letterarie o cristiane o buddiste o che ne so ma...
Ma tutte si fermano all'andare in qualche posto definitivamente. 
Tipo paradiso o inferno, Sel, o al ritornare in vita mediante vari processi riguardanti lo spirito però...
Però io non credo sia così, Sel.
No, no, no.
Per me ok la vita nel corpo finisce nel momento della morte, su questo c'è poco da discutere, bensì dopo n'inizia un'altra che ha il solo difetto, tra parentesi difetto, di non prevedere un fisico nonostante abbia uno sviluppo magari perfino uguale a quello d'adesso.
Ti faccio una domanda, Sel.
Per conto tuo se uno muore da giovane o da bambino una volta trapassato è più giovane o bambino d'uno che muore da vecchio?
Non sai rispondere, Sel?
Perfetto mi auto rispondo allora.
Io penso di no, Sel, nel senso che, sempre esattamente pari pari a quello che succede adesso, una volta morti si torna tutti tipo appena nati e successivamente si cresce, si cresce, si cresce fino al giungere ad un nuovo limite.
Il limite della fase morto, Sel e...
E dopo logicamente vien da pensare avviene un altro decesso introducente una diversa fase che appunto nessuno, causa i tappi di prima, manco è mai riuscito ad immaginare, Sel.
Tutto molto, molto, molto logico per quel che mi riguarda.
Indi aggiungerò subito una delle differenze sostanziali, fra codeste fasi, è il cambio d'ambiente in cui l'entità trovano spazio e di che sostenersi.
Siamo di carne sulla terra abbiamo visto, Sel, e mettiamo anche di materiale etereo dove dicono le filosofie e le religioni, nonostante sono molto dubbioso in proposito, e dunque chissà, a pensare liberamente, di cosa in posti alternativi al momento dicevamo nemmeno immaginati.
A guardare le sacre scritture o Dante sembra una volta morti ci si ferma lì e si rimane fissi con la stessa fisionomia maturata nel fatale secondo, Sel.
Tipo la foto ricordo sul comò, Sel.
Un'assurdità bella e buona, Sel.
Lo sai no, Sel, secondo il sommo poeta, ad esempio, Paolo e Francesca d'ora innanzi resteranno stampati eternamente tali e quali come sono arrivati di là, se non che questo è impossibile e va contro le leggi universali più banali. 
Che tutto matura ed invecchia mentre i morti no e perché mai no, Sel?
Che sono dei privilegiati?
Credi a me, Sel.
La morte è una vagina, Sel, e la nostra atmosfera un sacco amniotico.
Una pelosa vagina che t'espelle ed abbandona cento per cento similmente a quella che t'ha generato.
Ed alla fine del ciclo c'è un'altra vagina, Sel, e lei ti catapulterà altrove.
Resta da vedere solamente chi è stato in grado di fecondare è il dilemma, Sel, e questo interrogativo mi fa sorgere un nuovo dubbio, Sel.
Te l'esplico, Sel, e poi promesso non t'annoio ancora discorrendo tipo fuori di testa concettuale. 
L'unica raccomandazione tieni in mente questo concettuale per favore.
Gli dei e la fede e la conoscenza e la filosofia e la fantasia, in ognuna delle fasi succitate, hanno minimo un confine invalicabile è... 
È quel che non vogliamo ammettere, Sel.
Minimo un confine invalicabile.
P.s.
An vedi te, Sel, cos'ho dovuto declamare stamattina.
 
