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gli occhi del gatto

era uno di quei momenti indefinibili in cui tutto sembra non avere alcuna importanza, alcuna presenza, alcuna durata se non quella fermata nell'attimo stesso. mentre la musica andava allargandosi nello spazio, posandosi sulle cose senza che io potessi guidarla o toccarla..gli occhi del gatto si guardavano in giro.forse lui poteva "vederla" al contrario di me.
la luce era quasi scomparsa. il giorno quasi finito. tutto sfumava di freddo. e dietro le tende sagome scure. era inverno.
un inverno che si spegneva intorno, che sfumava nella sera. solo qualche faro di automobile, indistinto, lontano. ancora gli occhi del gatto  guardavano in giro. forse vedevano qualcosa che io non potevo vedere. forse le mie parole. quelle che dovevo ancora scrivere. quelle che magari non avrei scritto. mancava poco alla luna. ma non so che cosa mancasse. perchè io mi sentivo piena.
era uno di quei momenti in cui sembra fermarsi tutto. e tutto dentro di te. era inverno.
inverno che non parlava. che non si muoveva. che stava...gli occhi del gatto guardavano in giro. forse intuiva che il mio pensiero si stava staccando. sarebbe volato. si sarebbe alzato scrivendo.
non sapevo cosa stessi scrivendo. le parole erano battute sui tasti prima che le leggessi. facevo fatica a mettere i punti, le virgole, gli spazi....avrei potuto andare avanti, una parola attaccata all'altra, senza fermarmi, senza fermarmi...
e so che se l'avessi fatto avrei scritto le cose più belle che mai avrei potuto scrivere. se solo non mi fossi fermata di nuovo a pensare. a voler capire l'inverno.
la sera sfumava di scuro. le case sfumavano nelbuio. dietro le tende sagome notturne.
gli occhi del gatto si chiudevano piano. forse voleva dormire. forse voleva sognare. sognare le cose che noi non sogniamo.che  non possiamo sognare.

Gli amori di un pazzo

Partimmo una notte
con Sant’Ugo e Sant’Antonio
uomini sminuiti dal dubbio.
Non volevo dirle
quali fossero i miei pensieri
ma lei li conosceva più dei suoi.
 
Presero la mira contro me
bersaglio inerme
ma nonostante tutto
sbagliarono il colpo.
Lei li aspettava
mettendo fiori sul pavimento
e loro litigavano il da farsi.
 
Oggi
c’è un leone nei miei pensieri
lo stupido è andato via.
Ci sono milioni di sogni perduti.
Un passaggio segreto violato.
Mentre la sua bellezza svaniva
la osservavo allontanarsi.
Scappava come sempre
e sorrideva.
Sarebbe morta per orgoglio.
 
Ho combattuto il mio alter ego
nemico dentro me.
Poi tutti e due siamo crollati
inciampando sul cammino pietroso.
Il gioco d’azzardo
fu la mia malattia
per gradi mi stava uccidendo
e la legge dall’altra parte
raccoglieva i rottami
a un metro da me.
 
Gli amici erano
dalla sua parte
di nostro si era tenuta tutto
strappandomi perfino
la collana d’oro
che poco prima mi aveva regalato.
Il tipo che diceva d’amare
non riusciva a sorridere
e le sue mani erano sempre sudate.
 
Pensare... che sembrava fuori posto
nella mia casa
…ma era al posto giusto
purtroppo.
 
Contava i soldi del suo bottino.

Avrò sempre quel bacio ancora da dare (e negli occhi un leggero volo d'aquilone)

Non sono le parole che scrivo
o coriandolo nel vento
-trascinato in spirali e soffi-
con mani troppo pesanti
per poggiare carezze
senza fare male.
 
Non sono mai cio’ che sono
-o soltanto una sospensione d’idee-
ma il contrario, ciondolante,
d’ogni intenzione capovolta
se rido piango, se parlo
è il silenzio
l’ultima aggredita ragione.
 
Ogni giorno, ogni respiro
ha una sua trappola precisa
-un inciampo di senso, balbettio-
e sono misura
d’ogni battito d’ali
ogni schianto d’albero
nel cuore di dio.
 
Non cercatemi tra la folla
-sudata, appiccicata, sorridente-
a versare mimose e baci perugina
lasciatemi qui
come un fastidioso
punzecchio di zanzara.
 
Avrò sempre,
quel bacio ancora da dare
e negli occhi
-uno grigio e uno blu-
un leggero volo
d’aquilone.

