Scritto da © voceperduta - Mar, 14/10/2014 - 12:23
Vorrei che la lentezza smisurata
di quei giorni, si raccogliesse in
un rumore di panni stesi a mano.
E' ingestibile il dolore della ferraglia
vuota, delle strisce piantate sulla
gramigna, con il sangue a incendiare
ogni varco d'attesa.
Le ore disposte in riga, sulle lettighe
bendate, ardevano il braciere di magri
spiragli.
Il tempo, madre, aveva sparso sabbie
sottili sulle vetrate, minacciato il
languore di un furtivo sostegno.
Oggi la sedia è rivolta a un bagaglio
di stole.
La chiglia stellata non fa che pendere
da grondaie inconsistenti.
Le tende calate alla domenica,
consolano il ricordo come empi bottini
di cui il corpo si doglie.
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