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Il posto delle more.

Vengo ogni tanto ancora
al posto dell'appuntamento
lungo il muro dirupato
del camposanto vecchio, dove
incolte canne giocavano col vento
mandando malinconici lamenti e
i rovi di more erano ricco un paravento.
quivi a sognar di labbra tumide
i baci sentire riprenderli e vedo
il pallido viso ancor tremare d'ansia
come la febbre ti corresse addosso
insieme la frenesia celar con finta tosse.
Non c'è più nulla
di quel che ho ricordato
è tutto piatto tutto lastricato
ora son cento e cento a visitare
quelli reclusi oltre il limitare
ancora in nero a portare ancora
fiori sgargianti e ripigliare pace.
Ci vengo ci torno che so esatto il posto
quello che era ai più tanto nascosto
ci sento le canne ristormire
e quasi una spina del rovo mi ferisce
sento una fitta che invece di far male
manda un tepore che l'anima addolcisce.

Pegaso

stride il coltello nella canna e
due stecche fini elastiche nascono
una curvata fissata a croce
all'altra dritta forte legata.
su spaghi si tende rutilante una
veste di colori accesi
frale all'apparenza ma potente
il vento non ha compassione
e nastri e catene d'anelli
dalle punte ai lati si sciolgono
parafrasi d'una stella liberata
per un viaggio aereo vicino.
un'eterea nave per portare
nel cielo terso dell'età più bella
pensieri grandi senza orizzonti
una vita di sogno in volo.

Tutte le donne del vecchio Daniel

 

Ha pochi denti Daniel
la pelle bruciata dal sole
riccia la pelle
ma limpidi gli occhi di Daniel.

C'è un pellicano che lo cerca
sul ponte della nave alla fonda
un pellicano con un'ala nera
come i peccati di Daniel.

Racconta le sue storie
mentre pesca con il filo
e un bullone per piombo.

Mille e mille donne
bionde e nere
rosse e poco sincere
le mille donne che ha avuto
e poche quelle che ha amato davvero.

Figli tanti
qualcuno ruba
qualcuno studia
qualcuno si è perso
in un giorno di tempesta.

Ora pesca con un filo
su una barca che non sa navigare
ed una negrita
a volte lo viene a trovare
come il pellicano
come i suoi ricordi
persi nel mare di Maracaibo.

Nuda

nuda come la luna è nuda
bianca come bianca è la sua luce
caduto il vento che le nubi spinge
velari a nasconderla a tratti
si scopre invece la tua pelle
sensuale gelosamente intima.
sulle lenzuola di seta beige
fa morbida ombra il fianco lunato
e chiaroscuro l'inguine la calugine
lucida glabra sul monte di venere
si spargono odori e profumi.
Pregno di te il senso mio appagato
siedo ad ammirar morbosamente
il lucore giocare sulle tue forme belle
invidiando la levità
con cui ti tocca il lume.

Se una notte d'inverno un viaggiatore

Questa poesia si appanna
come i vetri di un bar della stazione
al fischio delle nuvole di fumo
della sua macchina per il caffè.

Un uomo vi si affaccia dalla nebbia,
guarda, entra poi sbottona il suo soprabito
mentre si posa l’umido del vapore
su tutti questi inquieti andare a capo.

Un fischio secco di locomotiva
si leva alto da un’altra nuova strofa
dove si annota un torcersi degli occhi
degli avventori al banco
e ai tavoli di alcuni giocatori,
chiuso il ventaglio della carte al petto.

Si assomigliano tutte le stazioni
della nostra provincia,
le loro macchine-espresso nei bar.
Di carbone un pulviscolo tuttora,
dopo così tanti anni,
nella loro aria aleggia.

I lampioni non bastano a schiarire
oltre uno sbiadito alone
e tu che stai leggendo non afferri
a che tempo appartiene la stazione
della quale io racconto.

Ma una sera d’inverno un viaggiatore
si aggira come un’ombra nella nebbia.
Non ti è detto se arriva. Forse parte.
Forse attende un convoglio che non c’è,
si è perso in altri abissi, in altri tempi.

Qui tra i binari di ieri e di oggi
c’è di treno un odore che rimane.