Risveglio

Risveglio
 (immagine presa nel web)
 
 
Arretrano stanchi
i miei sogni notturni
come ombre incalzate
dal sole nascente.

Vittima d'un sogno

Veniva di lontano (2006)

Veniva di lontano, di là dall'Adriatico. Giovane, ma non si capiva quanto, e lui non lo disse mai. Aveva un viso strano, non brutto, anzi, ma scuro più d’espressione che di colorito. Rideva poco, ma talvolta sorrideva e quando lo faceva, strizzava gli occhi in modo simpatico. Sbarcato in qualche modo, vicino Ancona, che dalle sue parti si scannavano da anni e non c’era scampo dalla miseria, Marko, pastore in patria, venne a fare il pastore qui da noi. Un lavoraccio, su per i monti loro e nostri, in solitudine continua, che i locali mitigavano con qualche scappata a casa per qualche ora, chi dalla moglie, dalla fidanzata o per provviste fresche, comunque anche per scusa, tornare in paese, farsi una bella bevuta con gli amici. A lui, che nessuno accolse in casa, toccò la baracca di pietre e lamiera, vicino alla pietraia, dove c’era la sorgente d’acqua buona, legna da ardere e vi passava il sentiero che dalla valle, il paese, andava in cima al monte, alla croce di legno. Vigilava sul gregge, con due cani, mungeva ogni giorno e accantonava il latte in bidoni di alluminio che il padrone, coi muli, veniva giornalmente a ritirare. Poche battute sugli animali che si erano azzoppati o allontanati o persi, o recuperati. Una specie di contabilità giornaliera, da professionisti. Il padrone, che pareva preoccupato di non dargli più della giusta confidenza, ogni tanto gli portava delle riviste, di quelle patinate, dove il maggior spazio è occupato da ragazze procaci, eternamente in costume da bagno. Con un’occhiata d’intesa, tra uomini, non c’erano commenti da fare, di nessun genere.

L'osteria del...

 
oddio! il porcellino no
il cinghialino assolutamente no
pensa la sua mamma
che schock agli spari
però...con queste olive amare...
secondo me un po' di pepe?...
sulla polente è una favola
anche con le pappardelle
...cucina bene la signora
ci torniamo
vero?

La sagra del...

 
se il vino dolcemente soavemente
mi prende il pensiero e sogno
di possederti lungamente
blandamente con contorni
da fiera paesana di colorati lampioncini
e avvolgo le tue forme
con morbide mani quasi piume
come un cartoccio giallo paglia
di calamaretti fritti profumo di mare
e tu mangi e bevi e ridi smodata
assolutamente eccitante
eroticamente irresistibile
e dici si inconsciamente - forse
godiamoci questa follia
di fine estate.
 
 

Vado tre mesi a Dubai

Vado tre mesi a Dubai. Lavorerò come addetto culturale all'ambasciata italiana. In realtà agirò per la Cia a tempo pieno. Devo sorvegliare alcuni tecnici egiziani che lavorano sotto copertura per l'ambasciata cinese. Il problema è che, abbiamo il sentore, i cinesi a Dubai utilizzano gli egiziani come collegamento a degli uomini d'affari pakistani a Karthoum dove, abbiamo il sentore, potrebbe esserci un punto di partenza di un traffico d'armi a triangolo tra Caracas, Baghdad e alcune cellule affiliate ad Al Qaida localizzate nel Kashmir. Abbiamo il sentore che alcuni elementi di Al Qaida nel Kashmir operino autonomamente nel traffico d'organi proveniente dall'India, in collusione con gruppi della mafia russa che hanno stabilito una testa di ponte nell'UE, precisamente ad Anversa, tramite un prestanome che gestisce un ristorante greco, da cui si irradia un flusso di eroina che ha tra i suoi principali punti di smistamento al dettaglio Los Angeles, con base nel quartiere vietnamita da dove, abbiamo il sentore, partirebbero sospetti movimenti di diamanti acquistati con denaro sporco. Tali diamanti, abbiamo il sentore, finirebbero a Dubai, dove appunto ci sarò io. E nessuno avrà il sentore del collegamento finale.

(novembre 2008)

Gita fuori porta

 
Ho mangiato, in campagna
fave con cacio sapido pecorino
ingollato  buon vino
frutta fresca pan di spagna
baciato il collo marmorino
d’una ragazza, culo a mandolino
disperso in fumi alcolici
non vidi che puntuti conici
morbidi seni sviavano
da mani che mettevano
brave veloci abili streghe
cavallette e ragni nelle braghe.

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