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.. radicata a pietre ..

Ginestra

 Da Pianto dei poeti di alda merini

...è solo canto
canto rubato al vecchio del portone
rubato al remo del rematore
alla ruota dell'ultimo carro
o pianto di ginestra
dove fioriva l'amatore immoto.

 

Quella ginestra radicata a pietre
parete del muretto sulla murgia
nel vento di scirocco caldo e secco
seduti sulle chianche i giovinetti

a predisporre lì i loro sogni
guardandosi negli occhi cristallini
e carezzando guancia di velluto
di porpora d'aspetto temperato

mentre il tratturo scorre sotto il carro
portando seco il contadino immoto
quando il tramonto s'avvicenda al giorno

e lascia al buio i fiati degli amanti
rimessi al vento in aridi filari
nel disincanto d'anime intrecciate
 

Copyright © foto mia .. Lorenzo 31.3.10

Margine di primavera

Qui presso un margine di primavera
non rifiorisce forse anche la gioia?
La luce tarda, il vento, i suoi profumi
con un ronzio lieve escono dal sonno
e le agre coltri di stelle e di zagare
regalano una gracile bellezza.
 
Ma gli occhi stanchi tornano agli inverni
e la memoria sgorga dalle notti;
per questa via riprendo la mia corsa
e da ogni curva erompono immutate
opache forme sperse nelle nebbie
in luoghi incerti che la mente sfronda.
 
Con ninnoli e trastulli intanto tu
intrecciando ghirlande d’aria stai
alla finestra, effimera crisalide,
ad attendere incanti dalle fate.
 
 

Cose Così [all'infinito]

Con le mani
che ti prendo e affondo
             in secchi d'acqua piovana,
irroro i polsi e inumidisco
             le ossa fino al midollo.
Brividi,
costretti in corone di rovi,
confusi al verde e
             al nero delle more,
muovono in farfalle.
                        Sono lenzuola, ancheggiano
                                 in danza perpetua sul filo.
Ho il coraggio dell'amore dalla mia,
                        mi sussurra e
                                  mi trasporta dentro te.

[all'infinito]

Manuela

Collidere - II

Chi ti parla è ovunque?
E, se lo ascolti, sei in ogni suo luogo?
 
Che pena correggere
la ciclica delle confluenze.
 
Disinstallo la pelvica
dal mio ventre:
 
aduno mani e labbra
sulle fusa di quest’altrove domenica
e dispaio.
 

Collidere - I


Mi dicevi che non potevi fermare le braccia
al mio solo corpo
né un’ellittica ad un solo fuoco.
 
Avevo crampi di pancia
e la mente che straniava sulle cuccume.
 
Capivo il succo dal sale.
 
Smisi di colpo di raccogliere imperfezioni
nelle fasi a pinze di pelle.
 

Il dono più grande.

 
Tutta la vita in un attimo
tra una lacrima nei tuoi occhi traspare.
 
Emozioni di un giorno già distante,
già lontano ma ancora presente.
 
Il dono più grande è il presente
in quell'istante di gioia afferrato appena.
 
E' per ciò che io vivo e tu vivi
e ciò che tu ami in me s'appresta.
 
Uno sfioro, un sospiro, un bacio
nel tuo desiderio il mio destino si fonde.
 
In tale smania di arrestare quel tempo
che si ostina a non fermarsi mai.
 
Atlantis

Trilogia del panico

1.
 
Quando il buio
è ventre
di morti improbabili
di mie morti
corpo ridotto alla sua fisicità
carne e sangue e ossa
 
                                             la voglia di piangere
                                             è un nodo nel cervello
                                             una lama le lacrime
                                             che rotolano sul viso
E sono stanca
incapace di accettare
questo lento rovinare
 
verso il nulla
 
 
2.
 
Chi sei chi sei e cosa
                           vuoi
                quando stringi i denti

Renga

 
penso amore
quando mi passi ignara                                               (io)
tra gli occhi
 
volano petali dal            
mandorlo già sfiorito                                                   (l'altro)
 
_________
 
tramonto siedi
con lieve calda brezza                                                   ...
alle mie spalle
 
stretti gonfi bottoni         
attendono il tempo                                                         ...
 
____________
 
la canizie è

Tradito

“Continui a fumare come un turco. Chissà come hai fatto a resistere senza sigarette in mezzo alla boscaglia.”
E’ sempre lei, cristo santo. Non è cambiata, la voce bassa e decisa, il naso dritto in mezzo all’ovale puro, gli zigomi alti come quelli delle dive del cinema americano, e gli occhi, dio, me li sognavo tutte le notti questi occhi verdeazzurro, glauchi diceva il Professore quando gli mostravo la fotografia ciancicata che tengo ancora nel portafoglio.
Vorrei stringerla fino a levarle il fiato, ho pensato a questo momento per mesi mentre cacciavo tedeschi come da bambino cacciavo i fagiani con mio padre. E mi dicevo che lo facevo anche per lei, cristo, per darle la libertà e una casa e pane fresco tutti i giorni e un letto vero.
Ed è lei, è sempre lei, la mia Irene bella come le dive, ma non è più lei, e non è più mia.
“Paolo dice di andare a trovarlo, che vuole vederti, che ti perdona perché ti capisce”, sta dicendo.
E a me sale di nuovo in gola tutta la furia che credevo di aver sfogato spaccandogli il naso, a quel sant’uomo di Paolo. Al vigliacco che ha preferito nascondersi sotto la sottana della mia donna e poi non è riuscito a resistere, povero, e gli è venuto da scivolare anche dentro la mia donna, oh, scusa, mi dispiace, sai, ma eravamo così soli e spaventati e tu eri sparito in montagna e allora…
“Quello non capisce un beneamato”, ringhio. “Quello che avevo da dirgli gliel’ho detto, non ho altro da aggiungere. Io coi vigliacchi parlo solo così, le parole non servono.”

L'uomo lo sa

L’uomo lo sa
su che muscoli di cosce offerte
si regge la ragazza
:le accarezza e a ogni tocco
a lei nascono in gola desideri turgidi

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