Il settantesimo estratto
 
( "Zia Angelina la rossa" di Ettore il nipote mica scemo ) V. M. 18
 
Una rivelazione la mia zia Angelina.
Rossa di capelli e di cuore fino all'osso oserei affermare.
Mi disse cominciò il rodaggio fin da giovane e...
E che la sua vocazione, di sollevare dai problemi personali il prossimo, si palesò limpida e fatale verso i dodici anni.
Fu con Pino il pastorello quasi diciottenne.
Lui infatti il pomeriggio dopo mangiato usava stendersi sotto il grande ulivo, lassù fuori da sguardi indiscreti, abbassare i pantaloni e con sapienti tocchi farselo indurire, indurire indurire, per in seguito con decise mosse portarlo all'orgasmo.
E lo faceva ogni santo giorno e lei non capiva.
E vederlo lì tremebondo e sudato e rosso come un peperone, con la faccia da pesce lesso, e sentirlo gemere nello sforzo le dava un minimo d'apprensione.
Tu hai un guaio l'apostrofò un giorno.
Ed uno di quelli grossi a quanto vedo.
Non è meglio se lasci a me la fatica di scuoterlo che ti risparmi tutte quelle conseguenze fastidiose? e...
E lui accettò di buon grado e lei ne fu felice assai ed in seguito s'applicò dunque lungamente e con grande gioia.
Si sentiva utile cavolo e le pecore con un guardiano riposato e rilassato erano sicuramente custodite in maniera appropriata.
Poi purtroppo le situazioni cambiarono.
Il pascolo fu lottizzato ed il padre di Pino vendette il gregge e lei lo perse di vista al che, essendo rimasta sfaccendata, pensò di trovarsi un lavoro.
E finì aiuto generico nell'ufficio d'una fabbrica.
Una pena.
Una pena vedere quella povera segretaria vergognarsi e piangere ed a volte perfino vomitare allorché il padrone veniva, nella sua bocca, alla fine del rapporto orale mattutino.
Lei è anche brava pensava, che altrimenti la licenzia ed ha i fratelli piccoli da mantenere, però vederla così è un tormento.
Io non resisto.
Non resisto e le chiedo se posso pompare io al suo posto, pertanto concluse.
«Sicura di considerare bene quello a cui vai incontro?» le rispose lei stupita.
Sì sì non ti preoccupare, da domani ci penso io e finiranno i tuoi disguidi.
E le cose tra l'altro andarono a gonfie vele.
Padrone contento ed addirittura un aumento bensì... 
Bensì piombò inattesa un'orribile crisi economica.
La fabbrica chiuse e la mia zia Angelina si ritrovò con tantissimo tempo libero che, nelle ore buie, usava impegnare per fare delle lunghe passeggiate lungo la tangenziale e... 
E fu lì che una notte assistette ad un pestaggio, furioso e cruento, da parte di un energumeno ai danni d'una giovane ragazza.
All'inizio si nascose e quando il violento se n'andò corse a soccorrere la poverella.
Cosa voleva da te quel bruto? le domandò.
«I soldi dei clienti ovviamente.
Non mi va di fare la puttana e lui lo sa e mi nascondo e guadagno poco e s'incazza e mi mena ogni santo giorno».
Dai non ti preoccupare rimpallò la mia zia.
Vedrai da domani prendo il tuo posto ed accontento più clienti possibile ed in seguito ti consegno i soldi guadagnati che tu girerai a lui ed inconveniente risolto.
E ciò avvenne puntuale, se non che nel giro di poco tempo arrivò la polizia ed il protettore fu arrestato e la puttana fuggì e la mia zia, non avendo in loco una motivazione specifica, riprese con le sue passeggiate. 
Stavolta scegliendo il parco ma...
Ma una sera vide dietro una siepe quattro giovanotti corpulenti ed armati di coltello e bastoni, che stavano tentando di violentare una donna.
Che fate ragazzi? chiese tranquilla.
«Vattene altrimenti dopo toccherà a te» le risposero.
Ah ho capito ribadì lei. 
Calmi calmi non serve strafare.
Venite qua.
Lasciate perdere lei, provvedo io a voi e...
E non si sono mai visti degli stupratori a tal punto sfamati senza avere nemmeno violentato.
Difatti li stese tutti e quattro contemporaneamente, di sapienti mosse e varie aperture, e riuscì perfino a farsi promettere di cercarla in futuro prima di cadere in tentazioni stupide.
E loro addirittura lo giurarono.
Che soddisfazione!
Aveva risolto a degli individui una grana sostanziosa.
Una di quelle che avrebbe potuto recare loro disagi considerevoli. 
E si sentiva proprio bene dunque tornando a casa la mia zia Angelina ed aveva il morale a mille lanciato, però d'oltre un vetro di finestra semi aperta senti piangere e disperare.
Naturalmente non resistette e sbirciò dentro ove vide un signore seduto sul divano e chino con le mani fra i capelli.
Aveva davanti quattordici bottiglie di vino vuote ed un'aria che dire dimessa è vezzeggiativo.
Chiaramente non resistette.
La posso aiutare signore?
«E lei chi è?».
Sono Angelina la rossa e passando l'ho udita ed immediatamente mi sono detta vediamo se posso fare qualcosa.
«Mia moglie m'ha lasciato ed è scappata con un negro e non trovo consolazione alcuna e continuo solamente a piangere».
Ma no dai su via.
Guardi se mi fa entrare risolvo io.
«Le apro la porta» e... 
Ed in breve, il prostrato, ricevette un pompino che manco aveva sognato dalla sua precedente compagna ed ancora in breve divenne partecipe d'un ripasso d'attività sessuali complete, ed antecedentemente mai praticate con simile dovizia di particolari, e nuovamente in breve s'innamorò perdutamente e diventò il mio caro zio Piero colui che... 
Colui che, prima d'uscire per la classica briscola serale, ha comprensivamente ed immancabilmente saputo accogliere, sopportare e compatire, il qui presente nipote narratore che... Che spessissimo si presenta alla loro porta sovrastato e depresso da pesanti problemi seri. 
Molto, molto, molto seri.  

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