Blog | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

Commenti

Piazzetta virtuale

 agorà

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • Gloria Fiorani
  • Antonio Spagnuolo
  • Gianluca Ceccato
  • Mariagrazia
  • Domenico Puleo

Blog

Solo

Naufrago vago
in insolito luogo
dove nuoto nel vuoto
e nel nulla sto a galla
Sono un’isola e navigo
nel mio mare di niente
pesto passi in abissi
e in  crepacci ho i miei occhi
Frequento pensieri
confusi ed immensi
odor ore e silenzi
odo oblii nei ricordi
 

a ripensare a quell'ora del giorno

....a ripensare a quell'ora del giorno che si arrossa
il sentiero che scivola via nella campagna, la luce calda  sulle spighe abbandonate e il silenzio incrinato dall'inseguirsi dei calabroni. correre, correre, correre verso il mare della sera, il mare senza gente e senza ferite, il mare degli amori. le onde che arrivano irriverenti perchè non più oltraggiate dai motori. le onde che non si fermano mai. quella grande acqua che possiede l'irruenza e la calma allo stesso tempo. la sua potenza.
si, ora so che posso chiamarla così, potenza. forza. un abbraccio immenso che mi scivola intorno, mi cinge e mi lascia e mi riporta a te come fossi sabbia. piccola, leggera, poca e tanta, senza peso e senza rifiuto. lo posso fare, lasciarmi andare...
 io sottile, io fine, io leggera, io sciolta fino ad evaporare e diventare mare. le ombre della sera si allungano come noi in marea. senza gente e senza mondo che ci chieda, che ci trattenga, che ci faccia essere meno di ciò che siamo e di più di ciò che vogliamo. noi acqua, sabbia, grandi e piccoli, fini e immensi, irraggiungibili nel mare della sera.....

New York, New York

                                       A mia madre
 
Com'era bella la skyline
da Staten Island
e dalle colline del grande Gatsby
al di la' della baia
 
si passava vicini ad Ellis Island
ed alla Statua della Liberta'
ma erano i riflessi di viola e d'oro sui grattacieli
che rapivano lo sguardo
come calamite liriche su
fino in cima al tetto del mondo
 
le torri gemelle:
vi salimmo, ricordi?
ed io sentivo l'orgoglio
d'averti portato sin la'
a te, cresciuta nel mito della grande mela
dell'america di liberatori e
ballerini di rock&roll
 
tu ti sporgevi
dalle terrazze vertiginose
ed io immaginavo di vederti volare
planare
           ad ali spiegate finalmente
su quel panorama infinito
 
sorridevi del mio stesso sorriso
mamma,
mentre facevamo colazione da Tiffany
ridendo delle donne imbellettate
che nulla sapevano dell'eleganza di Audrey Hepburn
 
e l'orologio comprato
a Chinatown per due dollari
che ostentavi con tanto orgoglio
 
Una volta camminammo
per le strade del Village
mano nella mano come due ragazzine
 
era il tramonto
e nei tuoi occhi splendevano pagliuzze d'oro.
 

Un applauso scrosciante

 
Avrebbe voluto anche lui un applauso scrosciante. Di quegli applausi dedicati e straordinari. Di quelli che spellano le mani a chi li offre e riempie le orecchie di chi li riceve tanto da non voler smettere d’ascoltarli e non sentirli cessare.
E lui nonostante i suoi anni e i viaggi percorsi e chissà quali emozioni, vittorie e sconfitte, non li aveva mai ricevuti neppure una volta, neppure una stramaledettissima unica volta.
Magari quell’unica volta, ai tempi d’oro, quando in piedi sopra la cattedra all’università urlava come un ossesso per chissà quali motivi e smuoveva emozioni.
Oppure quell’altra volta che, da bimbo, era uscito indenne da una caduta improvvisa tra gli scogli finendo in una pozza d’acqua e ricomparendo qualche metro oltre, in mare aperto un po’ più in là e la felicità nei presenti aveva fatto esplodere l’applauso. Ma non erano la stessa cosa.
Il primo era un applauso di claque, qualcosa di mansueto che avvolge i partecipanti alla stessa minestra e li fa sentire accomodati alla stessa tavola. Il secondo di chi improvvisamente si sente sollevato da una tristezza che poteva sconvolgere in un solo istante e per infiniti istanti a venire.
Avrebbe desiderato un applauso scrosciante di un pubblico ostile, sino a diventarne l’amico intimo e profondo, che contro tutto e tutti aveva dimostrato il talento e quei tutti avevano dovuto riconoscere in mezzo alla contrarietà della sorte avversa. Anche quel mattino non arrivò l’applauso.
In ufficio la mattina sembrava come tante altre. Un passivo ingresso di saluti sempre identicamente uguali a quelli del giorno prima e a quelli che sarebbero stati identici il giorno dopo.

