all'inferno
vuoti d'aria
è un cilicio questo digiuno
una penitenza
ho i vermi nella pancia
cinghie e corde
alla vita
alla coscia
un dolore costante
è un corsetto di filo spinato
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sursum corda
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Lettura di Ezio Falcomer, testo di Manuela Verbasi
Mi piace questo elemento aria, questo vento, che invade un vissuto, sconvolge e fa galleggiare gli oggetti, li feconda, polline, e il rapprendersi in fine della materia nel liquido più forte, nella fluida ma densa unione
Ezio Falcomer
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Cose così [ora c'è aria]
(Scritto da © Manuela ) Abbandonato dietro la porta d'una stanza
il letto è un campo di spighe a scivolarci vento silenzio del senso nei sensi e dentro iridi rapaci di verde trattenute piano dal respiro distanze perdute in una tenda leggera fra premure e paure avvedute che ora c'è aria tra le mani carni e odori a rimembrare d'aver vissuto i lividi d'uno sguardo che piove acqua da bere amore amore dalle tue mani |
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Editing: Anna De Vivo
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Mia signora
che spacci droghe e sogni
ti cerco ancora
nudo al tuo mercato
Alla palestra della disobbedienza
la vanità è riscossa
ho visto donne piangere d'amore
qualcuna un po' più stolta
per delle scarpe nuove
invece tu, rannicchiata e scalza,
piangevi i morti di questa sciocca danza.
tra le tue mani baci appallottolati
che non arrivano a fine mese
e passi incerti
e un letto incerto
ehi mia signora
dea metropolitana
bellezza sporca
pozzanghera gitana
di libertà
Hai visto uomini diventare vecchi
neanche trent'anni
ma già scavati e stanchi
e luci accese sugli occhi di chi soffre
e calare il buio su chi vivere amava.
Nello sfavillio di lacrime fecondate dal sole
il plotone d'esecuzione si chiama intolleranza
e la luce che bacia coltelli e pistole
quasi ti fa amare quel metallo che ti uccide.
La tua colpa è la loro discolpa
al mercato dei vinti c'è sempre chi compra
disperazione. Disperazione.
Signora Morte,
padrona di ogni tempo
e di nessun cuore,
di nessun cuore.
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Cecile
Treno delle otto e trenta da Palermo. Solito etching razzista del solito controllore merdoso. Biondo, alto, occhialini da idiota, sguardo da pesce lesso. Un’uniforme verde insignificante che, evidentemente, gli conferisce superpoteri da sceriffo. Non fiata mai ma, quando si trova al cospetto di un extracomunitario, fa la voce grossa e cerca ogni scusa per incularselo. Treno delle otto e trenta. Due ragazzi marocchini sono su una panchina, oltre la linea gialla. Il borgheziofilo li insulta e chiede loro preventivamente il biglietto. Il più giovane ce l’ha, ma il borgheziofilo non si arrende: la scritta è sbiadita, si intuisce la data di oggi, ma non si legge la stazione di partenza. Cazzo! Siamo a Palermo ed è il capolinea.
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Sguardo terminale
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Sguardo impossibile.
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Sguardo ammaliatore
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Blu notte senza luna
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Tutto quello che sei
d'ogni mia scena
L'inizio
di ogni frase che finisco
e non conosco
Tu sei il mio bosco
dove camminano
tra temporali brevi
e reali
Tu sei l'arrangiamento nobile
di un mio plebeo componimento
Scavo
Il crepuscolo
Tu sei l'invidia
L'invidia dell'anima mia
per te che sei
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