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In Poesia o Prosa

 

Il verbo, fila e reca movimento facendolo epidermicamente avvertire, al lettore, fin nella sua bocca. (ormedelcaos)

tag: tema settimanale, entro il 22 p.v.

Incubo

Dovrei smettere di non fumare. Mi fa malissimo, sto velocemente andando incontro ad una mutazione genetica: mi sto trasformando in un orrendo, viscido, antipaticissimo “bravo ragazzo”. Eppure ho tutte le mie brave tacche sul calcio della Colt! Evidentemente ho perso l’ultimo duello, la pistola si è inceppata, ho capitolato. Ora di notte, tra una litigata con la tastiera e una ricerca affannosa di un qualcosa che possa sostituire anche se lontanamente una sana Marlboro, scrivo. Le uniche spire di fumo che aleggiano nella stanza non sono quelle di sigaretta…Cazzo! Sto tornando involontariamente un ragazzaccio di strada. Non lo dirò più, prometto. Dovrei smettere di non fumare. Mi fa malissimo.

Gran Via de Madrid

Si sbelicano di luci
efelidi di folla
la polpa di adamitica polvere
nelle umide sere dei magi
è calda questa polla
di caos calura lojura
evade mia canzone
da lordura
e da altura eremitica
come un lorca rinato
dalla cura della Storia
nello struscio agorafobo
ti bacio ti calmo
col mio mantra di carne
mi perlita de labuan, rebelle
allo sterco di trono ed altare
mio rosario di allegro martirio
corsara di cuore e di pelle
guernica dove piove la gioia.

Luna tu

Bugiarda è la luna mi dissi
ma al mio sguardo non mentì mai.

Ha accompagnato i tuoi sogni
che nei miei pensieri
s'immergono e fondono.

Nelle mie ore e nelle tue verità
complice amara che t'ha veduta
distante e ora a me accanto.

Devota e perenne nel suo corteggiare
così lei guardando ch'io non possa
dimenticarti mai.

Atlantis

Come fai?

Non premia l'inasprirsi di parola, come il controllo della voce.
Mentre Io sciolgo e coloro i miei gesti e le mie grida
TU
difendi quel tuo luogo primigino
quel cuscino imbrattato di sfoglie di pizzo,
ma come fai a rimbalzare in piedi senza cadere?
Non senti un'eradicazione della voglia
una lenta di mano con tanto di marchio a fuoco
come una firma con scritto:-You've been raded-
e suvvia, prossimo imbroglio, gente da cambiare!
Vieni incinto di caldi abbracci deviati dall'incostanza
tua definizione di vita nell'ombra di luci sparse
fu la rimanenza di un bacio da polvere estratto
Non sai che divertimento quel tuo gioco a rincorrere
il premio di una notte sparso fra le carni gentili...
Di certo so che nulla puoi sentire con le braccia dell'anima,
ciò che si prende dalla culla di quattro mani,
ciò che ti fa percepire un vita che batte
anche solo avvicinandoti allo stomaco...
Chissà se mai rimpiangerai il dono che avevo preservato per Te...
non hai voluto il mio scrigno di desideri, la forza che mi spingeva da Te
e ora non sai che fartene di quelle labbra lasciate fin troppo a esiccare.
 

Pronta a risalire

Mani dal cielo efelidi di speranza
costumi di nuvole che avvolgono la stanza...
 
Come altalena di sogni mi trascini, Mondo
nell'andirivieni di pensieri e aromi di parole
Di ramo divelto son le rose che mi accingo a cogliere
sedendomi sul lastrico di percorsi impervi.
 
Con l'ombrello nascondo le angosce
e paro le lacrime di un cielo grigio.
Ho la giacca intinta nell'acqua
e capelli spessi da baciare,ma
nell'ombra vedo le mie gambe lunghe
 che possono ancora camminare.
Ho ancora i muscoli allenati
e salti da gazzella...
Aspettami vita! Son pronta
a rincorrerti tra gli ostacoli del cuore.
 

Cavalli dell'anima e del cuore.

Quei cavalli laggiù, grigi, neri
sulle dune, dalle cui criniere
il vento caldo t’investe di profumi
forti di animalità, d’arsura ardente
galoppano nella mente, alzando
polvere di passato e corrono
verso l’orizzonte delle aspettative.
Pure i miraggi esalano col calore
delle sabbie, lasciandoti interdetto
ancor prima di capire.
Mete agognate, difficili e lontane
per il viaggio di una vita
attratti da Circe, ancorchè dubbioso.

