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Un'idea di ormedelcaos

 Proviamo a fare qualcosa di diverso questa settimana?
tag: parole-mobili
Cosa scrivereste su un tavolo?
 
I testi e le immagini più interessanti saranno parte di Frammenti. I testi o parte degli stessi, sprovvisti di immagine, se possibile, saranno inseriti come vedete, a cura di vanzyrock.
 
Vi invitiamo a sperimentare senza timori questa proposta di ormedelcaos. Un caro saluto a tutti!
redazione

La spiaggia dei ciliegi a mare

Sotto la collina
dove le capre
raccolgono i sospiri
delle pie donne
illuse da una preghiera;
s'andava a mare
per nuotare
rubando le ciliegie
alla donna del lentigginoso.
Sua figlia
non diceva nulla,
ma lasciava fare,
lei
con le ciliegie alle orecchie
in vanità
rubata.
Così un giorno
la presi per mano
e scendemmo ripido il sentiero
a nuotare tra saraghi e cefali
sino a un bacio di sale.
Le pie donne
sul bordo della maldicenza
con i loro rosari di peccatrici
di voglie mai vissute
andarono a rifere al padre
quel che la loro lingua perfida
non tratteneva.
La spiaggia dei ciliegi
ora è coperta da una villa
e di quella donna
ho perso folgorazione,
ma una cosa so
che le pie donne son tutte morte
con il loro rosario tra le mani
e nessuno mette fiori
sulle loro tombe.

Asia è la mia stella.

Sarà perché ero triste
molto sperduto lì presente
forse più fragile di sempre
come quelli che girano attorno
alla propria esistenza
senza farci niente.
e nasci così morbida fresca
dolcissima dagli occhi persi
di quelli che ha chi si fida
e guardano più là
della punta delle dita.
ridenti curiosi sempre
fu per me subito amore
caldo forte imprudente per chi
sa di affetti quasi niente.
sentisti il mio bisogno
come un elfo eri il buongiorno
la tua manina lieve fu d'acciaio
fuori mi portò da quella vita mesta
fissata ormai all'arcolaio.

Dioniso e la follia

 il calzare che batte il suolo
il corpo inarcato
la testa gettata all'indietro
celebro te, Dioniso,
che m'hai regalato la follia
per dimostrare d'essere un dio
 
ah, concittadini tebani,
voi che non gli credevate
guardate noi donne adesso,
come impazzite,
inebriate di vino, piacere e danze,
che corriamo tra i monti.
 
folli sì, folli di consapevolezza!
si può vivere così,
insieme alla natura e agli dei,
godendo della pioggia e del sole
dell'erba che ci accarezza la pelle facendo l'amore,
del piacere d'esistere.
 
io non voglio guarire
: lasciatemi qui, nel tiaso del nato due volte,
Dioniso figlio di Zeus e di Semele,
strappato al grembo della madre,
partorito dalla coscia del padre,
lui, che conobbe la pazzia e fu schiavo,
che lottò per rientrare nell'Olimpo.
 
e se il senso di colpa rimasto
ci trasforma in belve sanguinarie,
se come Agave uccidiamo i nostri figli
e ne infilziamo la testa su una lancia
allora ammazzateci, si.
 
ma non riportatemi dietro l'arcolaio
o nella casa a prendermene cura,
a vivere la vita ordinata di Tebe.
io non voglio la vostra civiltà
: voglio battere i piedi sul suolo
e danzare, danzare, danzare!
 

Aperture

 
 
 
Finirà febbraio, noncurante
di un tempo tutto perso, d’una luna sghemba
dove a una tomba degna d’orizzonte, fu l’apertura sul costone
a rendere respiro agli anni occlusi, e fiori, e sete
e voci
diventare adulte
ed altre stanche, amate voci
silenzi amati su
per gli angoli operai
 
I fermi alle clavicole aspetteranno ancora
gli abiti succinti, la spalla che cade e quell’odore di pane
quando ce ne staremo fuori a raccontarci
 
dallo svettare d’aceri fino
a litigarsi l’alba
 
Non diserto notti a licenziare
acque su acque, croci sull’orgoglio
approdi sconvenienti d’anni ammanettati a tacche
e luci inclini del sapermi
 
verande e rosmarino
 
Tu, che m'imprimi dormiveglia ai tarli
d’immagine scomposta e misticanze
 
che pendono dai treni
 
 
 
 

Dei balconi, delle terrazze

A sbalzo, come respiri profondi ai ritorni,
i balconi sono nasi soffiati dal vento:
il respiro, si direbbe, che cementa ai palazzi.
Diversamente dagli oceani,
le terrazze sono minute piazze ferme.
Vi girano bande di volo - filibusta dell’aria -
In testa hanno le musiche affini alle gole,
quando la laringe alle impennate stringe.
 
I balconi setano sui passanti
la superiore acqua alla sete dei gerani, delle gardenie;
di tutte le rocche che fanno le piante nei vasi angusti
e, sui passanti, lasciano il grido della loro terra
a gocciole.
 
I balconi sono tasche sui grembiuli degl’intonaci, però.
Ma le terrazze!, le terrazze mantengono il cielo nella sua posizione.
Sono gli aeroporti del pensiero:
sembrano gridare “al decollo, uomini!, ai sogni!”
Sono le zolle degli aviatori.
 
 
I balconi, le terrazze, non si scontrarono mai,
né si uniranno le loro corporazioni:
solo, stanno alle case
per andare lontano
rimanendo a quelle uscite.

Il cuore oltre l'ostacolo.

davvero credevi di poter andare oltre?
povero cuore, hai evitato da sempre
trascini con te da tempo gli affanni
e a nulla son valsi cerotti ed inganni
 
ora ti lamenti, ora imprechi alla sorte
cerchi smarrito di aprire quelle porte
che nella vita hai serrato incosciente
oltre le quali il domani incombente
 
ti aspettava per metterti alla prova
e ti avrebbe offerto una vita nuova
ma hai preferito inseguir la paura
scegliendo la strada a te più sicura
 
così ora rimpiangi, ora sei nel dolore
con la tua ignavia hai spento il colore
che avrebbe potuto cambiare la vita
il sipario è calato, la recita è finita
 

Come saremo

Noi che non siamo
nelle sere
noi
che abitiamo fossili, sponde
amanti di ingenui settembre
albe
gialli

Breve stagione

Maria vi presenta una poesia di Lucia
 
Tracce di cielo
sul tuo viso color avorio
solcano la tua fronte
di un tenero autunno.
Mani che toccano
fragili fogli, dove
una breve matita,
colora di grigio
caselle numerate.
Ascolta il suono del tuo cuore
e fa che la melodia attraversi
dolci ricordi d'amore
non ancora sopiti.
Disegna con i tuoi occhi
la mia estenuata anima
e conforta le sue pieghe
e distendile prima
che arrivi la fine
della Breve Stagione.
 
                      Lucia Giongrandi

io sto

 
amore io tremo
ma non ho paura
io resto
anche ora
che tutto combacia e si rompe
e mi sento un ulivo
in un anfiteatro
anche ora
che il vento mi sbatte
e polvere rossa negli occhi
io sto
dare è un verbo che conosco bene
avere devo ancora coniugarlo
 
 
 
 
 

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