Vuoi vedermi sorridere?

 
Soltanto a fare il tuo nome
mi trema la voce ogni volta
l’amore mi fa brillare gli occhi
perdendosi nei tuoi
una parte del tuo viso
entra nel mio cuore
una giostra di sensazioni
si appropriano di me.
Incespico nei pensieri
della notte che gira lenta
al suo quadrante inesorabile
volato via con te
e che vorrei fermare
che non si fermerà.
 
Dimmi che senti i miei passi
accanto ai tuoi
dimmelo e dimmelo urlando
perché voglio sentire la tua voce.
Non mi bastano i tuoi sorrisi
non mi bastano i tuoi “amore mio”.
Dimmi e urlami
con tutta la tua voce
che mi ami come la prima volta
dimmi che anche tu
quando mi guardi
senti le gambe che non reggono

Soffi

Di soffi dentro
di volti chiusi all’anima
di sogni estremi
nascosti ed infiniti
oggi ti canterò
ti sentirò
ti vorrò dire
dolce come uno sguardo d’ambra
mi entrerà dentro tutto il tuo sapore
come di giorni chiari
nuovi
aperti al vento
di ogni dove.

Calzini spaiati

Perfino l'inaccettabile ho digerito
e dopo, stanca, a lungo ho dormito.
Tornate le forze ho preteso d'amare
e divorare le attese m'ha sfamata.
Sempre ho saputo il mio nome
eppure la fierezza ha tardato,
l'ho accolta in casa da ospite
oramai è padrona.
Continui rovesci oltre le ciglia,
i miei giorni li ho chiamati
calzini mal riposti, spaiati.
Quando il calore m'abbandona
scappo dove non occorrono parole
e neanche una messa in piega.
Da me bastano una coperta
una morbida seduta di note
e una buona sospensione di pensiero.

una trama esposta

 

di natura 
sovrana o matrigna 
ci si lamenta.
eppur con lei
dobbiamo fare i conti
che dire 
piange il cuore
sul teatro 
punge il fianco
sullo scempio
e gridiamo ad una voce
nel dolore del nulla
macerie e  sangue
e anime perse.
 

 

Spento

 
in sparse grige ceneri
di una storia breve forte
brillano tra piccole braci ancora accese
fulgidi come rubini sanguigni
sfavillanti grani colorati
della collana lunga di momenti gai
di sensi vissuti senza mancarsi mai
pietre dure del diadema di felicità
che ornava la sua fronte
accoccolata nuda tra le mie braccia
a recitare versi a cantar canzoni
di semplice amore e di passione.
Ma strinsi troppo forte per tenerlo
quel delicato alato rutilante
per correr solo inconfessabilmente
ritornare poi per felicemente
godermi i suoi voli ancora
anche solo un istante.
 

A volte muore

da sempre
non porto niente in testa
solo sogni
non serve coprirli volano
portano via ogni giorno
come le nubi la pioggia
una speranza
e quello che c'è intorno.
anche un amore a volte
come i migratori
da un capo all'altro del mondo
serbando in cuore insopprimibilmente
l'ansia d'amare che con la stagione
s'acquieta passa e muore.

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 1 utente e 6653 visitatori collegati.

Utenti on-line

  • ferry