© francesco ballero http://www.francescoballero.it

questa poesia è stata ispirata dall'omonimo libro di Italo Calvino

Una donna

zampina sulla spalla
 
Una donna confusa, incalzata
dal tempo che tormenta la pietra
chiedo soltanto una scalfittura
 d’amore prima che l’eternità
come una lacrima calda m’assorba.

Eppur s'arrizza.

non è che mi faccia paura
ma solo per far bella figura
quando non la verve manca ma il nerbo
io lecco
quando la torre è rovesciata arresa
il ponte levatoio s'è abbassato
il guidardone a terra rovesciato
e lei incalza invitta inappagata
io lecco
dolce così che un po' s'acquieta
e cede incerta e un po' curiosa
di quello che può venir appo la cosa
non è veramente nuovo ma l'allieta
per cui ancora
io lecco
accetta generosa questa soluzione
ch'è una via all'orgasmo equivalente
non si può stare una vita in erezione
spento il fuoco vivo, resta poco o niente
se non la voglia di ricominciare e
io lecco
perché verrei farla memore e contenta
di questo appuntamento con la vita
dove ogni intermezzo fu certo tenerezza
che mai lo scordo e pure lei rammenti
che la dolcezza fu la nostra pegola
se io lecco
a me eppur s'arrizza.

W. F. L.

Genial Loid, sono sempre aggiornato sull'inglese.
Astracan, mi ha detto di ritirare la posta, io l'ho messa in acqua e sale.
Mi rendo conto, il brio non c'era, la strisciata che feci dopo, sul pavimento del salone, lontano dalle occhiate strette di vanto delle gestrici del casino, dove sovente, portavo la posta, destò stupore estremo, mi chiesero perché, io dovessi manifestare rabbia a quel malcapitato di Astracan e la proposta era rivelante il mio accorgimento, sapevo di aver creato un circolo vizioso, per mia scelta, vivido e frizzante, solo per mia causa e sollazzo.
Sapevo si, di rendermi antipatico ad Astracan, ma, non potevo predire il momento in cui mi avrebbe chiesto il conto.
Appunto mi chiedevo di gratificare il saldo.
Non dubitai, non mi soffermai ancora a pensare ad altro.
Mi diressi con precisa volontà nel solaio, dove un letto mi aspettava sempre nelle ore d'inverno, a cercare il foglio su cui stava scritto il testo firmato da me, non ci credevo.
Vivido mi fermai..
non proferii parola alcuna prima che il vento dei miei pensieri alimentasse il mio poco conto, la mia disistima.
Indietreggiare, no, non si poteva.
Scalfire con protervia i passi neanche un po, mi sollevai a rendere omaggio alle mie decisioni nel mentre i pantaloni mi scesero fino a rendermi il passo impossibile.
Mi sedetti, solo, i miei pensieri sul bordo del letto atrocemente perplessi, gli occhi sgranati sul soffitto. Le contrazioni che sovvennero mi lasciarono appena il tempo di pensare.
Sostenni tra dendo il mio fisso pensiero, il mio primo racconto addensandomi stretti i quadricipiti avvitandoli al mio corpo.
Poi di slancio mi spostai, per privarmi della luce che penetrava dalla finestra, che dava sul cortile.. allucinato mi aspettavo di sciogliermi dal gaudio, quando mi accorsi che nella foga di pensare a come sbarcare il lunario, avevo messo quella schedina magica tra le bollette non pagate. Leggi tutto »

Non sembra, ma vivo.

Eppure vivo, respiro, anche se col fiato corto
centometrista sfiatato che crolla a due passi dall’arrivo
vuoto dentro alla ricerca disperata di un appiglio
dove appendere le poche parole rimaste.

Ho steso l’anima ad asciugare sperando in un sole benigno
nel frattempo indaffarato tolgo le spine dal cuore,
volgo lo sguardo distratto al mondo che scorre la sotto
e ritiro la scaletta di corda ranicchiandomi sulla mia nuvola
 

Vorrei

Vorrei avere un paio d’ali
per volare con l’immaginazione
e raggiungere la più grande delle emozioni.
Ma le convenzioni tarpano le ali
alle mie aspirazioni.
Vorrei un palloncino colorato
per soffiarci dentro tutti i miei sogni
e lasciarli volare trasportati dal vento.
Vorrei un enorme foglio bianco
per poterci scrivere in grande le parole
che escono dal mio cuore.
Forse vorrei troppe cose...

Franco

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