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2 gambe 2

portava quelle gambe
lunghissime e tornite
appese ai fianchi curvi
a reggere due sodi gonfi
cuscini vellutati
come fruste scudisci
schioccanti ad ogni passo
ad ogni secco batter dei tacchi
fini lunghi come stiletti
piantati ogni volta
negli occhi sbrodolanti
di chi le guardava.

Il potere di...eros

certo mi prenderai ogni volta
con le tue grazie morbose
quelle voglie impudiche
che travolgono i miei sensi
e fanno cadere quelle stupide
difese che ogni volta pongo
a difesa d'un sentimento che
parrebbe dovrebbe vorrebbe
esser alato etereo celestiale
ma che di sensualità torrida
si manifesta sempre
e mi vendo a te
per un amplesso un orgasmo
tuttavia
assolutamente paradisiaco.

 

Desiderio e godimento

cullo
questa voglia di te
come una gravidanza
rivisito i momenti
che l'hanno cresciuta
con sensuale trasporto
godo al solo pensare
che a tempo nascerà
un gaudio grande.

Diario raduno Abruzzo

5 dicembre 2009 Raduno dei poeti in Abruzzo

Diario : Leggi tutto »

Tratto dal mio romanzo: “Amanti leggeri”

Io non ho nulla di cui rimproverami né mai mi sognerei di averne alcuni nei tuoi confronti eccetto quel modo di straziarti che non posso, da essere umano prima e da uomo che ti ama dopo, accettare pur essendo nella condizione di non “vedente”. Il morso della fame per l’assenza mi tormenta, mi consegna all’ignoto e mi conduce spesso verso un cammino buio e senza ritorno. La mente mi abbandona, naviga nell’incomprensione o rifiuta il vero capire. Sono colpito da profonda e disperata solitudine, sono assente dal mondo e dalla vita. Ma sono parole, nei momenti brevi di riflessione quasi mi appare tutto chiaro, quasi capisco e rinnego le sensazioni dell’immediato per dar spazio a definite e nitide spiegazioni. Tu, nella sofferenza, hai genialità di condurmi, con il tuo modo di fare giustificato ed apparentemente folle, al mondo crudele ma reale, di aprirmi gli occhi, di separarmi dall’illusione e dalla fantasia di momenti comunque vissuti per rientrare in una realtà che non si può rifiutare: uno stato attuale inconfutabile. Al supplizio dovrei imporre la convinzione pacata del non ritorno al passato, del non pensare più ad esso, del non più come prima, del “non più nulla e motivo d’essere” e sentirmi a te legato. Ciò non toglie che desiderio è di condurti anche avessimo cent’anni, dove il sogno potrà divenire reale come già accaduto!  

sulla tolda , in un meriggio

L'indifferenza sta seduta,
ma la magia di venere è grande,
risorge dall'acque,
in note si raccoglie.
oltrepassando le chiacchere
giunge nelle parafrasi di dieci dita
che compongono
canzoni e pezzi d'epoca.
Quel riempire
d'oltre l'aria e con chiarore di gemme
la traversata, STA A CHI VUOL SENTIRE.
Perchè se cammini sulla melodia
già nota
ad un cuore e alla mente
dai un nuovo respiro
e TI NUTRI  DI magica essenza.
SE SEI Indipendente dal tempo,
con l'eterna musica,
TESSI IL TUO VIAGGIO.

E risali a galla,
isola
come chi giace avvolta
 dall'azzurra seta.

è colpa della pioggia

Basta, ci dicemmo ,
che la bottiglia era scolata
ci sembrava, almeno,
così ce lo dicemmo per dovere,
non di certo per piacere
 
Ma il pianto del cielo
continua a caderci sui fianchi

e ci alza i gomiti fradici

Se non so più quanti anni avevo ieri,
ebbra del tuo odore
in un tempo lungo un sorso
è solo colpa della pioggia
 

 

Dindilidon

 

Dindeledon, non vuol dire nulla
solo il canto di una fanciulla
sulla strada di Maladan
Dindeledon, acqua e limone
nei bachi del porto di Maladan.

Ha una gonna sfilacciata
la zingara scontrosa
quella che ha sempre una rosa
quella che ti ama ma non ti sposa
è lei che canta
è lei che sa cosa vuol dire
la magica parola che ti strega
sino in gola.

Ci sono soldati
nel porto di Maladan
e c'è odor di fritto al mercato di Maladan
e c'è, c'è una zingara con i capelli biondi
che canta Dindeledon
siamo zingari liberi senza fede
come chi sempre ama e mai chiede.

Un soldo per un casco di banane
due per un pesce senza squame
tre, solo tre per una fetta di bistecca
ma io rubo
rido e scappo
con l'ombra tra i capelli
e un bacio della zingara del mercato di Maladan.

Non chiederei, ora, del tuo sesso un chi

 
Avevi un corpo a nido d’anima,
un alveare di raccolta;
industriavano i pensieri un miele denso
sul giglio alto della coscia,
aperto al golfo delle labbra,
al sapore di talune bucce
amare. Il succo novello di quell’uva
portava il sigillo delle tue ginocchia
allo scoperto stame del mio fiore.
 
Quindi ti visitai
col passo delle processioni. Interno alla navata dei tuoi seni
il cuore stava cupo: nemmeno un cenno di respiro,
quasi un traguardo l’iride
- come in ogni sguardo basso - si presenta al dolore:
così ti nacque la partenza.
 
Non chiederei, ora, del tuo sesso un chi
perché poi si potrebbe della fiamma un come,
all’ombra vaga della sera
- quest’annottare sobrio
in cui m’attardo al canto -
e un dove e un quando,
ma quasi in lei, mi cedo sparso al davanzale:
come un firmamento mal raccolto in ogni vetro
o quell’incauto sciame di risposte.
 

"Come un muro a secco"

Vorrei scriver di te.
Del sogno mio: "L’avverato".
Pantocratore il tuo sorriso.
Aristocratico tuo
…il camminare. Leggi tutto »

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