___________________

Su cumuli nembi
come cavalli di fiaba
scorrazzo nell’azzurro
di pensieri nani.
torno nel tempo
lungo il vivagno
di ogni età, quasi
la pubertà assolvere
potesse dall’inadeguatezza
d’esser oggi capace.
E se il drago dentro
morse sanguigno ogni
momento della crescita
e più della paura poté
l’indolenza, cospargerti
di cenere il capo ora
alla psiche non ridarà la pace.
Resta spronare i fianchi del destriero
mandare un segno di riscossa.

A media luz

Era da tempo che non scambiavo quattro chiacchiere con lui. Saranno vent’anni. Ci siamo ritrovati per un aperitivo a Milano, alla Bodeguita del Medio, le gambe allungate sotto un tavolino, davanti a noi due ottimi Daiquiri. Anche lui, come me, adora questo locale, dove si beve un ottimo Rum e si può apprezzare la cucina cubana, fatta di piatti poveri ma saporitissimi. Abbiamo ricordato i tempi della Milano anni ‘60/70, abbiamo parlato di donne e canzoni. Atmosfere di allora, entrambi amanti del cabaret, ci siamo inteneriti al ricordo dei Gufi, di Gaber e di Jannacci. Abbiamo fischiettato insieme “Luci a San Siro” e abbiamo finito con il classico e ormai desueto “Quelli sì erano giorni”! Poi, dopo aver simpaticamente litigato su chi dovesse pagare il conto, lui si è alzato e con fare deciso si è diretto verso la cassa ridendo “Pago iooooo!”. Non l’ho più visto. Ho atteso invano il suo ritorno. “Signore, il locale chiude - mi ha apostrofato gentilmente il cameriere - il conto l’ha pagato il suo amico”.  Mi sono alzato alquanto contrariato ed è stato allora che li ho visti: un paio di splendidi Ray-Ban dimenticati sul tavolino. “Solito distratto - mi sono detto   - non cambierai mai, sempre con la testa tra le nuvole, lassù, come un Top Gun”! Ho chiuso il cassetto ed ho inforcato i miei Ray-Ban. Mi stanno benissimo. Oggi c’è il sole.

 

Questa è la parola

questa è la parola, questa
il chiodo che scaccia il chiodo
la panacea di tutti i mali e tutti i
                           [così così
recitati a bocca stretta
agli angoli delle strade
               nelle notti piovose e umide
sempre piovose e sempre umide
mio dio!
 
la parola come freccia
scoccata dall'arco delle dita
che rotola o tintinna o scivola lieve
 
         .....lieve lieve....
 
d'incanto
all'incanto dove io vivo e sto
bandita da un'abile dicitore
un auctioneer dalle doti non comuni
di ritmo e precisione
 
un poeta insomma
un altro maledetto poeta
intrappolato dalla malia del fare


Il profumo del silenzio

Un mattino di ottobre
può sapere di pane croccante
di rugiada che imperla le scarpe
mentre l'alba si cambia di pelle
 
una pioggia può scendere quieta
e indugiare nell'aria come fumo di pipa
ma la fame, quando è sazia la pancia
ti sospinge comunque in cammino
 
Non mi serve guardare il colore del cielo
ce l'ho addosso a mutarmi le vesti
a impregnarmi la pelle come olio di cedro
come mosto affinato nei lunghi meriggi
 
il silenzio non è mai abbastanza
ci vuol calma al fluire del sangue
per udire gli sguardi che dal verde ormai stanco
vanno ancora indugiando su quell'io vagabondo
 
Siamo fatti di pane e di luce compressa
e l'ottobre che bussa alla porta
non è un morto sorriso che regala illusioni
ma un crepuscolo che si fa arena
 
palcoscenico umido e fresco
senza posti a sedere o sipario
ma il comune bisogno di stare a sentire
tutto quel che ha da dire il silenzio
 
Perchè l'eco sommesso di una cosa taciuta
non incide i suoi segni nella scorza dei giorni
ma nel liquido canto del profumo del pane
ogni cosa è già detta
 
e conoscerla puoi.

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